Tra le
gambe pendevan le minugia ; la corata pareva e 'l triste sacco che merda fa di quel che si trangugia. Mentre che tutto in lui veder m'attacco guardommi, e con la man s'aperse il petto dicendo : "Or vedi com'io mi dilacco! Vedi come storpiato è Maometto ! Dinanzi a me sen va piangendo Alì, fesso nel volto dal mento al ciuffetto". (dalla "Divina Commedia",Inferno, canto XXVIII, 25-33 ) |
PARTE IV |
CAPITOLO
VI CULTO ED ISTITUZIONI 1.
INTRODUZIONE
Dopo le difficoltà che
abbiamo incontrato nel tentativo di definire la teologia dell'islàm
(molto più complessa e, allo stesso tempo, molto più confusa di quel
semplice monoteismo che talvolta si tenta di far credere), questo
capitolo dovrebbe apparire meno arduo al lettore. In effetti, il culto,
gli obblighi religiosi dell'islàm, e - in una certa misura - le sue
istituzioni, sembrano molto più semplici da presentare. 2.
IL CULTO - GLI
OBBLIGHI RELIGIOSI q
I cinque pilastri dell'islàm
I doveri religiosi essenziali del musulmano sono cinque. Data la
loro gravità, essi vengono chiamati i «pilastri» (in arabo «arkàn»)
dell'islàm. Essi obbligano il musulmano sotto pena d'infedeltà, e
sono:
La professione di fede («shahàda»);
La
preghiera rituale («salàt»);
L'elemosina («zakàt»);
Il digiuno nel mese di ramadàn
(«sawàn»);
Il pellegrinaggio alla Mecca («hagg»).
A questi conviene aggiungere
«il sesto pilastro»:
La guerra santa («gihàd»).
-
La professione di fede
Si tratta di una formula: «Allàh
è Allàh (Allàh è unico) e
Maometto è il suo profeta» (in arabo
«rasùl»=il suo inviato). La prima parte di questa breve formula,
colloca l'islàm nel gruppo delle religioni monoteiste, mentre la
seconda lo contraddistingue affermando la missione profetica di
Maometto. Pronunciarla con fede è il primo atto di ogni convertito132.
-
La preghiera rituale
Essa è di tre specie:
La preghiera individuale libera.
Ogni credente può, in qualsiasi momento, indirizzarsi ad Allàh,
senza formule o riti particolari.
Le preghiere rituali («salàt»).
«La tradizione ha fissato il numero di 5 «salàt»
quotidiane: quella dell'alba, quella di mezzogiorno, quella tra
mezzogiorno ed il tramonto, quella del tramonto, e quella della notte
fonda»133.
Dovendo essere eseguite in stato di purezza rituale, esse sono
precedute da abluzioni ed accompagnate da riti la cui minuzia è
indubbiamente imparentata con il ritualismo cavilloso e farisaico del
giudaismo. Il fedele dev'essere girato in direzione della Mecca («qibla»).
Egli si inginocchia e si prosterna su di un tappeto, su cui vengono
spesso ricamati alcuni versetti del Corano134.
La preghiera collettiva del venerdì
Essa viene fatta alla moschea, a mezzogiorno, ed è obbligatoria
per ogni maschio adulto (le donne non vi partecipano, benché l'accesso
alle moschee non sia loro interdetto). Essa è preceduta da allocuzioni
pronunciate in arabo dal presidente dell'assemblea (in arabo «khatib»=«portavoce»
o «oratore»). Negli stati musulmani, tale compito viene assolto dal
capo di Stato.
- L'elemosina
È una specie di tassa sul patrimonio, il cui importo è soggetto
ad una precisa regolamentazione. Essa dev'essere destinata a scopi
umanitari (ai poveri e agli orfani), ai volontari della guerra santa, o
ai potenziali convertiti all'islàm. È forse tale obbligo che ha
contribuito ad inculcare nei musulmani questa disposizione d'animo che
ben conoscono coloro che li hanno frequentati: in un contesto normale,
nella routine della vita
quotidiana abituale, quando nessun disordine (terrorismo, agitazione
politica, ecc...) viene a turbare i rapporti umani, il musulmano è per
sua natura caritatevole, accogliente e generoso.
-
Il digiuno
Il digiuno dura un mese. Esso è unicamente diurno. Il credente
deve astenersi totalmente dal cibo, dal bere, dal tabacco e dai rapporti
coniugali. Giunta la notte, tutto ridiventa permesso. Esso comincia
all'alba e termina al tramonto; diversi mezzi vengono impiegati («i
muezzin», i colpi di cannone, ecc...) per dare il segnale
dell'inizio e della fine della giornata di digiuno135.
Alcune dispense temporanee sono previste per i casi di malattia, di
viaggio, di guerra santa, ecc..., ma si deve poi recuperarli con
altrettanti giorni di digiuno supplementare136.
-
Il pellegrinaggio
Esso si effettua nell'Hegiaz, e in special modo alla Mecca. Salvo
dispensa (per i minorenni, per le donne prive di accompagnatore, o se
incombono gravi pericoli), il pellegrinaggio è obbligatorio. Vestito di
un indumento speciale, il pellegrino, costretto a determinate astinenze,
effettua un itinerario rituale che lo porta in diversi santuari (al
piccolo villaggio di Minà e alla valle di Arafat), compresi alcuni giri
da farsi attorno alla Caàba. L'ottemperanza a quest'obbligo religioso
gli consentirà, in seguito, di fregiarsi dell'invidiato titolo di «haggi»
(=«pellegrino»), che egli potrà anteporre al proprio cognome. Il
pellegrinaggio alla Mecca costituisce il solo centro di raduno e di
coordinamento dell'islàm ortodosso mondiale, e si stima sia compiuto da
circa il 10 % dei musulmani. q
Il sesto pilastro: la guerra santa o «gihàd» (=«sforzo», «impegno»)
- Il suo posto nell'islàm merita un approfondimento particolare
Al termine del nostro breve escursus
sulla vita di Maometto, abbiamo sottolineato l'originalità dell'islàm,
che ammette - anzi esalta - l'impiego della forza, della «gihàd»,
a scopo proselitistico. Essendo un elemento tipico dunque dell'islàm,
la guerra santa merita che le consacriamo questo capitoletto, nel
tentativo di comprendere più capillarmente il suo reale significato e
le condizioni necessarie per il suo esercizio; ciò tanto più che la «gihàd» continua ad essere sempre più un argomento di estrema
attualità di cui spesso parlano anche i media.
-
Un pleonasmo nocivo: la «gihàd islamica»
Da alcuni anni a questa parte, e specialmente con l'avanzare del
terrorismo internazionale, si sente sempre più frequentemente parlare
di «gihàd islamica». In
realtà, non si tratta di «gihàd islamica», ma di gihàd
senza aggettivi, in quanto questa particolarità è specifica
unicamente dell'islàm . Che degli adepti dell'islàm siano - o meno -
dietro a questi attentati terroristici non è cosa che ci interessi ai
fini di questo studio. Ciò che vogliamo mettere in rilievo è che la
banalizzazione di questo pleonasmo annida a poco a poco negli spiriti
l'idea che la «gihàd» (in realtà, la gente ne ha un concetto molto grossolano)
sia una pratica comune a tutte le religioni; la prova di questa
asserzione sta nel fatto che si parli di «gihàd»
musulmana. Da una tale
argomentazione, scaturisce la necessità di una precisazione da parte
nostra su questo punto. q
Nozioni preliminari: il quadro della «gihàd»
Per meglio comprendere il concetto musulmano di «gihàd»,
conviene enunciare subito tre concezioni proprie dell'islàm, che
costituiscono in qualche modo le condizioni nelle quali grava l'obbligo
della guerra santa. Esse sono:
La divisione del mondo in «Dar
el-islàm» ed in «Dar
el-harb»;
La «ummàh» (la
comunità islamica mondiale);
I rapporti con gli scritturali (gli ebrei ed i cristiani).
- La divisione del mondo in Dar el-islàm ed in Dar el-harb
Per l'islàm, il mondo è diviso in due parti:
Il «Dar el-islàm» («dar»=«dimora», o, per esteso, «paese»): sono le regioni del
mondo in cui regna già il diritto musulmano (Arabia Saudita, Algeria,
Libia, Marocco, Egitto, Iran, ecc...).
Il «Dar el-harb» («harb»=«guerra»): è costituito dalle altre regioni, considerate
dai musulmani territorio di guerra. Tali zone, così come i beni dei
loro abitanti, appartengono per diritto all'islàm, e si dovrà tentare
tutto il possibile per farle rientrare nel Diritto
non appena le circostanze lo permetteranno. Si tratta di una semplice
questione di opportunità137.
In realtà, si tratta dello stesso concetto attuato nelle colonie e nei
protettorati europei (di un tempo); è evidente che questi territori, il
regime non-musulmano è un'anomalia. Non si deve tollerarlo che per quel
lasso di tempo in cui non si potrà fare altrimenti138.
-
L'«ummàh», comunità mondiale islamica
Con «ummàh» (termine
arabo che significa «madre» in senso carnale, e quasi uterino), viene
designata la comunità mondiale islamica dei musulmani; la sua
unificazione è, come abbiamo appena visto, la grande ambizione dell'islàm.
La riunificazione mondiale dell'islàm urta contro due ostacoli che ne
impediscono la realizzazione:
Il risveglio dei nazionalismi:
Musulmani entrambe, nazioni come, per esempio, il Marocco e
l'Algeria sono separate da interessi economici, politici, militari
diversi ed opposti.
Le differenze etniche:
Esse sono più sensibili mano a mano che l'islàm si estende a
delle razze non arabe; che cosa c'è in comune - fuorché la religione -
tra un musulmano dell'Arabia Saudita ed un suo correligionario
dell'Indonesia? Non certamente il sangue arabo, né gli usi ed i
costumi, per esempio. L'«ummàh» è una forma di
solidarietà «contro i non musulmani» piuttosto che tra i musulmani
stessi. Divisi tra loro, i musulmani si ritrovano uniti per
combattere un avversario comune, soprattutto se essi lo annoverano nel
numero degli «infedeli»; è il caso, ad esempio, del Libano, i cui
Stati confinanti musulmani, nonostante siano divisi a causa di alcune
divergenze, fanno - apertamente o subdolamente - causa comune contro i
cristiani o, nel migliore dei casi, si astengono dal condannare le
violenze di cui sono vittime. Tale fenomeno fu riscontrato anche in
certi conflitti sociali esplosi all'interno dell'industria
automobilistica francese alcuni anni fa; mosaico etnico a prevalenza
musulmana, il personale era costituito prevalentemente da marocchini,
tunisini, algerini, mauritani e turchi, spesso divisi nella vita di
tutti i giorni da gelosie e da antipatie ancestrali. La C.G.T. (un
sindacato francese N.d.R.) riuscì così bene nel realizzare l'unione
utilizzando il catalizzatore religioso (sic!), che tutti gli operai si
schierarono contro la direzione della fabbrica139, contro i quadri direttivi, contro la maestranza e, più o meno
consciamente, contro il cattolicesimo.
-
I rapporti con gli «scritturali» (ebrei e cristiani)
Il Corano è talvolta testimone della simpatia accordatagli
Sura II (LA
VACCA)
59. «Certo, i
musulmani, i giudei, i cristiani e i sabei140,
che credono nel Signore e all'estremo giorno e
operano il bene, ne riceveranno la ricompensa dalle sue mani:
essi saranno esenti dal timore e dai
supplizi»
(F).
