LE RAGIONI DEL REVISIONISMO STORICO CONTRO LA MENZOGNA OLOCAUSTICA


INDICE

1) PREMESSA

2) LA VERITA' E LA "TEORIA DELLA STORIA"
3) POPOLAZIONE ED EMIGRAZIONE
4) LE CAMERE A GAS
5) AUSCHWITZ
6) AUSCHWITZ: LE CAMERE A GAS
7) AUSCHWITZ: I FORNI CREMATORI
8) TREBLINKA
9) BELZEC
10) MAJDANEK
11) LA RISIERA DI SAN SABBA
12) I CAMPI DELL'OVEST
13) LE TESTIMONIANZE
14) I DOCUMENTI DELLA CROCE ROSSA
15) LA "SOLUZIONE FINALE"
16) I PROCESSI
17) PERCHE' SEI MILIONI?
18) CONCLUSIONE
19) BIBLIOGRAFIA REVISIONISTA
20) NOTE

PREMESSA

Scopo di quest'opera è introdurre alla tematica del revisionismo storico olocaustico da un punto di vista che sia nettamente contrapposto a quello degli storici e dei giornalisti di regime.

Coloro i quali dovessero per la prima volta imbattersi nella possibilità di confrontarsi con l'altra campana, quella cioè che si contrappone alla storia impostaci come "vera" dal regime, non perdano occasione di confrontarsi con essa, qualunque sia il credo politico o religioso al quale appartengono.

Il revisionismo è essenzialmente un metodo di ricerca storica, la normale metodologia storiografica applicata da tutti gli storici a tutte le epoche della storia.

Il revisionismo non ha colore politico: il caposcuola riconosciuto di questa corrente storiografica è un socialista francese, Paul Rassinier, ex combattente nella "resistenza" francese e detentore di decorazioni e medaglie per l'attività antinazista svolta durante l'occupazione tedesca della Francia.

Moltissimi sostenitori del revisionismo in Francia sono uomini di sinistra: infatti la principale casa editrice che pubblica scritti revisionisti è la sinistrorsa "Vieille Taupe".

Il professor Faurisson è un radical-libertario, il revisionista svedese Ditlieb Felderer è un testimone di Geova. Uno dei migliori revisionisti americani è il giovane ebreo David Cole. Anche in Italia esistono revisionisti dell'area della sinistra comunista, come Cesare Saletta.

La differenza fondamentale tra la metodologia storiografica sterminazionista(1) e quella revisionista risiede in questo fatto: la prima ha eletto a principio una pressoché assoluta acriticità nei confronti delle fonti, in particolare delle testimonianze oculari, da essa ingenuamente o maliziosamente accettate aprioristicamente come veritiere, come se non esistesse affatto il problema delle false testimonianze.

La seconda, invece, respinge ogni forma di dogmatismo storiografico ed affronta tale problema sottoponendo a critica tutte le fonti e utilizzando le armi della scienza e del confronto incrociato delle testimonianze e dei fatti.

In particolar modo, ciò che il revisionismo contesta fermamente è l'arbitraria interpretazione dei documenti forniti dalla storia ufficiale col pretesto che essi sarebbero redatti in una sorta di linguaggio cifrato(2).

Per quanto concerne le testimonianze dei "sopravvissuti", gli storici di regime accettano come vera qualunque testimonianza avvalori l'olocausto degli ebrei e l'esistenza delle camere a gas; rinunciano continuamente, ed in perfetta malafede, al principio fondamentale di qualunque storiografia seria: la critica delle fonti; questo ben sapendo che tali testimonianze non resisterebbero a una normale critica storica.

Quale esempio di assoluta acriticità degli storici sterminazionisti verso i cosiddetti "documenti", basti ricordare che, a Norimberga, i sovietici presentarono come documento d'accusa i risultati dei lavori della commissione di inchiesta che aveva indagato sul massacro di Katyn, la quale aveva accertato, sulla base di più di cento testimoni, di perizie medico-legali e di documenti ed elementi di prova, che l'eccidio era stato perpetrato dai tedeschi. Ora è assodato che la responsabilità dell'eccidio di Katyn è dei russi, e questo anche per gli storici ufficiali.

La falsificazione dei documenti non può tuttavia sortire grandi effetti propagandistici, per far ciò occorrono i filmati... con essi è molto facile suggestionare, anche chi scrive inizialmente subì, e pesantemente, tale suggestione, essendo, come tutti, spettatore in assoluta buona fede.

Ma pochissimi sanno che i documentari girati dagli Alleati nei campi di concentramento furono montati da un esperto di films dell'orrore: Alfred Hitchcock, chiamato, per la bisogna, espressamente da Hollywood.

Ancor più pochi sanno che le scene del documentario relative ad Auschwitz furono girate dai Sovietici nel gennaio 1945, e che, a questo proposito, un comunicato dell'agenzia Ansa-Reuter precisa: "Si vedono scene fatte qualche settimana dopo la liberazione. Le autorità sovietiche fecero ripetere le scene dell'arrivo, per i cineoperatori: stavolta i liberati corrono felici verso le uscite per abbracciare i russi".

Nessuno dice che ad Auschwitz, come in altri campi, nell'aprile 1945 infuriava una terribile epidemia di tifo petecchiale, che fu provocata sia dal sovraffollamento sia dal tragico deterioramento delle condizioni igieniche, sanitarie ed alimentari dei campi, a cui contribuirono non poco i bombardamenti terroristici degli Alleati. Ciò è tanto vero che nell'agosto 1945 nella sola Berlino morivano 4.000 tedeschi al giorno.

Le cose vere negate, anche contro ogni evidenza, le falsità costantemente propagate con ogni mezzo di comunicazione di massa; ed allora, cosa fare per restaurare la verità? La lettura e la diffusione di questo testo può indubbiamente giovare.

