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Gregorio XVI
Sextus iam


1 febbraio 1836

Inizia ormai il sesto anno, Venerabili Fratelli, da quando, sebbene indegni, siamo stati posti, per l’imperscrutabile volere di Dio, in questa sede del Beato Pietro.

Potessimo accogliere quegli auspici che, nel giorno anniversario della Nostra elevazione al trono pontificio, in ossequio alla tradizione, Ci presenterete animati da sincera benevolenza, con quell’intimo senso di gioia che dovrebbe far seguito alla manifestazione dei vostri sentimenti nei Nostri confronti! L’attuale situazione è decisamente troppo infausta e avversa ai nostri desideri!

Abbiamo infatti dovuto prendere atto che i mali penetrati nella Chiesa all’inizio del Nostro Pontificato, non solo non si sono ridimensionati in nessun luogo, ma anzi sono cresciuti di giorno in giorno a tal punto che non Ci è possibile reprimere il dolore che Ci opprime neppure in presenza di espressioni di augurio e di felicitazione.

Siete tutti a conoscenza, per non parlare di altre cose, della situazione della Chiesa nel Regno del Portogallo. Ci siamo lamentati, ripetutamente e con forza, in questo vostro consesso, delle ingiustizie di cui è stata fatta segno e dei delitti commessi contro il suo sacro potere e contro la sua libertà. È veramente una situazione insostenibile e indegna per un popolo che si vantava di ubbidire a Sovrani insigni per il titolo di Cristianissimi.

Dopo le Nostre iterate istanze ed esortazioni, dopo le innumerevoli dimostrazioni di infinita pazienza, non si è cessato di portare vergognosissimi attacchi alla Chiesa e ai suoi sacri diritti, né si è in alcun modo provveduto a riparare i danni inferti all’intero mondo cattolico con un simile malvagio comportamento. Si aggiunse a tutto ciò, quasi per colmare la misura dell’ostinazione, la volontà di promuovere, con somma impudenza, un esiziale scisma, suscitato dagli intrighi dei nemici della Chiesa e della Religione, da uomini di così grande malvagità, entrati subdolamente a far parte del governo di quella Chiesa, da spingere la loro audacia e il loro delitto al punto di arrogarsi il potere, di cui erano assolutamente privi, di interdire ai fedeli, sotto pena di scomunica, la comunione con questa Sede Apostolica.

Non è certo difficile per voi comprendere quanto tutto questo esasperi il dolore che da tempo insiste nel Nostro animo, e Ci confermi nel proposito, maturato già da tempo, di far fronte, per quanto Ci è possibile, a questo male, in forza del dovere apostolico e del potere a Noi conferito da Dio.

Per la verità non si limitano solo a questo i motivi del Nostro dolore. Pure voi, Venerabili Fratelli, che siete chiamati a condividere gli impegni del Nostro governo, sapete benissimo che, mentre siamo profondamente afflitti per questi mali, ecco sorgere in altro luogo un gravissimo motivo per aggiungere lacrime a lacrime. Chi può mai ignorare l’estrema situazione di disagio, nata dallo scompiglio che scuote dalle fondamenta il Regno di Spagna, finora sommamente deferente verso questa Sede Apostolica?

Essendo sorta in quel luogo una lotta sulla supremazia del potere, secondo la prassi seguita dai Nostri Predecessori, abbiamo Noi stessi proposto una linea di condotta che non ledesse in alcun modo i diritti di nessuno. Mentre – spinti da un sincero desiderio di pace e dalla preoccupata sollecitudine per i fedeli dimoranti in quel Regno tanto esteso – esprimevamo apertamente le Nostre intenzioni agli interessati, rendevamo palese il Nostro proposito di pervenire, sulle questioni di comune interesse, ad un accordo che, una volta definito, restasse valido per entrambi. Ma poiché ciò non Ci veniva assolutamente concesso se non a condizioni del tutto contrarie alla Nostra proposta, che pure era stata giudicata equa sotto ogni aspetto, Ci siamo dati da fare perché il Venerabile Fratello Luigi Arcivescovo di Nicea (succeduto al Nostro diletto figlio Francesco, Cardinale di Santa Romana Chiesa e Vescovo di Jesi, che partiva per raggiungere la sua diocesi) venisse accolto come Delegato Nostro e della Sede Apostolica, per affrontare i problemi religiosi, con l’esclusione di tutti gli affari di natura politica.