M. Kasimirsky da sfoggio, in una lunga nota, della sua erudizione
per dimostrare che bisogna guardarsi dal concludere da questo versetto
che tutti gli uomini saranno salvi, purché essi credano nell'unità
divina, nella vita futura e compiano buone opere, ma al contrario:
«Qualunque sia il vero significato del versetto in esame, il
sentimento generale dei dottori musulmani è che esso sia abrogato dal
versetto III, 79141,
e da altri passi del Corano in cui la fede in Allàh, nella vita futura
e nella missione di Maometto è considerata indispensabile per
conseguire la salvezza».
Ancora una volta, sottolineiamo che ciò che conta nel farsi
un'idea esatta di ogni punto-chiave dell'islàm, è conoscere la
percezione che ne hanno i musulmani stessi, e non ciò che possiamo
soggettivamente dedurre dai versetti del Corano, spesso così difficili
da interpretare e da tradurre (o «abrogati» da altri versetti N.d.T.).
Tuttavia,
l'ostilità verso gli ebrei e verso i cristiani domina nel Corano
Sura III (LA
FAMIGLIA D'AMRAM)
106. «[Voi
musulmani] siete il popolo migliore dell'universo intero. Ordinate la
giustizia, punite il delitto e
credete in Allàh. Se i giudei ed i cristiani sposassero la
vostra fede, avrebbero un destino migliore.
Taluni di loro credono, ma la maggior parte sono perversi» (F).
Sura V (LA
TAVOLA)
56. «O
credenti! Non stringete legami con i giudei e con i cristiani. Lasciate
che essi si uniscano. Chi li
accetterà come amici diverrà simile ad essi, e Allàh non è la
guida dei malvagi» (F).
Sura V (LA
TAVOLA)
62. «O
credenti! Non collegatevi con i cristiani, con i giudei e con gli empi
che fanno del vostro culto
l'oggetto delle loro beffe. Temete Allàh, se siete fedeli» (F).
Dopo queste citazioni, affrontiamo il tema della «gihàd». q
La Guerra Santa
- Obbligo per i credenti
«La guerra contro i non-musulmani [...] ha finito col diventare
il «sesto pilastro» dell'islàm. Quest'ultimo deve ad essa la sua
espansione, nella quale «la missione» o propaganda regolarmente
organizzata ha giocato un ruolo pressoché irrilevante [...]. Essa
continua ad essere considerata - al contrario del «dovere personale» -
come un «dovere di sussiego», [...] un obbligo non individuale, ma che
lega collettivamente la collettività»143.
La «gihàd» diviene
un dovere personale allorché tutti i fedeli vengono invitati a farne
parte.
«In teoria - prosegue Padre Lammens s.j. - la gihàd
non dovrebbe mai essere interrotta, né terminare prima della
sottomissione del mondo all'islàm, del quale tutti dovrebbero
riconoscere la supremazia politica. Questo concetto è uno dei più
incontestabilmente popolari dell'ideale islamico».
-
La guerra santa è spesso ordinata dal Corano
Sura IX (LA
CONVERSIONE)
29. «Fate la
guerra a coloro che non credono in Allàh e nell'ultimo giorno, che non
vietano ciò che Allàh
ed il profeta hanno proibito, e a coloro tra gli uomini della
Scrittura (gli ebrei e i cristiani N.d.R.) che
non professano la fede nella verità. Fate la guerra sino
a che essi paghino il tributo, tutti senza
eccezione,
e che siano umiliati»143.
30. «I giudei
dicono che Ozai è il figlio di Allàh; i cristiani dicono lo stesso del
Messia. Parlano come gli
infedeli che li precedettero; che Allàh gli faccia la guerra!
Essi sono dei mentitori»! (K).
- Lo sconfitto non è obbligato a convertirsi all'islàm, che gli
fissa in quel caso lo stato di
«dhimmi»
Al versetto 29 della Sura IX, abbiamo già sottolineato l'opzione
teoricamente offerta all'infedele uscito sconfitto dalla «gihàd»,
che consiste in:
sia convertirsi all'islàm, nel qual caso si ritiene che egli
debba diventare «cittadino a
pieno titolo»144;
sia conservare la sua religione, nel qual caso gli verrà
attribuito lo statuto di «dhimmi»,
e cioè l'aggravio di un'imposta speciale («dîme»)
da una parte, e dall'altra l'assoggettamento ad alcune misure
discriminatorie od umilianti (vietato l'accesso alle funzioni ufficiali,
proibizione di detenere un'arma, di montare a cavallo, ecc...). È il
caso, ad esempio, dei cristiani copti in Egitto, dei siriaci nell'Iraq e
dei greci nella Siria.
- È dunque possibile parlare di un islàm tollerante?
Se la storia è ricca di esempi sanguinosi di guerre sante
musulmane, non mancano altre situazioni in cui l'islàm, trionfante e
saldamente installato, ha dato prova di magnanimità verso i popoli
cristiani assoggettati, o ha chiesto il loro concorso per la
realizzazione di alcuni progetti di cui non possedeva le capacità
tecniche. Questo fu, ad esempio, il caso della Spagna. Carra de Vaux,
dopo aver scritto che,
«[...]l'apostolato facendo uso della forza è dunque ammesso da
questa religione, e ciò costituisce uno dei tratti che gli conferisce
un aspetto molto barbaro...»
minimizza la sua precedente affermazione aggiungendo che,
«[...] bisogna tuttavia riconoscere che, in pratica, le autorità
musulmane hanno spesso usato molta tolleranza nei confronti di quei
cristiani che avevano sconfitto...»145
Senza dubbio, non si deve generalizzare abusivamente; resta
tuttavia da domandarsi se il termine «tolleranza»
sia esatto per qualificare - in ogni epoca - una condiscendenza verso i
non-musulmani che esiga comunque le contromisure viste poc'anzi. È
anche altrettanto vero che, ai nostri giorni ed in certe regioni del
mondo, tale coercizione è stata apparentemente attenuata, ed è stata
adottata una forma di persecuzione più insidiosa e larvata. Così, in
alcuni Stati centrafricani passati sotto il governo islamico, il
cristiano (o l'animista) che desidera ottenere un posto
nell'amministrazione, o che si appresta a sostenere un esame
universitario, ha doppiamente interesse - come ci è stato spesso
riportato - a convertirsi per tempo o almeno esteriormente all'islàm.
Infine, quando si viene a conoscenza dei divieti cui sono soggette le più
piccole manifestazioni di appartenenza cristiana in quei paesi arabi in
cui l'islàm regna incontrastato - come, per esempio, in Arabia Saudita
- non ci si può astenere dal sorridere sentendo parlare di «tolleranza»!!
Per non citare che qualche esempio, riporto ora alcuni fatti basati
sulla testimonianza di persone degne di fede e, per di più, non
particolarmente praticanti: il divieto assoluto di portare un
crocifisso, di portare nei bagagli una Bibbia, di festeggiare il Santo
Natale mettendo delle ghirlande di lampadine alle finestre, e persino di
fare il cenone natalizio al ristorante, ecc... Che si smetta dunque una
volta per tutte di alterare l'immagine dell'islàm; il vero volto che
esso porta è quello che esso stesso si è dato e che intende certamente
conservare146.
-
Non c'è martirio che nella «gihàd»
La nozione di martirio non è concepita che nel quadro della «gihàd»: «martire («shaìd»)
è quel musulmano che cade durante
la «gihàd», e che «è
ucciso dopo aver ucciso»147.
L'islàm trae questo concetto di martirio dal seguente versetto del
Corano:
Sura IX (LA
CONVERSIONE)
112. «Allàh ha
ricomprato la vita e gli averi dei fedeli, il cui prezzo è il paradiso.
Combatteranno e
uccideranno i loro nemici, e cadranno sotto i loro colpi» (F). 3.
LE ISTITUZIONI
Come faceva notare Padre Lammens s.j., «l'islàm
è essenzialmente una religione legale»147. La fede basta a
tutto. Essa non ha bisogno che di interpreti (dottori, uléma, ecc...) e
di un potere temporale che la mette in pratica. Così, non ci si
stupisce nel non trovare nella religione islamica né una liturgia, né
un clero e né una gerarchia ecclesiastica; in una parola, nulla che
assomigli ad un potere spirituale distinto dal potere temporale.
-
Niente liturgia
«Questa lacuna viene particolarmente dissimulata da un rituale
minuzioso che regola l'esercizio della preghiera e del pellegrinaggio,
mediante delle complicate prescrizioni relative alla purezza legale»148.
Molto meno prescrizioni regolano, ad esempio, la preghiera
collettiva del venerdì.
-
Niente sacramenti
L'islàm non conosce né il battesimo, né la Comunione, né la
confessione, ecc... La circoncisione è un semplice atto rituale che non
esige l'intervento di alcun ministro del culto; al limite, un barbiere
è più che sufficiente. Il matrimonio musulmano è privo di carattere
religioso: il cadî basta alla sua registrazione. Di conseguenza:
-
Niente clero L'islàm non può ammettere un sacerdozio intermediario, gerarchico ed unico dispensatore di grazie spirituali. Quest'ultimo concetto, così come la necessità di una gerarchia ecclesiastica, gli sembrano inconciliabili con i diritti imprescrittibili e con il dominio assoluto di Allàh sulle sue creature150. Anche il protestantesimo più rigido, messo a confronto con questo monoteismo intransigente, che esclude ogni intermediario tra l'uomo ed il suo Dio, sembra una religione quasi sacerdotale151.
I ministri che esercitano presso
le moschee (muftì, imàm [=«modello», «esempio» o «guida»] e
muezzin) non possono essere paragonati ad un clero; essi non sono che
dei semplici funzionari (che in Marocco, ad esempio, vengono stipendiati
dallo Stato). Secondo l'Enciclopedia «Robert», il califfo è «un sovrano musulmano, successore di Maometto». Questa definizione
sottolinea adeguatamente l'assorbimento dello spirituale nel temporale;
è un sovrano - ossia un capo politico - che viene considerato come un
successore di Maometto. «Sentinella
avanzata dell'islamismo», egli non è un pontefice, ma il difensore
laico della «sharìa».
-
Nell'islàm, il temporale assorbe lo spirituale
O più esattamente, come
scrisse Ernest Renan - un personaggio, come abbiamo visto, certamente
non sospetto di simpatie verso la Chiesa - «per
il musulmano, spirituale e temporale sono
inseparabili». Alcuni esempi attuali, illustrano questo
concetto così tipico dell'islam. È il Ministero dell'Educazione
Nazionale del Regno del Marocco che ha fatto pubblicare l'«Istruzione
islamica» ad uso delle scuole secondarie; v'immaginate l'attuale
ministro della Pubblica Istruzione
nell'atto di promuovere un catechismo ad uso dei licei francesi?
Porre una domanda, comporta anzitutto darle una risposta! Un «telegiornale»
della televisione ufficiale di uno Stato musulmano africano è stato
recentemente mandato in onda da una emittente televisiva francese; lo
schermo si è illuminato, ed è apparso il volto bruno del presentatore
che, prima di tutto, ha recitato in arabo la seguente formula: «Lodato
sia Allàh, Potente e Misericordioso», seguito dal «buonasera» ai
telespettatori e dal notiziario; sui nostri schermi, un simile preambolo
avrebbe provocato una sommossa telefonica!! In precedenza, abbiamo
parlato del «Messaggio per l'Anno Nuovo» che Gheddafi ha creduto di dover
indirizzare ai capi di Stato del mondo intero all'inizio del 1984;
vistane l'importanza, tale documento è riportato in Appendice al
termine del presente studio152.
Come si potrà constatare, questo messaggio non contiene nient'altro che
un'esortazione a leggere il Corano - citato spesso dallo stesso
Colonnello - per conoscere la verità... su Cristo e sul Vangelo!