LA VERITA' E LA "TEORIA DELLA STORIA"

Partendo dalla consapevolezza che certe verità sono scomode, e non potranno che generare l'odio di chi le ha sempre negate, riteniamo che sia impossibile per noi chiudere gli occhi dinnanzi a tali falsità, soprattutto se queste menzogne hanno il fine di obbligare i popoli sconfitti d'Europa a rimanere inchiodati in posizione di vassallaggio materiale, psicologico e morale nei confronti dei "liberatori" che ancora oggi mantengono ingenti forze militari nei loro territori.

L' "Olocausto", con i suoi "sei milioni" e le sue camere a gas sempre pronte a comparire e ad essere agitate dalle varie organizzazioni paladine e depositarie della "Verità Suprema" (Anti-defamation League, Lega Internazionale contro il Razzismo e l'Antisemitismo, ecc.) sono e restano la principale arma di ricatto morale che gli "Stati Uniti d'Israele (3)" detengono.

Le suddette organizzazioni "antirazziste", agendo in collaborazione con le voci del potere (giornali, televisioni, case cinematografiche ecc.) e con i suoi bracci armati (polizie, eserciti d'occupazione), impongono la menzogna olocaustica come verità indiscutibile, pena la reclusione, in base a ciò che Burckhart chiamò: "teoria della storia". Egli affermò che l'assunzione alla base di detta teoria può essere espressa in questi termini "La storia è quello che un'epoca ritiene utile giudicare di un'altra.".

Ogni commento appare superfluo.

Vi è però da obiettare che, se certamente l'ermeneutica, ovvero la critica e l'interpretazione della storia, può essere opinabile, le verità oggettive sulle quali tale critica si basa devono avere per forza "fondamenta" meno "ballerine", cioè meno "opinabili", meno "interpretabili".

Da un fatto certo si può partire per esprimere un giudizio quanto mai vario, ma il fatto deve pur sempre essere certo.

Purtroppo per chi ci comanda, si dà il caso che la chimica, la fisica, l'ingegneria ed altre dottrine scientifiche (ovvero scienze "esatte", e quindi non passibili di essere "utili" e "giudicabili") inconfutabilmente dimostrano che l'olocausto è una leggenda assolutamente priva di qualsiasi fondamento.

In altri termini è possibile dimostrare scientificamente, ovvero oggettivamente, che mai detto evento mai s'è verificato. E ciò al di la ed al di sopra di qualsiasi giudizio storico sul nazismo, sulla seconda guerra mondiale e sull'attuale status delle forze in campo in Europa.

Gli storici di regime ci presentano il "Grande Olocausto" come un delitto contro l'umanità. Ebbene, se di delitto si tratta, esaminiamone, proprio come in un delitto, le armi, i documenti, i luoghi, le maniere di far sparire i corpi, le testimonianze, le prove, così come farebbe un buon investigatore. Ovviamente, con la testa sgombra da "utili (pre)giudizi", e basandoci sempre e solo su dati scientifici, oltre che sulla versione dei fatti dataci dagli storici ufficiali, che tanto piacciono a chi ci governa.

POPOLAZIONE ED EMIGRAZIONE

Non si posseggono statistiche precise e particolareggiate della popolazione ebraica per i vari paesi, ma, da quanto ci è dato sapere da statistiche attendibili, neanche una piccola parte dei sei milioni di ebrei fu oggetto di sterminio.

Innanzitutto, il numero di 6 milioni non può reggere se si considera la popolazione ebraica europea.

Secondo la Chambers Enzyclopaedia, gli ebrei che vivevano in Europa prima della guerra erano 6.500.000. Questo significa che sarebbero stati tutti uccisi.

Ma, secondo il giornale svizzero Baseler Nachrichten, che utilizza materiale statistico di fonte ebraica, stabilisce chiaramente che tra il 1933 e il 1945, 1.500.000 ebrei erano emigrati in Inghilterra, Portogallo, Australia, Svezia, Palestina e USA.

Oltre agli ebrei tedeschi, più di 400.000,secondo i dati del Congresso Ebraico Mondiale, anche gli ebrei dell'Austria emigrarono (siamo sull'ordine di 220.000).

Come conferma l'Istituto per l'Emigrazione Ebraica di Praga, più di 260.000 ebrei partirono dalla Cecoslovacchia a partire dal marzo 1939.

Dalla Polonia ne erano emigrati, fino a prima della guerra, circa 500.000. Facendo i conti, gli ebrei partiti da altri paesi europei ammontavano a circa 120.000. L'esodo ebraico ridusse la popolazione ebraica europea a circa 5.000.000 di unità.

Si tenga poi conto degli ebrei fuggiti in URSS e che quindi erano fuori portata dell'esercito tedesco. Si può affermare che, complessivamente, abbiamo 1.550.000 ebrei in Unione Sovietica.

Con questo, la popolazione ebraica europea si riduce a circa 3.500.000, a cui vanno sottratti gli ebrei dei paesi neutrali o alleati.

Secondo il World Almanac del 1942, il numero degli ebrei in Svezia, Portogallo, Turchia, Svizzera, Irlanda, Inghilterra, Gibilterra e Svizzera era di 413.128.

Si afferma che il grosso degli ebrei sterminati era di nazionalità polacca (circa tre dei supposti sei milioni).

Si tratta di un errore grave. Nello stabilire l'effettivo numero di ebrei polacchi sotto il controllo del Reich, ci può essere d'aiuto lo scrittore Reitlinger, col suo testo "La soluzione finale".

Infatti ci informa, a pagina 52, che, secondo il censimento del 1931, in Polonia vivevano 2.732.600 ebrei.

Ma lui stesso ammette che più di 1.170.000 di essi si trovava nella zona orientale occupata poi dai russi nel 1939 e di questi ne fu evacuato circa un milione negli Urali e in Siberia dopo l'attacco tedesco alla Russia.

Ricordando i 500.000 emigrati di prima, togliendo anche i 250.000 ebrei fuggiti dalla Polonia occupata dai tedeschi (secondo il giornalista Raymond Arthur Davies), e tenendo anche conto dell'incremento demografico, otteniamo circa 1.100.000 ebrei polacchi sotto la dominazione tedesca(4).