Anche a questa Nostra iniziativa furono contrapposte delle condizioni, apparentemente diverse ma non dissimili, nella sostanza, da quelle precedenti, con l’intento di farci recedere dal Nostro proposito.

Pertanto è successo che la presenza nel Regno di Spagna di colui che avevamo inviato per operare come Nostro rappresentante, è risultata del tutto inefficace e inutile. Come poteva ciò non tradursi, col trascorrere del tempo, in un oltraggio verso questa Sede Apostolica e in un danno per la Religione?

Dopo aver dato vita a questo stato di confusione negli affari della Chiesa, si cominciò a definire e ad emanare provvedimenti con il chiaro proposito di violare i suoi diritti, di saccheggiare i suoi beni, di perseguitare i suoi Ministri e di creare motivi di disprezzo per l’autorità della stessa Sede Apostolica. Riflettono proprio questa intenzione le leggi con le quali si attribuisce ai Vescovi, nella maggior parte dei casi, la censura dei libri, ma si sottopone la loro decisione all’appello del tribunale laico; si istituisce un Consiglio con l’incarico di definire una norma generale di riforma degli affari ecclesiastici e, con la stessa legge, si fa divieto anzitutto di accogliere novizi negli Istituti Regolari, poi si aboliscono numerosi Conventi, i cui beni vengono aggiudicati all’erario, e i Monaci, a seconda della particolare situazione di ciascuno, vengono sottratti alla giurisdizione dei Superiori a cui erano soggetti o vengono ridotti allo stato laicale. A tutto questo si deve aggiungere la rimozione dei Pastori dalle loro Diocesi, il bando dei Parroci e la crudele persecuzione di tutto il Clero, il pieno dispregio dei diritti della sacra immunità e l’interdizione ai Vescovi del potere di ammettere liberamente i Chierici ai Sacri Ordini.

Tutte queste disposizioni, ignobili e assolutamente inaccettabili, venivano rese operanti, con impudenza, sotto gli occhi dell’Arcivescovo di Nicea, senza che gli fosse permesso di difendere, con le dovute istanze, la causa della Chiesa e di questa Sede Apostolica. Da ciò prendeva corpo il grave scandalo di tutte le persone rette, che dal suo silenzio potevano arguire la connivenza o, perlomeno, la tolleranza della Sede Apostolica.

Poiché dunque la santità del Nostro Ministero Apostolico non poteva più a lungo tollerare un così grave disonore per il potere ecclesiastico, abbiamo deciso di ordinare al Nostro Venerabile Fratello di allontanarsi dal territorio della Spagna: il che è avvenuto pochi mesi orsono.

Persistendo peraltro nella volontà di onorare l’impegno del Nostro Ufficio, come richiesto dalla gravità della situazione, non abbiamo esitato a protestare più volte contro le offese recate alla Chiesa e a questa Cattedra del Beato Pietro, e a inoltrare reclami a coloro che avrebbero dovuto provvedere alla loro riparazione.

Tuttavia dobbiamo riferirvi, con dolore e con animo contrariato, che le proteste e i richiami della voce Apostolica non hanno sortito alcun effetto.

È per questo che, approfittando della vostra odierna riunione, abbiamo ritenuto doveroso palesarvi ogni cosa, perché sia chiaro a tutti che respingiamo con forza le summenzionate leggi, emanate con così grande dispregio dell’Autorità Ecclesiastica e di questa Santa Sede e con così rilevante danno della Religione, e le proclamiamo completamente inefficaci e nulle.

Ora pertanto, ricorrendo la solenne commemorazione di quel giorno santo in cui la Vergine Madre di Dio entrò nel Tempio per presentare al Padre Celeste il Figlio Unigenito, l’Angelo della Promessa, il Re pacifico tanto a lungo atteso sulla terra, esortiamo tutti quanti voi qui presenti e partecipi del Nostro dolore, perché vi rivolgiate umilmente a Lei unendovi a Noi nella comune supplica, e invochiate il Suo potente intervento nella lacrimevole situazione della Chiesa, affinché per mezzo di Lei, che ha il potere di annientare tutte le eresie, eliminate le controversie, sedate le tempeste, la Figlia di Sion, restituita alla pace e alla tranquillità, deponga il lutto, si liberi dalle gramaglie e rivesta l’abito della gioia.