Certamente, altri capi di Stato - come ad esempio l'ex presidente degli
Stati Uniti Ronald Reagan - non hanno esitato in più occasioni a
parlare di Dio nei loro discorsi ufficiali. Tuttavia, Gheddafi fa del
tema religioso il motivo centrale e quasi esclusivo del suo «messaggio»
e - aldilà degli atteggiamenti eccessivi, e talora paranoici del noto
leader libico - resta che solo un capo di Stato musulmano può,
soprattutto ai nostri giorni, permettersi il lusso di un tale gesto
senza esporsi al rischio di essere universalmente ridicolizzato dai
mezzi di comunicazione. CAPITOLO
VII LA DONNA NELL'ISLÀM
Il lettore non rimarrà
certamente sorpreso dal fatto che consacriamo un intero capitolo di
questo opuscolo alla condizione della donna musulmana. Una civiltà si
caratterizza anche dalla maniera in cui essa concepisce il ruolo
assegnato alla donna nella società. Andiamo dunque ad esaminare il
posto e lo statuto riservati alla donna nel Corano, il quale le
attribuisce numerose prescrizioni, limitandoci a citare alcuni esempi. 1.
SUPERIORITÀ DELL'UOMO SULLA DONNA
-
Fondamento dottrinale di questa superiorità
Il dogma della superiorità maschile è enunciato dal Corano al
seguente versetto:
Sura IV (LE
FEMMINE)
38. «Gli
uomini sono superiori alle donne perché Allàh diede loro il predominio
sopra di esse, ed
essi le dotino dei loro beni. Le donne
devono essere obbedienti e tacere i segreti dei loro sposi, poiché
il cielo le ha destinate alla loro custodia. I mariti che abbiano
a soffrire la loro disubbidienza possono
castigarle, abbandonarle sole nel loro letto
ed anche picchiarle. La sottomissione delle donne deve
porle al sicuro dai maltrattamenti. Allàh è grande e sublime»
(F).
Così, questa superiorità153
si fonda su due cause di ordine decrescente:
La volontà divina, che conferisce all'uomo - se così si può
dire - una superiorità «essenziale»;
Il fatto che il fidanzato versi la dote al padre della sua futura
sposa, contrariamente a ciò che accadeva
fino a pochi anni fa nella nostra società.
Nella logica musulmana, è dunque normale che l'uomo goda di una
certa superiorità - e di diritto - sull'essere che ha acquistato
pagandolo.
-
Le donne sono imperfette
Sura XLIII (L'ACCONCIAMENTO)
17. «L'Eterno
sarà forse il padre di un essere capriccioso, di una figlia la cui
giovinezza trascorre
tra gli ornamenti e tra i vezzi?»154
-
Lo «shadòr» (il velo portato sul viso) è prescritto dal Corano
Sura XXX (I
GRECI)
57. «O profeta!
Prescrivi alle tue spose, alle tue figlie e alle mogli dei credenti di
lasciar cadere un velo sul
loro volto. Esso sarà il segno della loro virtù, ed un ritegno
contro i discorsi della gente. Allàh è buono
e misericordioso» (F).
-
La nascita di una figlia è considerata come una disgrazia
Insorgendo contro il politeismo dei suoi contemporanei, Maometto
si indignava specialmente per il fatto che il loro Pantheon comprendesse
tre divinità femminili!!! Da qui, le sue invettive contro i meccani:
Sura XLIII (L'ACCONCIAMENTO)
15. «Allàh
avrebbe preso delle figlie tra le sue creature, e vi avrebbe scelto come
suoi figli?
16. E tuttavia, quando si annuncia ad uno di voi la nascita [di una figlia] la sua
figura si copre di
tristezza ed egli è oppresso dal dolore» (K).
Nell'Hegiaz preislamico, vigeva l'usanza presso certe tribù di
uccidere le figlie dalla nascita, bruciandole o seppellendole vive155.
La venuta dell'islàm mise fine a queste pratiche, evocate e condannate
dal Corano.
-
Le donne avranno accesso in Paradiso?
Il solo fatto che gli obblighi religiosi siano imposti anche alle
donne, permette di pensare che, contrariamente ad un'opinione diffusa
presso alcuni studiosi occidentali, l'accesso al Paradiso musulmano non
sia affatto riservato ai soli uomini. Tuttavia, ci chiediamo: come può
l'islàm conciliare ciò con la presenza delle hùri, di queste vergini
perenni promesse ai credenti maschi? Si tratta di una questione alla
quale siamo incapaci di dare una risposta, e che, a dire il vero,
saremmo tentati di porre a un musulmano. 2.
MATRIMONIO E POLIGAMIA
- Le donne sono state create da (e per) gli uomini
Sura XXX (I
GRECI)
20. «La
creazione delle vostre femmine, formate con il vostro sangue, perché
dimoriate insieme, [...]
annunciano la sua bontà a quelli che riflettono» (F).
-
Essi ne dispongono a loro piacimento
Sura II (LA
VACCA)
223. «Le vostre
donne sono il vostro campo. Coltivatelo ogniqualvolta vi piacerà» (F).
-
La poligamia è autorizzata, ma limitata a quattro mogli
Nell'Hegiaz, la poligamia preesisteva all'islàm, il quale la
conservò e regolò nel Corano:
Sura IV (LE
FEMMINE)
3. «Se
temete di essere ingiusti verso gli orfani, temete di esserlo anche
verso le vostre donne. Non
sposatene che due, tre o quattro»156.
Nonostante il carattere relativamente condizionale di questo
versetto, è su esso che si fonda la regola che limita a quattro (più
le concubine che non si contano157) il numero delle spose che può avere simultaneamente un musulmano.
Molti sono i versetti che trattano del matrimonio; vediamoli brevemente.
-
Il Corano proibisce il matrimonio entro certi gradi di parentela
Il versetto 27 della Sura IV (LE
FEMMINE), proibisce al credente di
sposare sua madre, le sue figlie, le sue sorelle, le sue sorelle, le sue
zie, le sue nipoti, le sue nutrici, le sue matrigne, e di sposare due
sorelle.
-
Ma Maometto beneficiò di alcune deroghe
Sura XXXIII (I CONGIURATI)
47. «O Profeta!
Ti è concesso di sposare le femmine che avrai dotate, le prigioniere
che Allàh fece cadere
nelle tue mani, le figlie dei tuoi zii e delle tue zie che
fuggirono con te, ed ogni femmina fedele che ti
aprirà il suo cuore. È un privilegio che noi ti concediamo.
Conosciamo le leggi del connubio che
stabilimmo per i credenti. Non temere di
essere colpevole usando dei tuoi diritti. Allàh è buono e
misericordioso»158
(F).
-
Come bisogna trattare le spose
Sura IV (LE
FEMMINE)
23. «O
credenti! (...se ripudiate una donna, non riprendetevi la sua dote...)
Siate buoni nel vostro modo di
agire verso di loro. Se tra le vostre donne ve n'è una per la
quale provate indifferenza, può darsi che
proviate indifferenza per una cosa nella quale Allàh ha deposto
un bene immenso» (K).
- Il castigo delle donna adultera
Sura IV (LE
FEMMINE)
19. «Se qualche
vostra moglie è caduta in adulterio, chiamate quattro testimoni. se le
loro testimonianze
concordano contro di lei, chiudetela in casa vostra, sino a che
la morte consumi la sua carriera
mortale» (F).
-
Esso è meno severo per la donna schiava
A quest'ultima, infatti, il Corano prescrive di non infliggere
che la metà della pena, il che dimostra che la sanzione per l'adulterio
non sia affatto la morte.
-
Ma è più severo per le spose di Maometto
Sura XXXIII (I CONGIURATI)
28. «O spose del Profeta! Se qualcuna di voi si macchia di un
delitto, subirà un castigo più rigoroso. Tale
vendetta è facile per Allàh» (F).
-
Il ripudio (in arabo «talaq») è autorizzato
In effetti, «Allàh non vi
castigherà per una parola sfuggita nei vostri giuramenti» (Sura II,
225). Esso è oggetto di meticolose prescrizioni, delle quali ne
riportiamo alcune:
Sura II (LA
VACCA)
228. «Le donne
ripudiate lasceranno passare il tempo di tre mestrui prima di
risposarsi. Esse non devono
nascondere di essere gravide, se credono in Allàh e nel giorno
del giudizio. È più equo allora che il
marito le riprenda, se desidera una sincera riconciliazione.
Bisogna che le femmine si contengano
con conveniente decenza e i mariti abbiano
superiorità su di loro».
229. «Il
ripudio non avverrà che due volte. I mariti custodiranno le loro donne
con umanità e le
rinvieranno con giustizia».
230. «Chi
ripudierà tre volte una donna non potrà riprendersela se non dopo che
essa avrà giaciuto con un
altro sposo che l'avrà ripudiata» (F). 3. La
situazione della donna musulmana è cambiata?
La donna è ancora ritenuta inferiore all'uomo? La sua condizione
nei paesi islamici è ancora regolata dalle norme che abbiamo appena
letto? Nelle sue manifestazioni esteriori, la concezione musulmana dello
stato della donna (lo «shadòr»,
le relazioni con l'esterno, la partecipazioni ad attività salariate,
ecc...) varia sensibilmente da uno stato all'altro. Presso alcuni di
essi, essa tende - anche se fino ad un certo punto - a divenire meno
rigida e più liberale. Se da una parte rimane molto difficile
distinguere tra l'evoluzione apparente e l'immobilismo reale di fondo,
dall'altra, determinate correnti tendono a ripristinare le regole
coraniche e tradizionali laddove sembrava che si fossero attenuate. Lo
studio caso per caso di queste situazioni ci porterebbe oltre i limiti
assegnati a questo studio. Ecco tuttavia qualche esempio che ci aiuterà
a farcene un'opinione. q
All'estero
- Evoluzione verso uno statuto più liberale?
In Tunisia, esso è già stato realizzato; nondimeno, alcuni
giovani tunisini esponevano di recente - e non senza veemenza - ad un
nostro amico di passaggio a Sfax, che essi contestavano il lassismo dei
costumi europei, e che intendevano agire in favore di un ritorno alle
regole dell'islàm autentico. Essi aggiungevano: «Non
vogliamo che le nostre donne diventino delle p... come le francesi del
Club Méditerranée sulle nostre spiagge». In Algeria, si dice che
il nuovo Codice della famiglia sia più liberale per la donna; questo è
almeno ciò che leggevamo su di una piccola rivista parrocchiale
dell'Est della Francia, che salutava questo avvenimento. Tuttavia, un
mese dopo ci venne mostrata una vigorosa protesta di un club algerino di
donne (esistono dunque dei club femminili?) che denunciava l'ipocrisia
dei compilatori «maschilisti» di questo nuovo Codice! Sotto apparenze
liberali - esse accusavano - questo Codice rappresenta in realtà per la
donna musulmana un balzo indietro di molti secoli!! Dobbiamo credere
alla rivista parrocchiale o a queste contestatrici? A nostro avviso, più
alle seconde, molto più addentro alla questione della prima... q
Immobilismo, status-quo coranico?