Nel suo libro "The Dissolution of Eastern European Jewry"(IHR, Costa Mesa, 1983), l'americano Walter Sanning afferma, citando materiale di fonte ebraica, che nel "Governatorato Generale" non risiedevano più di 800.000 ebrei.

A questi si aggiungano i 360.000 ebrei rimasti in Germania, Austria, Boemia-Moravia e Slovacchia. Dei 320.000 ebrei francesi, il pubblico accusatore di parte francese al processo di Norimberga dichiarò che 120.000 di essi erano stati evacuati.

Aggiungendo gli ebrei olandesi, 140.000, belgi, 40.000, italiani, 50.000, jugoslavi, 55.000, ungheresi, 386.000 e rumeni, 725.000, otteniamo in complesso una cifra che non si discosta dai 3.000.000 di ebrei che si trovavano in paesi sotto controllo del Reich.

Per quello che riguarda gli ebrei russi, il giornalista ebreo David Bergelson(5) afferma sul giornale ebraico Ainikeit di Mosca, 5 dicembre 1942, che l'80 % degli ebrei russi era stato evacuato in Oriente prima dell'arrivo dei tedeschi(6).

Ciò significa che, sotto il controllo tedesco, non vivevano neppure la metà dei pretesi sei milioni.

Tenendo conto dei dati del Jewish Joint Distribution Committee, il numero di ebrei viventi dopo il cosiddetto Olocausto era di 1.559.600, il che significa che il numero di ebrei deceduti durante la guerra non potrebbe essere più di un milione e mezzo.

Questo solo se riteniamo esatto il numero di ebrei dato dal Jewish Joint Distribution Committee, ma le richieste di risarcimento avanzate da ebrei sopravvissuti ammontano a più del doppio.

Secondo le statistiche del Welt Almanach del 1938, sarebbero vissuti nel mondo 16.588.256 ebrei.

Dopo la guerra, il New York Times del 25 febbraio 1948 scriveva che il numero di ebrei nel mondo è da valutare secondo una cifra oscillante tra 15.600.000 e 18.700.000.

Questi dati dimostrano che gli ebrei morti durante la guerra non possono essere stati più di qualche migliaio: 15.500.000 meno i supposti 6.000.000 fanno 9.000.000.

Significherebbe, secondo il New York Times, che gli ebrei in tutto il mondo avrebbero avuto 7.000.000 di nascite in 10 anni, ivi compresi gli anni di guerra in cui le famiglie ebree furono disperse, separate e dovettero vivere in condizioni poco favorevoli alla procreazione. 7.000.000 di nascite che avrebbero quasi raddoppiato il loro numero, il che è impossibile e ridicolo.

D'altronde, dopo il 1945 giunsero illegalmente in Palestina, provenienti dall'Europa, bastimenti carichi di ebrei, provocando notevoli difficoltà al governo britannico(7).

Come si può vedere, non si può certo parlare di milioni di ebrei uccisi. Ma di milioni, anzi di miliardi si può parlare solo facendo riferimento ai marchi che annualmente la Germania versa nelle tasche degli Israeliti miracolosamente redivivi, i quali, avidi e corrucciati, rispuntano da tutte le parti.

LE CAMERE A GAS

Per quello che concerne le camere a gas, cominceremo il nostro discorso esaminando il tipo di gas. Si tratta dello Zyklon-B, a base di acido cianidrico.

L'acido cianidrico è stato utilizzato già da prima della Prima Guerra Mondiale per combattere topi e insetti dannosi.

E' quindi utilizzato abitualmente per impedire la diffusione di epidemie di tifo e peste su battelli ed edifici. E' classificato, secondo le normative CEE, come sostanza tossica e infiammabile. L'inalazione di forti quantità è letale in brevissimo tempo. Se viene inalato in piccole quantità causa mal di testa, vertigini, nausea e vomito.

Può essere assimilato anche per contatto con la pelle. Per riscaldamento o per azione di catalizzatori può esplodere, ed è quindi conservato in presenza di stabilizzanti.

Risulta instabile al contatto con l'acqua e, mescolato con aria diventa una potente miscela esplosiva.

Il suo odore è caratteristico, di mandorle amare, non spiacevole. Riesce ad uccidere tutti gli animali superiori e gli insetti, ma non i batteri: questo significa che non è un disinfettante.

Spesso è prodotto quando viene bruciata la cellulosa, costituendo un possibile pericolo in caso di incendio.

Gli effetti tossici sono: nausea, malessere diffuso, respirazione accelerata, svenimenti, coma, morte per arresto dell'ossidazione del metabolismo. La persona che lo maneggia deve indossare una tuta antichimica che copra tutto il corpo: di solito le maschere antigas non sono molto efficaci, ma per lo più può essere utilizzata, per brevi periodi di esposizione, una maschera con filtro di tipo "J", considerata la più "severa" di tutte. La ditta tedesca che sovrintese alla fabbricazione e alla distribuzione dello Zyklon-B fu la DEGESCH di Francoforte.

Veniva quindi distribuito assorbito su un supporto poroso come polpa di legno o terra di diatomee, confezionato in pasticche e sigillato ermeticamente in scatole di latta.

Le pasticche vengono sparse sul pavimento dell'area da fumigare. Questa è l'unica maniera per spargere efficacemente il gas: è quindi un falso il racconto secondo il quale il gas fosse immesso dai fori dei pomi delle docce, tecnica di gasazione assurda inventata dai testimoni (cosiddetti oculari) più sprovveduti che non avevano la minima idea di cosa fosse lo Zyklon-B. Il procedimento di diffusione richiede da 24 a 48 ore.

Dopo la fumigazione, la ventilazione avviene in un minimo di 10 ore. Se l'ambiente non ha finestre, il tempo necessario si allunga notevolmente. Nel caso di un edificio, dovrebbe essere in mattoni ed essere ricoperto all'interno e all'esterno di catrame o asfalto.

Le porte e le finestre devono essere sigillate con tela gommata ed impermeabilizzate con un buon sigillante, come il catrame o il neoprene al fine di prevenire filtrazioni e rendere le superfici porose impermeabili all'impregnazione da parte del gas.

Il controllo dell'aria dopo la ventilazione è effettuato mediante un test chimico costituito da un foglio di carta rivelatore imbevuto di una miscela di acetato di rame e benzene e che diventa azzurro in presenza di acido cianidrico.

Per quel che riguarda l'uso in camere a gas per esecuzioni, è poco raccomandabile.

Infatti la progettazione di una camera a gas per esecuzioni implica l'attento esame di molti problemi che, se trascurati, potrebbero causare la morte o lesioni a testimoni e operatori.

Lo Zyklon-B è poco pratico per il tempo che comporta la rimozione del gas dal supporto inerte.

Inoltre, c'è sempre il rischio di esplosione: è necessario, infatti, l'impiego di aria riscaldata per evitare che il gas condensi, e la presenza di un riscaldatore può causare una detonazione.

Tutti i contatti elettrici e gli interruttori devono essere ridotti al minimo indispensabile, devono essere a prova d'esplosione e ubicati fuori dalla camera.

Per questo, infatti, nelle camere a gas usate negli Stati Uniti, si preferisce utilizzare il metodo di produrre il gas nella stessa camera al momento della esecuzione: viene infatti riempito un recipiente in ceramica di acido solforico mediante una leva.

Quindi vengono immessi nel recipiente 25 grammi di cianuro di sodio, sufficienti per produrre una concentrazione di 3000-3200 ppm, rapidamente mortale.

Dato che il gas è più leggero dell'aria, viene utilizzato un dispositivo di espulsione nella parte superiore della camera.

Una tubatura di almeno 13 metri provvede a disperdere il gas all'esterno senza causare danni.

E' sempre necessario un sistema elettrico di chiusura che impedisca l'apertura della porta prima che la camera sia in condizioni di sicurezza.

Inoltre, fuori dalla camera, dove si trovano i testimoni e il personale, si trovano allarmi sonori e un sistema di immissione ed estrazione dell'aria. E' sempre installato anche un dispositivo per bloccare l'esecuzione al fine di proteggere i testimoni e permettere di evacuare la camera in caso di pericolo.

Deve essere sempre presente personale medico qualificato con a portata di mano apparati di respirazione d'emergenza e attrezzature mediche contro avvelenamenti da acido cianidrico.

La camera a gas deve essere infine lavata con ammoniaca, così come il cadavere.

Una possibile soluzione agli inconvenienti dell'uso dello Zyklon-B avrebbe potuto essere quella di riscaldare il gas all'esterno della camera e far circolare la miscela di gas e aria attraverso una tubatura per poi introdurre tale miscela nella camera, come fu fatto per gli apparecchi di disinfestazione della DEGESCH, ma ciò potrebbe causare un rischio maggiore e situazioni poco prevedibili per gli operatori.

D'altronde l'apparato di disinfestazione della DEGESCH fu progettato per l'utilizzo all'aria aperta, in un'area ben ventilata e alla presenza di personale qualificato.

Molti stati americani hanno usato e usano tuttora il gas come mezzo di esecuzione, ma, a causa dei pericoli inerenti all'uso del gas e del costoso mantenimento dell'attrezzatura, oltre che della produzione dello stesso gas, è in atto la tendenza a sostituire la camera a gas con l'iniezione letale.

AUSCHWITZ

Iniziamo con Auschwitz: era logico che i creatori del mito delle camere a gas facessero di Auschwitz il centro della loro propaganda.

Era infatti il campo più importante, aveva registrato, per epidemie di tifo, elevati tassi di mortalità, e aveva inoltre in dotazione dei crematori.

Inoltre, Birkenau faceva da campo di transito per gli ebrei trasferiti all'Est.

Quindi, non si potevano avere di certo condizioni più favorevoli per la nascita di un mito.

Auschwitz fu occupata dai sovietici il 27 gennaio 1945. Dopo l'occupazione, il campo venne chiuso.

Successivamente, solo alcuni osservatori occidentali (scelti con cura) vi furono ammessi, fino a che non fu aperto il museo di Auschwitz.

Finita la guerra, gli inglesi diedero la caccia a Rudolf Höss(8), che doveva diventare il testimone chiave del più grande crimine di tutti i tempi. Höss si era nascosto e viveva sotto il nome di Franz Lang in una fattoria nello Schleswig-Holstein. Truppe britanniche lo scoprirono l'11 marzo 1946.

Il resoconto dell'arresto e dell'interrogatorio di Höss si può trovare in un libro di Rupert Butler "Legions of Death" (Hamlyn Paperbacks, 1983). Tale libro è di ispirazione ferocemente antinazista. L'autore afferma di aver fatto ricerche presso l' "Imperial War Museum" di Londra, la "Wiener Library" e altri istituti altrettanto prestigiosi. All'inizio di tale testo, l'autore esprime la propria gratitudine a Bernard Clarke "che catturò Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz".

Ora, in questo libro viene apertamente e tranquillamente dichiarato che il prigioniero Rudolf Höss venne torturato in maniera veramente selvaggia.

Né Bernard Clarke né Butler provano alcun rimorso per il fatto di aver estorto "confessioni" tramite tortura. Cosa ancor più interessante, non si rendono conto dell'importanza di tale rivelazione.

Affermano che Höss è stato catturato l'11 marzo 1946 e che ci sono voluti tre giorni di tortura per ottenere "una dichiarazione coerente", non capendo che la cosiddetta "dichiarazione coerente" non fu altro che la confessione, veramente folle, firmata dalla loro vittima ansante il 14 o il 15 marzo 1946 alle due e mezza del mattino.