In uno Stato dell'Arabia, la tariffa delle indennità che il
responsabile di un incidente mortale automobilistico deve versare alla
famiglia della vittima è stato recentemente reso noto; ciò che ci ha
colpito maggiormente non è stata né la moneta corrente, né le cifre
precise, ma le seguenti proporzioni:
Vittima musulmana
uomo:
1.000
donna:
500
Vittima non-musulmana
uomo:
250
donna:
125
Un giovane industriale francese, di ritorno dalla Giordania, dove
aveva trascorso qualche settimana, ci raccontava: «Alcune
ragazze francesi hanno sposato dei giordani molto simpatici, conosciuti
a Parigi alla facoltà universitaria. Ma, ahimè, arrivate ad Amman (capitale
di questo Stato), ebbero una
terribile delusione: esse furono immediatamente rifiutate dalla famiglia
(in quanto sono e resteranno cattoliche); nessuna relazione o amici
furono tollerati, che non fossero donne. Così isolate, esse si
consacrarono ai loro bambini (messi al mondo in serie, uno all'anno), ma
ahimè un'altra volta, non gli furono lasciate che le figlie, mentre i
figli maschi gli furono sottratti per essere cresciuti nell'islàm»;
casualmente, alcune di queste ragazze scoprirono all'arrivo «che
il loro marito era già sposato, senza che egli le avesse messe al
corrente». q
In Francia
- Un'evoluzione apparente
A contatto con la nostra società, tali concezioni si
indeboliscono nell'immigrato musulmano? In effetti, sembra che ci sia
stata un'evoluzione, naturalmente più profonda in quelli della 2ª
generazione159
e, ancor di più, in quelli della 3ª. Sempre più spesso, si vedono
delle donne musulmane svolgere all'esterno mansioni, o commissioni che i
loro mariti, al lavoro, non possono portare a termine: fare un vaglia
postale, spingere un carrello in un supermercato, ecc... ma ciò avviene
in Francia, al di fuori del contesto religioso familiare e tribale del
luogo di provenienza; le stesse donne, ricondotte in questo contesto,
oserebbero comportarsi in questo modo? È lecito dubitarne, quando si
sentono alcuni immigrati raccontare i loro ricordi di soggiorno. Laggiù,
non si permette ciò che invece qui è permesso, perché mal visto dalla
famiglia.
-
Ma la situazione di fondo ed i riflessi sussistono
Ecco, tra i tanti, un esempio significativo. In occasione di un
conflitto sociale che interessò uno stabilimento della Renault della
regione parigina, un'emittente televisiva francese invitò un membro del
personale di questa industria - un marocchino di circa 35 anni, delegato
sindacale della C.G.T. - a
venire ad esprimere le proprie opinioni di fronte alle telecamere.
Trattandosi di una trasmissione molto seguita (mandata in onda alle
20,00), la C.G.T. aveva scelto accuratamente il suo uomo: egli diede
prova di una perfetta disinvoltura e si espresse molto bene. Si
assistette, dunque, alla solita requisitoria contro i vice-responsabili,
contro i responsabili, contro la Renault, contro la Francia, ecc....
Niente di più normale. Poi l'intervistatore entrò nell'ambito
familiare:
Intervistatore
- «Parliamo
di voi, signore: siete sposato»?
MAROCCHINO
- «Sì».
INTERVISTATORE
- «Avete dei figli»?
MAROCCHINO -
«Sì, tre...»
INTERVISTATORE
- «Dei maschi o delle femmine»?
Il volto del musulmano si incupì bruscamente:
MAROCCHINO
- «Tre femmine - rispose
seccato - di 11, 13 e 15 anni».
INTERVISTATORE
- «Le lasciate uscire dopo la
scuola»?
MAROCCHINO
- «Ah, no»!!!
Il grido accorato - riflesso - sgorgò istantaneamente senza che
egli riuscisse a controllarsi, facendo una gaffe
davanti a milioni di telespettatori francesi. Eppure egli stato «addestrato»
ed aveva seguito i corsi della C.G.T. (registratore e dialettica);
qualche attimo di esitazione, ed il meccanismo funziona:
MAROCCHINO
- «Ah, no!!!... perché... perché...
se ci sono dei vetri rotti nella casa, si dice ancora che «sono sale
arabe»!!
In uno studio realizzato dalla rivista Documentation
Française160 sono stati
segnalati come «spesso drammatici
e pertanto offesa ai diritti della persona» i casi di adolescenti
musulmane sottratte dopo i 15 anni d'età, alla scuola dell'obbligo su
presentazione di un certificato medico attestante che la madre
affaticata aveva bisogno di un aiuto in casa. È facile intuire che lo
stato della madre non sia altro che un pretesto, e che in realtà si
tratti di un'applicazione della tradizione musulmana; la figlia deve
restare in casa finché resta nubile161. q
La condizione della donna non sembra evolversi
Alcuni autori si danno molta pena per convincersi che,
contrariamente ad un'immagine molto diffusa, l'islàm ha fatto molto per
la liberazione della donna. Così, ad esempio, scrive Marc Bergé:
«L'islàm ha liberato la donna, ma l'ha protetta eccessivamente
[...]. Tuttavia, l'uguaglianza di base tra l'uomo e la donna, e tra
tutti gli esseri umani, è suggerita nel Corano quando si parla della
creazione: «Temete Allàh che vi ha creati con lo stesso soffio, e che con questo
stesso soffio ha creato una coppia da cui derivano molti uomini e molte
donne»162. Nondimeno, qualunque sia il bisogno di liberazione che ancora
oggi prova la donna musulmana, è importante misurare tutto ciò che l'islàm
ha apportato all'essere umano - uomo o donna che sia - quanto a dignità
ed uguaglianza. Le prescrizioni riguardanti la donna «rappresentano, nel momento, nel momento in cui il Corano fu rivelato,
la legislazione più «femminista» del mondo civilizzato»163. [...] In nessuna civiltà si può affermare che, sul piano del
diritto, la donna e l'uomo siano stati definitivamente liberati»164.
La lettura dei versetti del Corano, oltre all'osservazione
costante dei fatti, porta a delle conclusioni sensibilmente diverse da
quelle formulate da questo autore. L'islàm è una religione fatta da un
uomo, regolamentata da lui e da altri uomini, a beneficio di altri
uomini. Nessuno stupore, dunque, quando constatiamo la naturale
ripugnanza di questi stessi uomini a modificare la condizione della
donna, e che l'evoluzione dell'islàm a questo riguardo sembri così
lenta rispetto a ciò che avviene nelle altre società. CAPITOLO
VII LA PRINCIPALE
SETTA DELL'ISLÀM: GLI SCIITI
Lo studio delle numerose sette165
che dividono l'islàm ci sembra oltrepassare i limiti di questo studio.
Ad ogni buon conto, l'importanza dello scisma sciita merita che gli
consacriamo questo breve capitolo. Il principale gruppo ad essersi
distaccato dall'islàm ortodosso all'indomani della sua costituzione, più
che una setta costituisce una delle maggiori tendenze dell'islàm. Il
mondo musulmano è in effetti tagliato in due tronconi: i sunniti,
ovunque in maggioranza (tranne che nell'Iran e in Iraq), e gli sciiti.
Questi ultimi sono a loro volta suddivisi in sette e sotto-sette. A
grandi linee, ci limiteremo ad analizzare quelle che si oppongono al
sunnismo. 1. Origini
degli sciiti
Il termine «sciita» deriva dalla parola «shìa»,
che in arabo significa «partito». Originariamente, si trattava dei
seguaci di Alì, della «shìa Alì». q
All'origine, dissensi sulla successione
«Al contrario di quello che è accaduto per il cristianesimo,
non si tratta di diatribe dottrinali, ma di dissensi politici che hanno
immediatamente dato vita agli scismi e alle eresie in seno all'islàm»166.
Per gli sciiti, l'«imàm»167
(l'equivalente sciita del califfo) dev'essere scelto non solo nella
parentela, ma nella filiazione
diretta di Maometto, che riservò tale dignità ai soli discendenti
di Alì e e di Fatìma. Ora, (come abbiamo visto al Capitolo III) il
gruppo di fedeli incaricato di designare i primi successori di Maometto
scartò per ben tre volte la candidatura di Alì. A causa di questo, i
califfi vengono considerati dagli sciiti degli usurpatori. Tali
divisioni diedero a loro volta origine a lotte sanguinose durante i
primi due secoli dell'ègira, lotte che ebbero le loro ripercussioni
anche sul piano religioso. q
Le ripercussioni religiose
Gli sciiti fecero degli «alidi» uccisi in combattimento dei
veri e propri martiri; la morte di Husayn (morto nel 680), nipote di
Maometto, caduto in combattimento durante gli scontri di Kerbela, nei
paesi sciiti, è ricordata con un giorno di lutto nazionale. La sua
tomba - e quella di Alì - sono per gli sciiti dei luoghi di
pellegrinaggio sacri allo stesso modo in cui lo sono tutte le città
sante dell'Hegiaz. Ma questa non fu l'unica ripercussione. 3.
TRATTI CARATTERISTICI DEGLI SCIITI q
Credenza sciita nell'«imàm invisibile»
Secondo la tradizione sciita, il secondo discendente di Husayn
sarebbe misteriosamente scomparso in un sotterraneo all'età di 10-12
anni, senza lasciare discendenti. Onde sopperire a questa «vacanza»,
gli sciiti hanno inventato la teoria dell'«occultamento»: essi credono
nell'esistenza di un «imàm» invisibile, immortale e presente, al quale giurano fedeltà
oltre che ad Allàh e a Maometto. Tale fedeltà è posta allo stesso
livello dei «cinque pilastri». Nel libro168
scritto da Khomeiny durante il suo soggiorno a Neauphle-le-Chateau, che
costituisce un sorta di Mein Kampf,
il termine «occultamento» ritorna spesso sotto la penna dell'ayatollàh.
Inoltre, le assemblee sciite iniziano con preamboli di questo genere: «In presenza dell'imàm invisibile, ci riuniamo...». Recentemente,
un dignitario sunnita si faceva beffa di questi sciiti arretrati che «tutti
i venerdì portano un cavallo bianco sellato alla moschea di Kerbela, in
attesa dell'imàm; poi, siccome l'imàm non arriva, si riconduce il
cavallo alla scuderia, e ciò accade ormai da secoli». q
A parte questa, le differenze sono minime
Le diversità o i disaccordi tra i sunniti e gli sciiti - eccetto
il problema della successione - si limitano ad alcuni dettagli relativi
alle abluzioni rituali e ai funerali. q
Ripartizione mondiale degli sciiti Essi sono disseminati un po' ovunque, e principalmente nello Yemen del Nord, ma sono ampiamente in maggioranza in Iraq ed in Iran. Il territorio di questi due paesi ricopre grosso modo quello dell'antica Persia. Alcuni storici ritengono che i persiani subirono l'islamizzazione, ma rifiutarono di essere «arabizzati», e dunque non accettando che un imàm-califfo discendente autentico del fondatore dell'islàm, e non gli intriganti meccani. La dottrina sciita avrebbe costituito per essi una forma di protesta e di originalità. Da notare che Husayn, l'eroe degli sciiti, annoverò fra le sue spose una figlia dello scià di Persia.
«Il movimento dei «musulmani neri» (Black Muslims) venne
fondato nel 1932 a Detroit, negli Stati Uniti, da Eliyah Poole, alias
Eliyah Mohammed (1897-1975). Oltre a Eliyah Mohammed, due altre
persone hanno avuto un ruolo di grande importanza per la nascita del
movimento: si tratta dell'ex pugile Cassius Clay, alias Mohammed Alì
e di Malcom Little, alias Malcom X (la X sta per «ex
slave»=«ex schiavo»). Fine comune di tutti musulmani neri è
comunque il governo della terra da parte dei neri. Motivazione
religiosa di questo obiettivo è il fatto che Allàh, all'origine del
mondo, creò solo uomini neri. Solo più tardi, quando egli promise
agli «eruditi degli inferi» di compiere esperimenti, vennero creati
da Yakub (=Satana) i cosiddetti «diavoli bianchi», la cui origine
risale a circa 6.000 anni fa. Scopo della storia è quindi quello di
reintegrare i neri negli originali diritti facendo di loro i «signori
permanenti della terra». L'avversione ai bianchi si traduce anche in
attacco frontale alla loro religione, il cristianesimo. Malcom X
disse: «Persino la religione manifesta la supremazia che i bianchi
ritengono di possedere: il loro Gesù è bianco! La Madonna è bianca,
gli angeli sono bianchi! Tutto è bianco! Solo il diavolo è nero»! E
in un altra occasione aggiunse: «Tutto ciò che il cristianesimo ha
fatto per i neri è questo: li ha tenuti in schiavitù»! (Cfr. Enciclopedia
delle religioni, v. MUSULMANI NERI, pagg. 599-601). CAPITOLO
IX ASCETISMO E MISTICA NELL'ISLÀM: IL SUFISMO
Tutto quanto abbiamo fin qui visto porta a pensare a priori che
l'islàm non incoraggi il musulmano ad allontanarsi dal quadro del dogma
stretto e da un ritualismo rigoroso, per poter sviluppare l'unione
spirituale dell'anima con Allàh; tale cammino - passando per l'ascesi -
costituisce il fondamento di molte religioni, e com'è noto, anche del
cristianesimo. Occorre tuttavia chiedersi se, ed in quale misura, alcuni
musulmani abbiano tentato di provare quest'esperienza mistica. 1.