L'11 marzo 1946 il sergente ebreo-britannico Clarke e altri cinque specialisti del servizio segreto di informazioni, in uniforme britannica, per la maggior parte di alta statura, entrarono in casa della signora Höss e dei suoi figli. I sei uomini, sono tutti "esperti nelle tecniche più sofisticate di interrogatori prolungati e spietati" (pag. 235).

Clarke si mise a urlare: "Se non ci dice dov'è suo marito, noi la consegneremo ai Russi che la metteranno davanti al plotone di esecuzione e suo figlio andrà in Siberia".

La signora Höss crolla e rivela l'ubicazione della fattoria dove si nasconde suo marito e il nome falso: Franz Lang.

Bernard Clarke rivela: "Una intimidazione appropriata esercitata sul figlio e sulla figlia produsse informazioni identiche".

Il sergente ebreo e gli altri cinque partono alla caccia e sorprendono Höss in piena notte.

"Höss lanciò un grido alla semplice vista della uniformi britanniche. Clarke urlò: "Il tuo nome?"

Ogni volta che la risposta era 'Franz Lang', Clarke colpiva con un pugno la faccia del prigioniero. Al quarto colpo Höss crollò e ammise chi fosse.[...].

Il prigioniero fu tirato via dalla sua cuccetta e gli fu strappato il pigiama. Poi fu trascinato nudo verso uno dei tavoli di macellazione(9) e là Clarke credette che colpi e urla non avrebbero avuto fine.

Alla fine, l'ufficiale di sanità intervenne con insistenza presso il capitano: 'Dica loro di smettere, altrimenti riporterà un cadavere'.

Si gettò su Höss una coperta ed egli fu trascinato verso l'automobile di Clarke, dove quest'ultimo gli versò in gola un bicchierone di whisky. Poiché Höss allora tentava di dormire, Clarke gli cacciò il suo bastone di comando sotto le palpebre e gli ordinò in tedesco: 'Tieni aperti i tuoi occhi di maiale, specie di porco!'.[...]

La squadra fu di ritorno a Heide verso le tre del mattino, la neve continuava a turbinare ma a Höss fu strappata la coperta ed egli fu dovette attraversare completamente nudo il cortile della prigione fino alla sua cella.

E' così che Clarke rivela "Ci sono voluti tre giorni per ottenere (da Höss) una dichiarazione coerente". Tale dichiarazione fu ottenuta con i metodi che sappiamo ed è quella che diventerà la prima confessione di Höss, la confessione fondamentale registrata col numero di classificazione NO-1210. Lo storico Martin Broszat, nel suo libro "Kommandant in Auschwitz" (Herausgegeben von Martin Broszat, München 1981) riporta il resoconto fatto a Höss del primo interrogatorio da parte degli inquirenti inglesi. "Il primo interrogatorio si concluse con una confessione, dati gli argomenti più che persuasivi usati contro di me. Non so cosa contenga la deposizione, sebbene l'abbia firmata. Ma l'alcool e la frusta furono troppo, anche per me." (pag. 158-159).

Ciò significa che la prima deposizione di Höss è stata redatta dagli inquirenti inglesi che lo interrogarono: egli l'ha solo firmata, sotto l'effetto della frusta e dell'alcool, senza neanche leggerla(10) !

Ora, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi: infatti, gli accusatori hanno fatto più di una sessantina tra evidenti falsi e contraddizioni.

Basta infatti confrontare tra loro i documenti NO-1210 (11) (deposizione di Höss del 14 marzo 1946), PS-3868 (dichiarazione giurata di Höss del 5 aprile 1946) e ciò che si trova nel libro "Comandante ad Auschwitz" (Torino 1985). Si può citare qualcuno di questi sbagli (tra i più eclatanti); egli infatti:

- Afferma (PS-3868) che i campi di sterminio di Belzec e Treblinka esistevano già nel giugno 1941, mentre questi campi entrarono in funzione rispettivamente il 17 marzo e il 23 luglio 1942.

- Afferma (NO-1210) dell'esistenza di un campo di Wolzec presso Lublino, campo che non è mai esistito.

- Afferma (PS-3868) di aver fatto un sopralluogo a Treblinka per studiarvi le tecniche di sterminio mediante Zyklon-B, al fine di applicarle anche ad Auschwitz. Ciò significa che tale visita sarebbe avvenuta anteriormente al 3 settembre 1941, data della prima (presunta) gassazione sperimentale effettuata ad Auschwitz. Peccato che, come si è detto, Treblinka entrò in funzione solo il 23 luglio 1942.

- Afferma (NO-1210) che tutti i crematori di Birkenau furono terminati nel 1942, mentre in realtà sono stati terminati, nell'ordine:

1) Crematorio IV: 22 marzo 1943

2) Crematorio II: 31 marzo 1943

3) Crematorio V: 4 aprile 1943

4) Crematorio III: 25 giugno 1943.

Tra l'altro è egli stesso che afferma, in "Comandante ad Auschwitz", che "i grandi crematori I e II [secondo la numerazione di Höss, in realtà II e III, in quanto il crematorio I si trova in Auschwitz I, e non a Birkenau] furono costruiti nell'inverno 1942-43, ed entrarono in funzione nella primavera del 1943". Ne consegue una palese contraddizione.

Preferiamo fermarci qui, rimandando, per una trattazione completa di questo argomento, all'ottimo libro di Carlo Mattogno "Auschwitz: le Confessioni di Höss'" (edizioni La Sfinge).

E' interessante notare che le autorità filosovietiche del Museo di Auschwitz hanno preteso, fino al 1990, che 4 milioni di persone fossero state assassinate in questo campo.

Di colpo, senza fornire spiegazioni, si sono recentemente ridotte queste cifre a "poco più di un milione", riconoscendo così, implicitamente, che ci si era ingannati per mezzo secolo. Ma la nuova cifra non è provata più di quanto fosse la vecchia.