L'ISLÀM È UNA RELIGIONE MISTICA? q
L'islàm condanna la vita monastica
Sura LVII (IL FERRO)
27. «... sono
loro [i cristiani] che hanno inventato la vita monastica; noi non
abbiamo prescritto che di
piacere ad Allàh...» (K).
Aggiunge M. Kasimirsky:
«Come abbiamo visto, Maometto condanna la vita monastica; si
tratta di un aforisma ripetuto spesso dai musulmani: Là
rahabaniïeta fil-islàmi, punto di vita monastica dell'islàm»169
. q Nel
Corano non si parla affatto di mistica
«Il Corano non tratta per nulla la questione mistica. A dire il
vero, Maometto ed i suoi primi discepoli non furono dei mistici, ma
semplicemente degli uomini animati da una viva fede, sensibili a due o
tre concetti fondamentali: l'unità e la potenza divina, la
sopravvivenza dell'anima e la retribuzione nell'aldilà. Essi non erano
affatto abituati a coltivare la vita interiore, ma erano dei guerrieri»170. q
L'islam non è una religione interiore «Il Corano, con le sue stipule legali, con i suoi inviti alla guerra santa, e con le sue invettive contro gli infedeli, non sembra eccitare la sensibilità interiore e propriamente spirituale. La sharìa - prosegue Padre Lammens s.j. - non legifera per il foro interno. Essendo una disciplina sociale ed una sorta di legge superiore, essa si limita a riunire tutti i fedeli attorno ai riti e alle osservanze della comunità islamica, senza curarsi di entrare nei dettagli della vita interiore [...]. Essa non esamina e non sorveglia che l'adempimento delle forme esteriori e delle modalità rituali»171. 2.
IL SUFISMO q
Origini del sufismo
Alcune spiriti reagirono alla rigidità imposta dall'islàm; fu
così che nacque la disciplina del sufismo.
«Questi fedeli aspiravano ad un'esperienza personale più
intensa delle verità religiose, che avrebbe dovuto facilitare l'ascesa
graduale dell'anima verso Allàh. Tali tendenze, quasi per nulla
soddisfatte dall'islàm ufficiale, sfociarono nella nascita di una
disciplina mistica, il «Tasawwuf»,
o sufismo»172. q
Misticismo ed influenze cristiane. Ghàzàlì
Il più celebre dei rappresentanti
del sufismo ortodosso è Abù-Hàmid al-Ghàzàlì (1058-1111), teologo,
giurista e filosofo. Il sufismo, così come egli lo preconizzò,
presenta strane analogie con il cristianesimo, di fronte al quale egli
non esitò a proclamare la propria simpatia. Esso esortava il credente
alla vita interiore, proclamava la necessità di «vincere sé stessi»,
consigliava la scelta di un direttore spirituale, la pratica della
penitenza, l'esame di coscienza quotidiano, e tutti quei metodi che
concordano in maniera singolare con quelli che più tardi applicò il
fondatore della Compagnia di Gesù, Sant'Ignazio di Loyola (1491-1556)!
Tale conversione interiore non poteva operarsi che grazie all'esercizio
della meditazione, ed i consigli di Ghàzàlì si avvicinavano molto a
quelli di Sant'Ignazio, tanto nella forma, quanto nella sostanza; vi si
ritrova lo stesso incitamento alla prudenza e alla diffidenza verso sé
stessi.
«Secondo Ghàzàlì, la vita spirituale trova il suo alimento più
sostanziale nella meditazione, o «tafakkor». Si applicano le tre
potenze dell'anima: memoria, intelligenza e volontà [...]; essa inizia
con la «composizione di luogo» [...]. Si consiglia di evitare di
perdersi in inutili speculazioni teologiche [...]. L'importante è
trarne risoluzioni pratiche [...]. Se si vogliono evitare le illusioni o
i dubbi contro la fede, si raccomanda anche di non scegliere come
materia di contemplazione l'Essenza divina»173. q
Il sufismo; eccessi e deviazioni
In assenza di una qualsiasi gerarchia, la temperanza consigliata
dal saggio Ghàzàlì non venne osservata ovunque:
«Ciò che mancò al sufismo - afferma Maurice Barrès - fu la
sorveglianza da parte di una gerarchia debitamente autorizzata. Come nel
cattolicesimo, il suo intervento avrebbe captato la fonte, e l'avrebbe
incanalata prima che essa divenisse un torrente fangoso in piena. Essa
avrebbe inoltre imposto il rispetto di regole morale, scoraggiando
un'estasi sterile che non fosse un mezzo di perfezione»174. q
Le sanzioni dell'islàm ortodosso
Fin dal 922, dato che le confraternite di questa natura si
moltiplicavano, l'ortodossia islamica decise di colpire inesorabilmente
questa setta, condannando a morte Husayn ibn Mansur al-Hallàg
(858-922), il più celebre degli adepti del sufismo, secondo il quale la
sofferenza è la grande forza nella quale si manifesta lo stesso Allàh;
flagellato, mutilato ed appeso ad una croce, egli fu infine decapitato,
ed il suo cadavere venne bruciato. Tuttavia, il sufismo non tardò ad
inoltrarsi contemporaneamente nell'esoterismo e nella ricerca della più
stravagante illuminazione (vedi, ad esempio, le pratiche dei dervisci ai
nostri giorni175).
Tali deviazioni servirono come pretesto ai musulmani ortodossi, e gli
permisero di adottare delle misure contro il sufismo (e contro le
diverse confraternite mistiche che ne erano derivate), troppo nettamente
colorate di cristianesimo. Così, ad esempio, in Egitto, i sultani,
oltre a sorvegliare la dottrina dei sufi, nominarono uno «sceicco»
supremo onde evitare la loro entrata nella vita politica.
L'Impero ottomano li ha sempre trattati con diffidenza, anche se li ha
utilizzati per la propaganda panislamica. L'attuale governo dell'Egitto
ha mantenuto l'istituzione dello «sceicco» supremo delle confraternite
sufi. q
Regressione attuale del sufismo
Ma Padre Lammens s.j., osservando questo declino, evidenzia il
fatto che esso è soprattutto accentuato nei paesi musulmani aperti agli
influssi occidentali. q
Influenza della massoneria in questa regressione
È noto il ruolo determinante della setta massonica nella
laicizzazione della Turchia con l'avvento del kemalismo176,
di cui essa fu l'ispiratrice e l'organizzatrice:
«Furono le logge del Partito «Unione e Progresso» che
prepararono il Movimento della Giovane Turchia e l'avvento del kemalismo.
La massoneria penetrò profondamente l'élite musulmana, senza
tralasciare i circoli dei Salafyya, pilastri portanti dell'ortodossia
ufficiale di tutte le confraternite e organizzazioni sufi, confiscando i
loro beni»177. q
Sull'essenziale, il sufismo resta radicalmente separato dal
cristianesimo
Dopo ciò che abbiamo appreso circa le ispirazione iniziali del
sufismo e sul metodo «pre-ignaziano» preconizzato da Ghàzàlì, il
lettore cristiano non è forse preso da una dolorosa emozione? Non vede
forse nel sufismo la grande «occasione mancata» dall'islàm?
Percependo punti in comune con la propria fede, non è forse tentato di
dire fra sé che, poiché questi fratelli sembrano così vicini, forse
un giorno il sufismo li condurrà alla verità integrale? Al fine di
essere più obiettivi possibile, bisogna fare attenzione, e ben misurare
quanto l'ostacolo che sbarra questa strada sia, almeno per ora,
insormontabile. Esso è stato posto da Ghàzàlì stesso, ahimè,
insufficientemente illuminato, il quale lo ha eretto allorché la
simpatia e l'attrazione che provava verso il cristianesimo, gli hanno
ispirato queste parole:
«Il cristianesimo potrebbe essere l'espressione assoluta della
verità, se non fosse che per il suo dogma della Trinità, e per la sua
negazione della missione divina di Maometto»178.
Si noti come Ghàzàlì, con
questa frase, sia rimasto interamente fedele alla «shahàda»,
la professione di fede dell'islàm.
«... Allàh è Unico»
(niente Trinità).
«... Maometto è il suo
inviato» (Il Corano è la rivelazione).
Proposizioni, come abbiamo visto in precedenza, radicalmente
inaccettabili per un cristiano. «Voi, porci cristiani, che offendete il vostro dio onnipotente, pretendendo che abbia una moglie ed un figlio, voi che lo bestemmiate dicendolo uno e trino, siatene certi: la vostra punizione sarà severa. Sappiate che, a più o meno breve termine, giovani e vecchi, preti e monaci, voi vi condannate con i vostri atti alla perdita di ogni vostra ricchezza. Il vostro sangue sarà, a pieno diritto, versato dai musulmani ed i vostri soldi ci appartengono [...]. Non resteremo senza far niente davanti alla vostra immoralità e alle vostre congiure abominevoli. Sappiamo molto bene come terrorizzare la gente come voi e come preparare una degna fine agli adoratori della croce quali voi siete [...]. Non sfuggirete alla nostra spada assetata di vendetta». (Cfr. da una lettera di un estremista egiziano citata in Veritas, Anno V, n. 22, Marzo-Aprile 1933, pag. 6).
«Maria deve risplendere più che mai in misericordia, in forza
ed in grazia, in questi ultimi tempi: in misericordia, per ricondurre
a ricevere amorosamente i peccatori ed i traviati che si convertiranno
e ritorneranno alla Chiesa cattolica; in
forza contro i nemici di Dio, gli idolatri, gli scismatici,
maomettani, giudei e gli empi induriti, che si ribelleranno in modo
terribile, onde sedurre e far cadere, con promesse minacce, tutti
quelli che saranno loro contrari. Infine Ella dovrà risplendere
in grazia per animare e sostenere i propri soldati e fedeli servi di
Gesù Cristo, i quali combatteranno per i suoi interessi. Infine Maria
dev'essere terribile al diavolo e ai suoi seguaci come un esercito
schierato in battaglia, specialmente in questi ultimi tempi, poiché
il diavolo, ben sapendo che gli rimane poco tempo per far perdere le
anime, raddoppia più che mai ogni giorno gli sforzi e gli attacchi,
susciterà ben presto crudeli persecuzioni e metterà gravi
impedimenti ai servi fedeli e ai veri figli di Maria, contro i quali
deve fare maggiori sforzi per vincerli». (Cfr. San
Luigi Maria Grignon de Montfort, Il
Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, Ed. Paoline,
Catania 1977, pagg. 53-54).
CONCLUSIONE
Eccoci finalmente giunti al termine di questo brevissimo studio;
ci chiediamo: dopo questa lettura, è possibile formulare un giudizio
globale dell'islàm? No, senza dubbio, per chiunque desiderava - prima
di emettere un verdetto d'insieme su quest'ultimo - esaminare e prendere
in considerazione non solamente il contenuto religioso dell'islàm, ma
anche l'aspetto economico, storico, ecc... No, indubbiamente, per il
lettore semplicemente agnostico e che non si accontenta di uno studio
incentrato principalmente sul fatto religioso. Ma nell'immediato, il
presente studio, destinato innanzitutto ad un pubblico cattolico, voleva
essere il più conciso possibile.
In effetti, se «l'islàm è
innanzitutto una religione», è evidente che le «esitazioni» - ed
è il meno che si possa dire - si moltiplicano, soprattutto tra molti
cattolici disorientati, quando si tratta di valutare l'islam da un punto
di vista religioso, ed in rapporto alla propria religione. È per tale
motivo che occorreva lasciare innanzitutto la parola all'islàm, affinché
ci rivelasse lui stesso il suo contenuto dogmatico, quello in cui crede,
quello che nega, quello che rigetta e quello che combatte. Nelle pagine
precedenti, abbiamo potuto vedere l'islàm reale prendere le distanze,
in modo sempre più impressionante, dal cristianesimo. Trattando, per
esempio, della paternità e della misericordia divine, del peccato
originale e della redenzione, della resurrezione, del paradiso o della
visione beatifica, è emersa la profondità incolmabile di queste
divergenze che non finiremmo mai di analizzare in maniera esauriente.
Ma, in qualche modo, tale analisi diventa superflua nell'istante i cui
si prende atto del fatto che l'islàm
nega in modo radicale la divinità di Gesù Cristo, e che la rifiuta
senza ambiguità, fermamente, facendo di questo diniego, così spesso
riaffermato nel Corano, la chiave
di volta del suo edificio dottrinale.
«Io
sono la Via, la Verità e la Vita...»
Queste parole - occorre qui ricordarlo - sono di Nostro Signore
Gesù Cristo stesso. Ne consegue ineluttabilmente che ogni dottrina che
rifiuta Gesù Cristo porta alla cecità, all'errore e alla morte
spirituale.
«In
nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli
uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere
salvati», afferma solennemente San Pietro, il Principe degli
Apostoli179.
«Perché
nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e
nell'inferno», gli fa eco San Paolo...180
«Poco manca che i cieli
non si schiantino a queste parole, che la terra non si spacchi e le
montagne spezzate non crollino. Essi attribuiscono un figlio al
Misericordioso, e non potrebbe averne»181.
«Quelli che dicono che il
Cristo, figlio di Maria, è Dio, sono infedeli»182.
... replica l'islàm.
Quell'islàm che - rigettando Cristo - guida da tredici secoli
centinaia di milioni di uomini verso la cecità, verso l'errore e verso
la morte spirituale. Salvo a voler contraddire l'insegnamento di Cristo
stesso, riaffermato dai suoi Santi Apostoli Pietro e Paolo e dalla Sua
Santa Chiesa, ogni cristiano non può considerare diversamente l'islàm
che una falsa religione, come «l'ombra
della morte», seguendo la terribile formula di Padre Charles de
Foucauld183.
Ci duole di dover rammentare queste verità così evidenti, ma non è
certamente senza un motivo che lo facciamo. Anche se Dio, nella Sua bontà
e misericordia infinita, accoglie gli uomini che l'hanno cercato in
buona fede, o che hanno semplicemente vissuto nel rispetto della legge
naturale, resta il fatto che sarebbe un terribile errore per il
cristiano far leva su questa argomentazione per accreditare l'islàm
elevando al rango di religione salvifica. Di fronte ai suoi fratelli
fuorviati dell'islàm, il cristiano può far molto di meglio che tentare
di penetrare, in modo quasi sacrilego, nel mistero della misericordia
divina, a dispetto degli insegnamenti fermi e privi di ambiguità che
abbiamo appena rievocato. In realtà, il cristiano deve incaricarsi di
un duplice dovere:
pregare per la conversione dei musulmani;
operare perché questa conversione divenga possibile.
Nessuna autorità al mondo ha il diritto di distoglierlo da
questa duplice mansione che scaturisce direttamente dall'ordine dato da
Cristo stesso ai Suoi Apostoli: «Andate
in tutto il mondo e predicate il
Vangelo ad ogni creatura»! «Ad ogni creatura»!
Abbiamo mai pienamente misurato la portata di questo comando? Forse
che qualcuno ha mai potuto leggere nel Vangelo che Gesù abbia ordinato
ai Suoi Apostoli: «Andate,
predicate la Buona Novella, ma se incontrate dei popoli che professano
già una religione - una religione monoteista, almeno - allora
lasciateli in pace! Fate marcia indietro...
essi sono già serviti!...». No, il mandato del Signore è
stato molto chiaro: «ad
ogni creatura». Questo ordine si impone al cristiano. Nessuno
ha il diritto di dispensarlo da questo obbligo; dopo questa vita, gli
sarà chiesto conto del suo compimento. Certo - specialmente quando si
cerca di convertire dei musulmani - si tratta di un compito difficile, e
la strada è irta di ostacoli. Ma su questa via, il peggiore scoglio non
è quello che si immagina. Il peggiore impedimento sarà quello di
credere che, per un non si sa qual nuovo e lassista decreto divino,
d'ora in avanti, noi siamo dispensati dal prendere per mano i nostri
fratelli musulmani e di condurli nell'unica vera luce, quella di Cristo
Gesù. «È vero che le conversioni dei musulmani sono rare, ma è anche certo che essi, come gli altri, sono chiamati al Vangelo e hanno sia il dovere che la possibilità di abbracciarlo; è certo che la Chiesa deve predicare in tutto l'universo e ad ogni creatura la religione di Gesù. Di conseguenza, non c'è che da aggiungere, sforzo su sforzo, per unire le nostre opere a quelle dei nostri predecessori; quale sarà il successo? È il segreto di Dio: ma quanto al dovere, è chiaro ed evidente [...]. Se i cristiani della Francia non comprendono il loro dovere di evangelizzare le loro colonie, è un errore di cui renderanno conto e sarà la causa di una perdita di anime che sarebbero potute essere salvate [...]. Sta in noi costruire l'avvenire di questi popoli. L'avvenire, il solo avvenire, è la vita eterna: questa vita non è che una breve prova che prepara l'altra. La conversione di questi popoli dipende da Dio, da loro e da noi cristiani. Dio dona sempre con abbondanza la grazia; essi sono liberi di ricevere o di non ricevere la fede. La predicazione nei paesi musulmani è difficile, ma i missionari di tanti secoli passati hanno superato ben altre difficoltà. Sta in noi essere i successori dei primi apostoli, dei primi evangelisti». (Cfr. P. CHARLES DE FOUCAULD, Oeuvres
Spirituelles, Ed. du Seuil, 1958, pagg. 739-722-715). APPENDICE
I CARTA GEOGRAFICA
DELL'ARABIA APPENDICE
II rapporti tra
l'islam ed
i cristiani
Le principali date
580
Nascita di Maometto
622
Égira: inizio dell'era musulmana (data della partenza di
Maometto per Medina)
629
Conquista della Mecca
La grande espansione dei
secoli VII ed VIII
632
Morte di Maometto
632-661
I quattro primi califfi (Abù Bakr, Omar, Uthman, Alì) strappano
ai Bizantini una parte
dell'Oriente cristiano (Siria, Mesopotamia, Egitto e Armenia) e
la Persia
636
Vittoria musulmana di Yarmuk (in Libano) sui Bizantini
638
Presa di Gerusalemme da parte dei musulmani
642
Presa di Alessandria
660-710
Conquista dell'Africa del Nord
710-720
Conquista della Spagna e della Narbonese (zona nel Sud della
Francia) da parte dei
Berberi islamizzati (i cosiddetti «Mori»)
721-732
Penetrazione musulmana nella Gallia merovingia (Tolosa, Bordeaux,
valle del Rodano
e Autun)
732
La vittoria di Carlo Martello (685-741) a Poitiers ferma
l'espansione musulmana in
Gallia
739
I Mori che avevano invaso la Gallia sono ricacciati nella
Narbonese
La
«Reconquista» spagnola sui Mori
1085
Ripresa di possesso di Toledo da parte di Alfonso VI detto il
Valoroso (1030-1109), re
di Castiglia e di León
1212
Vittoria di Las Navas de Tolosa sui Mori
1248
Ripresa di possesso di Siviglia da parte del re San Ferdinando di
Castiglia (cugino di San
Luigi IX, re di Francia)
1492
Ripresa di possesso di Granada da parte dei re cattolici
Ferdinando ed Isabella. Fine della
«Reconquista»
Le
crociate (per riconquistare i Luoghi santi)
1096-1099 Prima
crociata
1099
Ripresa di possesso di Gerusalemme da parte di Goffredo di
Buglione (1060-1100)
detto il «Difensore del Santo Sepolcro». Costituzione del Regno
Franco di
Gerusalemme
1187
I musulmani, con Saladino (1138-1193), riprendono Gerusalemme
(che occuperanno
fino al 1918)
1271-1291 I
musulmani conquistano le ultime roccaforti cristiane in terra Santa
Il
flusso ed il riflusso dei turchi
1453
Presa di Costantinopoli da parte dei Turchi: fine dell'Impero
cristiano d'Oriente
1456
Una prima offensiva turca in Europa viene fermata a Belgrado da
San Giovanni da
Capestrano (1386-1456; il Santo guidò l'ala sinistra
dell'esercito cristiano) e da
Giovanni Uniade
1521-1562 Seconda
offensiva dei Turchi in Europa Centrale; essi riprendono Belgrado (1521)
e
mettono il loro accampamento di fronte a Vienna (1529)
1571
Una forza navale cristiana, costituita su richiesta di Papa San
Pio V (Michele Ghislieri,
1504-1572) e comandata da don Giovanni d'Austria, vince la flotta
turca nella battaglia
di Lepanto
1683
I Turchi tornano ad assediare Vienna. Le truppe di Carlo di
Lorena e di Giovanni
Sobiesky (Giovanni III), re di Polonia, liberano la città.
1827
Vittoria a Navarino delle squadre navale della Triplice Alleanza
(Inghilterra, Francia e
Russia) sulla flotta turco-egiziana. Due anni più tardi, la
Grecia si libera dal giogo turco
1830
Presa di Algeri da parte della flotta dell'Ammiraglio Duperré e
delle truppe del Generale
de Bourmont. Fine della signoria turca in Algeria
Avvenimenti
contemporanei
Nel XIX secolo e nella prima metà del XX secolo, la
colonizzazione europea fece cessare la dominazione musulmana in numerosi
paesi dell'Africa e dell'Asia. l'influenza islamica, che attraversò in
quel periodo un momento di declino, ritrovò la sua forza di espansione
con l'avvento della decolonizzazione, a partire cioè dal 1940.
1915-1918 La
nazione cristiana d'Armenia è in gran parte distrutta dai Turchi
(genocidio che fece
circa 1.5.00.000
vittime)
1962
L'Algeria passa di nuovo sotto la dominazione islamica. Esodo di
più di 1.000.000 di
piedi-neri. Massacro di più di 100.000 di harkis
1967-1970 Guerra
del Biafra; gli Ibos, in maggioranza cattolici, e che hanno ottenuto la
loro
indipendenza, vengono schiacciati dai musulmani del Nord della
Nigeria.