Secondo il ricercatore Carlo Mattogno, la cifra dei decessi di questo campo sarebbe intorno a 170.000 unità, il 50% ebrei.

Ora, come detto, è stato affermato, da parte sovietica, che solo in questo lager sarebbero stati uccisi ben quattro dei sei milioni di ebrei; tutto questo nello stesso momento in cui si cercava di far ricadere sui Tedeschi la responsabilità dell'eccidio di Katyn...

E' ammesso che gran parte di queste informazioni provengono dall'Europa Orientale(12).

I presunti eccidi di massa in grande stile avrebbero avuto luogo ad Auschwitz tra il marzo 1942 e l'ottobre 1944. Per uccidere in 32 mesi solo la metà dei supposti sei milioni, cioè tre milioni di ebrei, i Tedeschi avrebbero dovuto eliminare 94.000 persone al mese, cioè 3.350 al giorno 24 ore su 24 e sbarazzarsi dei cadaveri (analizzeremo questi dati più avanti).

Queste cifre sono state superate da Reitlinger, che sostiene che Auschwitz era attrezzato per poter annientare quotidianamente non meno di 6.000 persone.

Ciò significherebbe, calcolando tutti i giorni fino all'ottobre 1944, una cifra complessiva di più di 5.000.000.

Ma simili valutazioni impallidiscono se confrontate con le fantasticherie di una Olga Lengyel ("Five Chimmeys", Londra 1959). L'autrice sostiene di essere una ex internata di Auschwitz e assicura che questo lager poteva cremare non meno di "720 uomini all'ora"; cioè "17.280 al giorno". Aggiunge che ogni giorno 8.000 persone venivano bruciate in "fosse della morte", e che, pertanto "dovevano essere rimossi, quotidianamente, più di 24.000 cadaveri, in cifra tonda" (pag. 80-81).

Tutto ciò significherebbe più di 8.500.000 vittime all'anno. Ad Auschwitz sarebbero stati liquidati, dal marzo 1942 all'ottobre 1944, più di 21.000.000 di persone. Sei milioni in più di tutta la popolazione ebraica mondiale.

E' infine istruttivo osservare i dati ufficiali, secondo diverse fonti, sui decessi di Auschwitz:


DATA...................FONTE........................................................ DECESSI

31/12/1945 .................Centro d'indagine francese sui crimini di guerra ..................8.000.000

20.04.1978 ..................Le Monde (Parigi)........................................................... 5.000.000

23.01.1995 ..................Die Welt.......................................................................... 5.000.000

01.10.1946...................IMT Tribunale di Norimberga, Documento 008-URSS..... 4.000.000

24.11.1989...................Procuratore Majorowsly, Wuppertal................................. 4.000.000

26.07.1990...................Allgemeine Jüdische Wochenzeitung.................................. 4.000.000

08.10.1993....................ZDF................................................................................ 4.000.000

25.01.1995....................Wetzlater Neue Zeitung.................................................... 4.000.000

01.10.1946.................... IMT Tribunale di Norimberga, Documento 3868-PS........3.000.000

01.01.1995.....................Damals (rivista storica tedesca).........................................3.000.000

25.07.1990.....................Hamburger Abendblatt......................................................2.000.000

27.01.1995.....................Die Welt.......................................................................... 2.000.000

11.06.1992.....................Allgemeine Jüdische Wochenzeitung..................................1.500.000

23.01.1995.....................Die Welt...........................................................................1.500.000

01.09.1989.....................Le Monde (Parigi).............................................................1.433.000

02.02.1995.....................Bunte (periodico illustrato tedesco)................................... 1.400.000

22.01.1995.....................Welt am Sonntag.............................................................. 1.200.000

21.12.1994..................... IfZ (Istituto di Storia Contemporanea, Monaco)............... 1.000.000

31.12.1989........Pressac, "Auschwitz: technique and operation of the gas chambers" ....928.000

27.09.1993......................Die Welt............................................................................. 800.000

31.12.1994......................Focus..................................................................................700.000

31.12.1994..................... Pressac, "Le macchine dello sterminio".................................470.000

06.01.1990..................... Frankfurter Rundschau.......................................................... 74.000


Ma questa specie di gioco con milioni di morti sembra che non preoccupi gli scribacchini del regime, che ogni giorno pontificano sullo sterminio degli ebrei.

AUSCHWITZ: LE CAMERE A GAS

Per quello che riguarda le camere a gas naziste in Auschwitz, si sa che i lavori iniziarono in un periodo imprecisato verso la fine del 1941 e sarebbero state utilizzate fino alla loro presa da parte degli alleati, avvenuta nel 1944. I nazisti avrebbero cominciato con una prima gasazione in un edificio di Auschwitz I, a cui seguirono due casolari di contadini appositamente modificati a Birkenau, conosciuti come Bunker I e II o Casa Rossa e Casa Bianca, e infine i Krema II, III, IV e V a Bikenau.

Tali installazioni per esecuzioni furono ubicate in campi di concentramento costruiti in aree industrializzate, dove gli internati costituivano la manodopera nelle fabbriche che producevano materiale bellico.

Le presunte installazioni per esecuzioni in Auschwitz I sussistono in un aspetto che si sostiene essere originario.

In Birkenau i Crematori II, III, IV, V sono crollati e demoliti. Il Bunker I non esiste più ed il II è adibito a casa privata.

L'ispezione dell'ingegner Leuchter nei crematori I, II, III, IV e V ha chiarito che tali edifici erano degli obitori e, al tempo stesso, dei crematori.

Se dovevano servire come camere a gas per esecuzioni, si sarebbe trattato, infatti, di progetti di estrema rozzezza e pericolosità.

Non ci sono predisposizioni per le guarnizioni delle porte, delle finestre e degli sfiatatoi; la struttura non è coperta con catrame o altro sigillante che servirebbe a impedire la filtrazione e l'assorbimento del gas.