1974
Attacco turco contro l'isola di Cipro (Operazione Attila). La
parte a Nord dell'isola passa
sotto la dominazione turca
1975-1993 La
nazione cristiana del Libano resiste ad un'offensiva generale delle
forze islamiche
(profughi palestinesi e forze armate siriane) che la vogliono
eliminare APPENDICE
III MESSAGGIO DEL COLONNELLO GHEDDAFI AI CAPI DI STATO DEL MONDO (GENNAIO 1984)
«Mi rallegro con voi in occasione del nuovo anno che cade
millenovecentottantatre anni dopo la nascita di Gesù - la pace sia su
di lui - di cui non sapremmo nulla se la rivelazione non fosse discesa su
Maometto - le preghiere e la pace di Allàh siano su di lui - al
quale Allàh ha raccontato tutta intera la storia di Gesù, e quella
di su madre Maria, figlia di Amram; da allora, noi musulmani abbiamo
creduto - tramite il Corano disceso su Maometto - che, purtroppo per voi
(cristiani), non avete riconosciuto - alla nascita miracolosa di Gesù e
alla sua profezia che non ci erano pervenuti con chiarezza né dalla Toràh,
né dal Vangelo, poiché il libro
dell'Antico e del Nuovo Testamento, attualmente in circolazione, è
stato falsificato. Esso è stato modificato e deliberatamente amputato
del nome del profeta Maometto, e di molte altre cose, in quanto
nella vera Bibbia, indirizzandosi ai figli d'Israele che lo hanno
rinnegato e che lo volevano uccidere, Gesù disse:
«Sono l'apostolo di Allàh, ripeteva ai giudei Gesù, figliolo
di Maria. Vengo a confermare la verità del Pentateuco che mi precedette
e ad annunciarvi la felice comparsa del profeta che verrà dopo di me.
Ahmed è il suo nome»184. In questa sacra circostanza, invito dunque le nuove generazioni del mondo cristiano ad orientarsi verso la lettura del Corano per conoscere la verità sul Messia Gesù - la pace sia su di lui - e su sua madre Maria, sorella di Aronne185; come Gabriele sia venuto ad annunciarle la nascita di Gesù quando ella era vergine; come essa abbia partorito in un luogo lontano; come Allàh le abbia procurato bevanda e nutrimento da un ruscello e da una pianta di datteri; come la sua tribù l'abbia denigrata; come Gesù neonato abbia parlato dalla culla e convinto le genti che egli era profeta - benedetto e leale - e che Maometto sarebbe stato profeta dopo di lui... Poi, come i figli d'Israele lo abbiano rinnegato, abbiano tentato di ucciderlo, e come abbiano crocifisso un sosia credendo di averlo crocifisso, mentre invece Allàh lo aveva elevato a sé... Come egli abbia resuscitato i morti con il permesso del suo Signore, guarito i lebbrosi ed il cieco, tra tante prove miracolose... ed altrettante precisazioni che hanno fatto sì che - noi musulmani - credessimo alla nascita miracolosa di Gesù, alla sua profezia, alla sua venuta e alla sua scomparsa, alla guerra che gli hanno fatto gli israeliti e al sostegno che gli hanno dato gli apostoli. Tutto ciò, noi (musulmani) lo abbiamo appreso unicamente mediante il Corano... quel Corano che voi (cristiani) non avete mai letto e a cui non avete prestato fede a causa del fanatismo cieco contro al nazione araba, a causa della fuorviante propaganda israeliana... a causa dell'ignoranza derivante dal fatto che non avete preso conoscenza della verità del Corano e della verità del profeta Maometto, al quale Allàh ha dettagliatamente raccontato la storia di Gesù Cristo e quella degli altri profeti del santo Corano. È per tale motivo che faccio appello alle nuove generazioni del mondo cristiano al fine di provocare una rivoluzione culturale nel pensiero e nei concetti del mondo cristiano, il quale ha registrato una regressione e comincia a disgregarsi... E in questo caso, esso ha nuovamente bisogno di un Savonarola, di un Martin Lutero, o di un Calvino. La pace sia su colui che segue il giusto cammino»186. Colonnello Moammar Gheddafi Guida della Gloriosa Rivoluzione del Primo Settembre APPENDICE III L'ISLÀM ED
IL CONCILIO VATICANO
II
Il 28 ottobre 1965, ovvero a poco meno di due mesi dalla chiusura
del Concilio Vaticano II, i Padri conciliari riuniti in quell'assise
approvavano quasi all'unanimità la «Dichiarazione
NOSTRA AETATE sulle relazioni della Chiesa con le religioni non
cristiane», un documento basilare per chi voglia comprendere la
portata del cosiddetto «dialogo ecumenico» e la direzione impressagli
a viva forza e portata avanti a tutti i livelli dalle massime autorità
ecclesiastiche in questi ultimi trent'anni. Nel secondo paragrafo, i
Pastori della Chiesa, dopo aver ricordato che «la
Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo nelle altre
religioni», e che «essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere,
quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti
differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia riflettono
un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini», passano
ad esaminare singolarmente prima la religione musulmana (§ 3), indi
quella ebraica (§ 4). Rileggendo alla luce dei fatti e delle
conclusioni che via via sono emersi nel corso di questo breve compendio,
quanto questa Dichiarazione affermi a proposito della religione di
Maometto, non si può fare a meno di chiedersi se la religione di cui
questa Dichiarazione parla con tanta «stima»
- del tutto immotivata - sia la stessa di cui parla il Corano, o se si
tratti di un altro credo, frutto di fantasie ecumeniche di
insignificante valore teologico e storico. Certi del fatto che la
lettura del paragrafo relativo all'islàm costituisca il primo passo per
cogliere in profondità l'attuale modus
operandi della gerarchia e di buona parte del clero, ed il
conseguente smarrimento di non pochi buoni cristiani, riportiamo per
intero la parte che questa Dichiarazione dedica ai seguaci di Allàh.
La religione musulmana
3.
«La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio,
vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del Cielo
e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi
con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è
sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri vi si
riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano
tuttavia come un profeta; onorano la sua Madre Vergine, Maria, e
talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del
giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così
pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto
con la preghiera, le elemosine e il digiuno. Se, nel corso dei secoli,
non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il
sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare
sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere
insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la
pace e la libertà».
Roma, 11 dicembre 1984: «Si è svolta la posa della prima
pietra della moschea di Roma. La Santa Sede era rappresentata da Padre
Marcellon Zago del Segretariato per le opere non-cristiane che ha
dichiarato: «Siamo molto contenti che a Roma si apra un nuovo luogo
di culto». (Cfr.
da La Croix del 14.12.1984). TAVOLA DELLE
MATERIE CAPITOLO
I - INTRODUZIONE GENERALE
Attualità dell'islàm
Obiettivi e limiti di questo studio
Principali fonti utilizzate
Il Corano
Islam,
credo ed istituzioni
Dialogo
islamico-cristiano CAPITOLO
II - LA CULLA DELL'ISLÀM 1.
IL QUADRO GEOGRAFICO 2.
IL QUADRO UMANO
q
I beduini
q
Gli ebrei
q
I cristiani 3.
IL QUADRO RELIGIOSO PREISLAMICO PRESSO
I BEDUINI DELL'HEGIAZ
q
Politeismo e litolatria
q
Un tempio pagano recuperato dall'islàm: la Caàba 4.
IL QUADRO ECONOMICO E POLITICO
q
La Mecca, crocevia commerciale
q
Nessuna struttura politica CAPITOLO
III - IL FONDATORE: MAOMETTO 1.
Le fonti storiche
q
Lacune ed incertezze
q
Realtà, leggende ed estrapolazioni 2.
LE PRINCIPALI TAPPE DELLA VITA DI MAOMETTO
q
Dalla nascita alla predicazione
Nascita
Infanzia e giovinezza
Maometto era analfabeta?
Difficoltà di traduzione
dalla lingua araba
Primo matrimonio di
Maometto q
Gli inizi della carriera religiosa di Maometto
La vocazione
Le influenze: giudaismo e
nestorianesimo q
Principali tappe della carriera religiosa
Primo
periodo meccano
Periodo
medinese
L'anno
I dell'islàm: l'égira
Secondo
periodo meccano q
Morte e successione di Maometto
Morte
La
successione: le donne di Maometto
La
successione: discendenza di Maometto
La
successione: intrighi e discordie 4.
BREVI NOTE SU MAOMETTO E SULLA NASCITA DELL'ISLÀM
q Fin
dalla sua nascita l'islàm si caratterizzò per
q Maometto
fu un profeta?
132 Secondo il consigliere dell'arcivescovado di Parigi per gli affari musulmani, è stato necessario ricordare che, nei matrimoni misti, il coniuge cattolico, che non vuole abbracciare l'islàm, non potrebbe - anche solamente per migliorare la convivenza del momento - pronunciare questa formula, perchè essa ha la portata di un'iniziazione. Questo richiamo è stato reso necessario in seguito ad alcuni comportamenti erronei. 133 Cfr.
H. LAMMENS, op. cit., pag. 77. Il
Corano non specifica quante devono essere le salàt quotidiane: due
sicuramente, e forse tre. 134 Se manca
l'acqua per le abluzioni il musulamano può purificarsi con la
sabbia, mentre in mancanza di un tappeto, egli utilizzerà, come
succede in moltissime fabbriche francesi, un semplice pezzo di
cartone da imballaggio, il quale simbolizza - come il tappeto - il «sacro
suolo della Mecca». 135 Come farà
quel credente che non può disporre di questi segnali? Abbiamo
conosciuto delle tribù che vantavano il «trucco» del filo e nero
e del filo bianco: «Tu li metti vicino l'uno all'altro: al mattino, quando potrai
distinguerli, significa che è il momento di iniziare il digiuno. Al
calare della notte, ovvero quando non sarà più possibile
distinguerli, allora sarà finita la giornata di digiuno». 136 Così, una donna delle pulizie che, mentre che tutti i suoi correligionari festeggiavano l'ìd-al-fitr (la fine del Ramadàn), si rifiutò ostinatamente di pranzare. «Perché Erkia? Non sai che il Ramadàn è finito? Sì, ma tu sai bene che sono stata ammalata un giorno e che quindi devo recuperarlo»! 137 Cfr.
H. LAMMENS, op. cit., pag.
82. 138 Cfr. S. HUGROGNE, citato da H. LAMMENS, op. cit., pag. 83. 139 In certi
stabilimenti, la pratica religiosa musulmana, scesa dopo diversi
anni al 3 o al 4%, ritornò nel giro di alcuni mesi al 100% o quasi,
in occasione di avvenimenti simili a quello appena descritto. 140 M. Kasimirsky precisa in nota che si tratta della setta cristiana dei sabei, e non dei sabei adoratori degli astri, e dunque politeisti. 141 Sura III, 79: «Chi professerà un culto che non sia l'islamismo, non ne caverà alcun frutto e sarà nel novero dei riprovati. Come mai Allàh illuminerebbe quelli che, dopo aver creduto, e resa testimonianza alla verità del profeta, dopo esser stati testimoni dei divini oracoli ritornano all'infedeltà? Allàh non guida i malvagi. Loro mercede sarà la maledizione di Allàh degli angeli e degli uomini. Ne saranno eternamente coinvolti. Il loro supplizio non si addolcirà e Allàh non li guarderà mai». 142
Cfr. H. LAMMENS, op.
cit., pag. 82. 143
Nella nuova edizione del
Corano di M. Kasimirsky, si è creduto opportuno di sotituire il
termine «umiliati» con «sottomessi»,
rendendone così insipido il significato. 144 L'esperienza
mostra, tuttavia, che il cristiano che si è convertito all'islàm
viene raramente accettato nella comunità in modo del tutto
completo. 145
Cfr. CARRA DE VAUX, op.
cit., pag. 1142. 146
A ciò si aggiunga, ad
esempio, che a quelle poche chiese presenti in Arabia Saudita è
assolutamente proibito suonare le campane o esporre sulla loro
sommità la croce. 147
Cfr. H. LAMMENS, op.
cit., pag. 82. 148
Cfr. Ibid.,
pag. 108. 149
Cfr. Ibid.,
pag. 136. 153
«La
donna è inferiore all'uomo o, per essere più precisi, ne vale la
metà. Perciò, in tribunale, due testimoni di sesso femminile ne
valgono uno di sesso maschile»
(Cfr. B. M. SCARCIA, Corriere della Sera del 12.02.91, cit. in S. NITOGLIA, op.
cit., pag. 26). 154 «La donna, a causa della sua ragione difettosa, è sempre disposta a cercare dei guai senza motivo» (nota di M. Kasimirsky presente nella sua traduzione di questo versetto). 155
Uno dei nostri
interlocutori si indignò retrospettivamente di queste pratiche
abominevoli. Gli facemmo tuttavia notare che, dopo venti secoli di
cristianesimo, la Legge Veil (che in Francia regola l'interruzione
volontaria della gravidanza N.d.T.) ha fatto molto meglio in
seguito. 156
«Quando
questo versetto scese dal cielo, la maggior parte degli arabi aveva
otto o anche dieci donne che spesso trattavano brutalmente»
(Cfr. Il Corano, nota n. 1
di A. Fracassi, pag. 61). 157 La stessa Sura,
al versetto seguente appena citato così prosegue (Sura IV, 4): «Scegliete quelle che vi saranno piaciute. Se non potete mantenerle
degnamente, non pigliatene che una o limitatevi
alle vostre schiave». 158 Così continua la medesima Sura al versetto successivo (Sura XXXIII, 48): «Ti è concesso di ricevere nel tuo letto quella che avevi rifiutata, onde ricondurre la gioia in un cuore preso dalla tristezza (povero Maometto, che sacrificio eroico!!!). Il tuo volere sarà la loro legge. Essi vi si adatteranno. Allàh conosce il fondo della vostra anima. Egli è saggio e vigilante. Non ne aggiungerai al numero presente delle tue spose; non potrai cambiarle con altre la cui avvenenza ti abbia rapito, ma la frequentazione delle tue schiave ti è sempre concessa. Allàh osserva tutto». 159Il ricorso - del tutto circostanziale e in mancanza di meglio - all'espressione «immigrato della 2ª generazione» non ci dispensa dal rilevarne di sfuggita l'assurdità. 160
L'insertion des jeunes d'origine étrangère dans la
societé française, Parigi, pag. 58. 161 Gli
articolisti della Documentation
Française giudicarono illegale questa pratica, auspicando
l'intervento del Ministero dell'Educazione nazionale al fine di far
cessare questo fenomeno, e proposero di creare dei centri per
ricevere le fuggitive musulamane le cui reintegrazione nella
famiglia apparisse impossibile... Dieci righe più sotto, gli stessi
articolisti - affinché i bambini d'origine straniera possano «valorizzare la loro identità culturale» - proposero che
l'insegnamento di queste culture, «civiltà,
arte, storia e religione
(il grassetto è nostro) venga
inserito nei programmi delle nostre scuole»!! 162 Ciononostante,
la superiorità dell'uomo sulla donna non viene solamente suggerita,
ma viene a più riprese chiaramente affermata nello stesso Corano. 163
Cfr. G. TILLON, Les
cousins et le harem, Seuil 1966, pag. 170; cit. da M. BERGÉ. Ma
in questo caso, bisognerebbe constatare che questo progresso
decisivo dell'islàm segna il passo dopo 13 secoli! 164 Cfr. M. BERGÉ, Les Arabes, Ed. Lidis, Parigi 1978, pagg. 571-572. A dimostrazione della totale infondatezza dell'immagine contraffatta e idilliaca dell'islàm che Bergé ed altri autori cercano di diffondere ed imporre in Occidente, riportiamo di seguito alcuni pareri o citazioni di quotati arabisti sulla condizione femminile e sul concetto della donna presente nel mondo islamico: «In un mercato si acquista la merce, nel matrimoni si acquista la zona genitale della donna» (Cfr. O. BUCCI, La donna comprata nel matrimonio islamico, su Il Tempo del 10.02.92); «Questa concezione piuttosto brutale dell'unione dei sessi si colora maggiormente di materialismo ove si accetti l'opinione, che è l'affermazione dei giuristi più antichi, di ch pensa essere il matrimonio null'altro che una compera della donna» (Cfr. E. BUSSI, Princìpi di diritto musulmano, pag. 93); Secondo l'islamista Bianca Maria Scarcia, il matrimonio islamico, a differenza di quello cristiano, «non è finalizzato alla procreazione. Sposarsi è innanzitutto la legalizzazione dell'atto sessuale. Il Corano insiste sull'importanza del piacere e il paradiso che prevede si fonda su gioie simili» (Cfr. B.M. SCARCIA, intervista su Il Corriere della Sera del 10.02.91); «È normale che il personale femminile dell'harem (in arabo la parola «harem» significa «famiglia» N.d.T.) si rinnovi per divorzio annuale, perfino mensile o settimanale». [...] «Quando l'uomo muore quello che era il suo harem, e di cui la sua autorità era il solo legame, si dissolve all'istante; inizia un altro harem, senza rapporto di continuità con quello che è scomparso. La famiglia musulmana è vitalizia. Non è mai la famiglia di Un Tale; è semplicemente l'harem di un tale» (Cfr. E.F. GAUTIER, Moeurs et coutumes musulmans, pagg. 36 e 42; tutte le citazioni in S. NITOGLIA, op. cit., pagg. 25-27). 165
Ecco i nomi delle
principali sette islamiche: i Sunniti, gli Hanifiti, i Malikiti, gli
Sciafiiti, gli Hanbaliti, i Zaiditi, gli Ismailiti, i Qarmati, i
Fatimidi, i Nizariti (il cui «imàm» porta il titolo di «aga
khan»), i Khojas, i Bohora, gli Imamiti, i Nusairiti, i Khàrijiti,
gli Ibaditi, i Wahhàbiti (considerati non a torto tra i più
intolleranti ed a anti-cristiani), gli Yazidi, i Drusi (che credono
nella trasmigrazione delle anime), gli Ahmadìya, ecc... (Cfr. Enciclopedia
delle religioni, pagg. 489-497). 166
Cfr. H. LAMMENS, op.
cit., pag. 181. 167 «Secondo l'insegnamento della «shìa», Maometto, poco prima di morire avrebbe iniziato ai più profondi misteri dell'islàm il cugino e genero Alì, il quale avrebbe poi trasmesso questo «sapere esoterico» alla sua famiglia. I suoi diretti discendenti vengono perciò considerati imàm, ovvero «guide» e custodi di questa segreta sapienza» (Cfr. Enciclopedia delle religioni, pag. 491). 168 Si tratta di un'opera non certamente priva d'interesse, ma le cui ripetizioni ne rendono la lettura straordinariamente noiosa. 169
Cfr. Le Coran, nota n. 1, pag. 450. 170
Cfr. CARRA DE VAUX, Dictionnaire
Théologique, pag. 1144. 171
Cfr. H. LAMMENS, op.
cit., pag. 148. 172 Cfr.
H. LAMMENS, op. cit., pag.
151. La parola «sufismo»
deriva dal termine arabo «suf»,
(=«stoffa di lana grezza»), materiale utilizzato per confezionare
le vesti di quesgli asceti e mistici da cui il movimento prese avvio
(Cfr. Enciclopedia delle
religioni, pag. 511). 173
Cfr. H. LAMMENS, op.
cit., pag. 157. 174
Cfr. H. LAMMENS, op.
cit., pag. 163. 175
«La
confraternita dei Mawlawìya deve la sua origine al celebre poeta e
mistico persiano Gialàlùd ad-Dìn Rùmì (1207-1273); essa fu
fondata in Asia Minore, a Konya, e viene designata come
Confraternita di Nostro Signore. Gli appartenenti a quest'ordine -
chiamati anche «Dervisci danzanti» - eseguono tutti venerdì, come
esercizio spirituale, danze rituali finalizzate al raggiungimento
dell'estasi. [...] Oggi la confraternita è diffusa in tutta l'Africa Settentrionale. I
suoi membri, che nutrono sentimenti ostili nei confronti dei
cristiani e degli europei, hanno un forte spirito missionario.
[...] I Sufi, per il raggiungimento graduale dell'estasi, hanno dei metodi («tarika»)
che, se utilizzati in modo scorretto, possono portare
all'annientamento dell'io («fanà»), mentre la loro giusta utilizzazione conduce all'unione mistica con
Allàh («tauhìd»). È a
questo scopo che vengono praticati gli esercizi spirituali e
liturgici, singoli e collettivi, consistenti in abluzioni, musiche e
danze. Presso i già citati «Dervisci danzanti», i religiosi,
disposti in un doppio cerchio, ruotano in una specie di girotondo -
spesso con l'accompagnamento di strumenti musicali - tenendo le
braccia allargate, mentre uno di essi balla al centro del cerchio,
muovendosi in senso antiorario. Presso alcune confraternite, le
danze sono accompagnate, oltre che dalla musica di flauti e tamburi,
pure da invocazioni sussurrate, che altro non sono se non la
ripetizione ossessiva del termine «Hu»
(=«Egli», ovvero Allàh)» (Cfr.
Enciclopedia delle religioni, pagg. 513-514). 176 Questa
corrente deve il suo nome a Kemal Atatürk Mustafa (1881-1938) uomo
politico turco che promosse la modernizzazione e la laicizzazione
del suo paese abolendo il califfato e riconoscendo la parità dei
sessi ed il suffragio universale. 177 Cfr. H. LAMMENS, op. cit., pag. 182. Quanto alla massiccia presenza della setta massonica in terra musulmana, sarà utile ricordare l'esistenza di un rito particolare proprio della massoneria turca, e di una Grande Loggia in Iran, fondata da Sayed Jamal al-Din, il padre del panislamismo, che annovera tra i suoi affiliati buona parte dei membri del Governo di quel paese (compresi molti parenti ed amici del defunto ayatollàh), i cui nomi sono apparsi in una lista che si trova in una lettera indirizzata dal segretario della Grande Loggia al Gran Maestro della stessa (Cfr. Tutti i massoni dell'ayatollàh Khomeiny, in Chiesa Viva, n. 199, settebre 1989, pag. 8). 179
Atti degli Apostoli
IV, 8-12. 180 Lettera ai
Filippesi, II, 10-11. 181 Sura XIX,
92-93. 182 Sura V, 19. 183 «Esploratore ed eremita francese (1858-1916); dopo una gioventù dissipata come brillante ufficiale e dopo aver a lungo viaggiato per le montagne dell'Atlante, Charles de Foucauld si convertì a vita religiosa ed entrò nei Trappisti (1890), e per alcuni anni visse come frate Alberico in monasteri di Francia, Siria ed Algeria. Uscito poi dall'Ordine per desiderio di maggiori penitenze, fu eremita a Nazaret e a Gerusalemme; sacerdote nel 1901, se ne andò a vivere come anacoreta in Algeria, dove la sua santa vita e carità apostolica verso gli indigeni gli fecero dare il soprannome di «marabù cristiano». Fu ucciso dai Tuareg nel deserto. Progettava una Congregazione di Piccoli Fratelli del Sacro Cuore di Gesù per le missioni tra i maomettani, che fu realizzata soltanto più tardi» (Cfr. Dizionario Ecclesiastico, Ed. Torinese, Torino 1953, pagg. 1159-1160, v. FOUCAULD). 184
Cfr. Il
Corano, Sura LXI, 6; per tutto quello che riguarda la questione
di Gesù Cristo precursore di Maometto, vedi a pag.
185 Come abbiamo
già illustrato al lettore alla pag.
di questo opuscolo, nella Sura XIX, il Corano sotiene che
Maria fosse la figlia d'Amram, padre di Mosé ed Aronne e
contemporaneamente sposo di Anna. Ci dispiace per il «profeta»
Maometto, ma Miriam, la sorella di Mosè e di Aronne, è vissuta
circa 4.000 anni prima di Maria, Madre di Gesù Cristo. 186 Cfr. dal settimanale L'Homme Nouveau, del 15.04.1984. |