I crematori adiacenti costituiscono un potenziale pericolo di esplosione. I mattoni esposti e porosi, oltre agli intonaci, tratterrebbero il gas e renderebbero gli edifici pericolosi per anni. Il crematorio I è addirittura ubicato accanto all'ospedale delle SS in Auschwitz ed ha nei pavimenti drenaggi collegati con il principale canale di scolo e, da questo, alle fognature, il che avrebbe consentito l'accesso del gas a tutti gli edifici del complesso(13)

Non c'erano sistemi di estrazione per ventilare il gas dopo l'uso e non c'erano riscaldatori o altri meccanismi per diffondere il gas, né per la sua introduzione, né per la sua evaporazione.

Si potrebbe supporre che lo Zyklon-B fosse introdotto dagli sfiatatoi del tetto o delle finestre, ma ciò non avrebbe permesso la distribuzione uniforme delle pasticche.

Le installazioni sono umide e non riscaldate: questo fatto è di notevole importanza, in quanto l'umidità e lo Zyklon-B sono incompatibili tra loro.

Le camere sono troppo anguste perché possano fisicamente aver contenuto tutte le persone che si è preteso contenessero; tutte le porte si aprono verso l'interno, ciò che avrebbe impedito, successivamente, la rimozione dei corpi.

Con le camere riempite di gente fino al massimo della capienza, non ci sarebbe stata circolazione di gas all'interno del locale.

Se il gas avesse riempito la camera per un tempo prolungato, le persone che avessero gettato lo Zyklon-B dagli sfiatatoi sul tetto e verificato la morte, sarebbero morte anch'esse per l'esposizione al gas.

Il sistema di illuminazione è tutt'altro che a prova di esplosioni. Ora, supponendo un'area di 0,83 m² per persona, al fine di permettere la circolazione del gas (il che sarebbe uno spazio già troppo ridotto) un massimo di 94 persone avrebbe potuto trovarsi ogni volta nel locale.

E' stato dichiarato, tuttavia, che quel locale poteva contenere più di 600 persone. In questo edificio non esiste la minima prova che esistesse un sistema di ventilazione o di sfogo dei gas. L'unico sistema di ventilazione consisteva in quattro aperture quadrate nel tetto, che evacuavano i gas a meno di un metro da esso. In tal modo era inevitabile che il gas giungesse in vicinanza dell'ospedale delle SS sito al lato opposto della strada.

L'edificio non era sigillato per evitare perdite, e nessuna porta possedeva guarnizioni per evitare che il gas raggiungesse il crematorio.

Non esisteva, dunque, nessuna maniera di introdurre efficacemente lo Zyklon-B. Non esisteva nessun sistema di distribuzione del gas.

In conclusione, usare tale locale per effettuare gasazioni sarebbe stato letteralmente un suicidio, in quanto le conseguenze di tale uso sarebbero potute essere solo due: una esplosione, se il gas avesse raggiunto il vicino forno crematorio, od una "semplice" fuga di gas che avrebbero, in entrambi i casi, provocato una strage.

In presenza di un ventilatore, ci sarebbero volute più di 20 ore. E' da dubitare che, senza un ventilatore, il gas avrebbe potuto dissiparsi in una settimana, e questo contraddice il preteso uso della camera a gas per varie gasazioni al giorno.

Anche i crematori II e III non rispondono ai requisiti: non c'è un sistema di circolazione del gas, né alcun sistema di riscaldamento, né sigillante dentro e fuori.

Nessuna porta negli obitori del crematorio II. Tutte le colonne sono massicce e piene, e non esiste quindi, nessuna possibilità di introduzione di Zyklon-B attraverso colonne forate, come affermano certe relazioni.

Non esiste nessuna possibilità di spargere efficacemente lo Zyklon-B; a meno di credere che le SS avrebbero pregato gentilmente le vittime di portare i barattoli nella camera e di aprirli dopo la chiusura della porta...

Le aperture del tetto non hanno guarnizioni. La costruzione è in mattoni, malta cementizia e calcestruzzo.

Anche in questo caso, l'uso di tali installazioni come camere a gas provocherebbe la morte di chi le facesse funzionare e una esplosione qualora il gas raggiungesse il crematorio.

Le camere dei crematori II e III hanno un'area complessiva di 232 m². Utilizzando l'approssimazione di 0,83 m² per persona, otteniamo 278 persone (a settimana, ovviamente).

I crematori IV e V sono stati demoliti e poi ricostruiti, ma non è stato rinvenuto alcun sigillante nelle fondamenta.

Secondo i racconti, lo Zyklon-B sarebbe stato gettato all'interno da aperture alle pareti.

In base a tale grottesca ricostruzione dei fatti, ci sarebbe stata una SS equilibrista che, con la maschera sul viso, sarebbe salita su di una scala e avrebbe aperto con una mano la finestra, mentre con l'altra avrebbe gettato lo Zyklon-B.

Inoltre avrebbe dovuto gentilmente pregare che le vittime non lo spingessero indietro o che non lo afferrassero e lo tirassero dentro, cosa possibilissima in quanto la finestra era a 1,70 m dal pavimento della supposta camera a gas.

La costruzione era in mattoni e intonaco con pavimento in calcestruzzo. La presunta camera a gas del crematorio IV era di 127,73 m² e, secondo i criteri già esposti, avrebbe potuto gasare, se fosse stata funzionante, 209 persone alla settimana.

Per quel che riguarda la camera a gas del crematorio V, era di 476 m², e avrebbe potuto accogliere tutt'al più 570 persone, con le stesse modalità esposte per le altre camere.

Stando al documento L-022 del Tribunale Militare Internazionale, 1.765.000 persone sarebbero state gassate a Birkenau tra l'aprile 1942 e l'aprile 1944.

Facendo i conti secondo ciò che è stato fin qui esposto, avrebbero potuto essere gassate, se le camere a gas avessero funzionato al di fuori di ogni logica, approssimativamente 106.000 persone.

Qualcos'altro c'è da dire sui Bunker I e II, detti anche "Casa rossa" e "Casa bianca".

Queste erano delle case coloniche polacche, e si sa molto poco circa di esse: di queste non rimane altro che la traccia delle fondamenta incluse nel perimetro del campo vicino al confine nord-ovest di Birkenwald.

Addirittura negli anni Settanta le autorità del museo di Auschwitz avevano smesso di parlarne ed il sito non era né segnalato né visitato. Anche gli storici di regime non ne hanno parlato né ne parlano tuttora.

Al loro proposito, non si hanno che testimonianze vaghe e contraddittorie. Solo lo sterminazionista Pressac(14) ne vuole parlare, non riuscendo a dimostrare nulla di concreto.

Lui stesso afferma, infatti, che il Bunker I era privo di apparecchi di ventilazione, il che la dice lunga sulla possibilità che fosse una camera a gas. Per quel che riguarda il Bunker II, i dati forniti da Pressac, sulla base delle carte conservate a Mosca, concernono l'uso della camera come dispositivo per lo spidocchiamento: non esiste nulla di criminale nei piani di costruzione, e vi partecipavano anche imprese civili.

Infine sono state effettuate dall'ingegner Leuchter delle analisi su campioni prelevati sulla muratura delle pretese camere a gas.

Scopo di tali analisi è la verifica della presenza di cianuri. I campioni furono prelevati nelle stesse condizioni di freddo, oscurità ed umidità.

Solo i crematori IV e V differiscono nel fatto che ricevevano luce solare, e questa luce può accelerare la distruzione del cianuro non ricombinato.

Il cianuro, infatti, si combina con il ferro contenuto nella malta cementizia e nei mattoni sotto forma di ossido.

A tale riguardo va detto che l'ossido di ferro viene comunemente aggiunto all'impasto dei mattoni per abbassare il punto di fusione e abbattere così i costi di fabbricazione.

Tra l'altro l'ossido di ferro è anche responsabile del tipico color ruggine dei mattoni.

Il ferro, quindi, reagisce col cianuro anche in quantità esigue dando luogo al ferrocianuro ferrico, o pigmento blu di Prussia, sostanza di un bel colore azzurro molto intenso.

Questo è un composto molto stabile, ed il test che sfrutta tale reazione è molto conosciuto dai chimici per la sua sensibilità.

Ora, l'analisi chimica ha fatto registrare un contenuto di 1.050 mg/kg di cianuri per il campione di riferimento (prelevato nell'installazione di disinfestazione di Birkenau) e un contenuto massimo di 7,9 mg/kg per le presunte camere a gas omicide.

Le piccolissime quantità rilevate indicano che in qualche momento quelle installazioni furono disinfestate con Zyklon-B, così come lo erano tutti gli edifici e le costruzioni in quelle installazioni.

Ci si sarebbe dovuto aspettare il rinvenimento di una quantità più elevata di cianuro nei campioni presi nelle presunte camere a gas (ciò per la maggior quantità di gas ivi presumibilmente usata) o tutt'al più paragonabile.

Dato che siamo in presenza di dati contrari, non resta che aggiungere anche questa alle altre prove riguardo alla infondatezza dell'esistenza delle camere a gas.

L'unica obiezione fatta a questo riguardo è quella dello sterminazionista George Wellers: egli infatti afferma che le vittime avrebbero assorbito nei loro polmoni la maggior parte del gas tossico.

Affermazione peregrina e facilmente smontabile con qualche semplice calcolo: infatti un uomo adulto di70 kg in buona salute può introdurre nei polmoni circa 500 centimetri cubici di aria.

Con una inspirazione forzata può arrivare a 2.500 centimetri cubici, secondo l'Enciclopedia Rizzoli Larousse, volume XII pagina 625, voce Respirazione.

Con una semplice equazione si può calcolare la massa di questa quantità d'aria; essa oscilla sui 3 grammi, a una temperatura variabile tra 0 e 25 gradi; si può vedere a pagina 655 del volume I dell'Enciclopedia Rizzoli Larousse, voce Aria.

Stando a ciò che è scritto nel manuale "Noxioures gases" di Henderson e Hoggard, edizioni Reinhold, è sufficiente una concentrazione di Zyklon-B pari a 3.000 parti per milione per determinare una morte pressoché istantanea.

Si ottiene che, nei 3 grammi di aria ispirati, si trovino all'incirca 0,009 grammi di acido cianidrico: basta prendere le 3000 parti per milione, moltiplicarle per 1.000.000 e moltiplicare il risultato per i tre grammi.

Quindi è sufficiente, per uccidere un uomo robusto e in piena salute, l'inalazione di circa 9 milligrammi di composto; ovvero 0,009 grammi.

Ora, ad esempio, lo storico sterminazionista Pressac parla di una presunta gasazione di 2000 persone nei crematori II e III avvenuta utilizzando 6 kg di Zyklon-B.

2000 persone possono quindi aver consumato 18 g di acido cianidrico, ossia lo 0,003 %. Rimane a disposizione il 99,997 %: un quantitativo più che sufficiente.

Tutti i testimoni cosiddetti oculari affermano, infine, che i cadaveri avevano uno strano colore. Prendiamo, per brevità, le testimonianze dei testimoni oculari della presunta prima gasazione: i testimoni Banach, Kurant e Weber parlano di cadaveri bluastri.

Il testimone Halgas di cadaveri verdi, il testimone Wolny di cadaveri blu, il testimone Kula di cadaveri di colore verdognolo, il testimone Kielar di cadaveri blu, quasi viola-nero.

Secondo le testimonianze (cosiddette) oculari avremmo di fronte dei cadaveri di individui morti per intossicazione da acido cianidrico di un colore che varia dal blu al nero.

Peccato che sull'Enciclopedia della Chimica, Edizioni Scientifiche Uses voce Cianidrico, Acido; volume III, pagina 386 sia scritto testualmente(15): "Comunque venga assorbito, l'HCN agisce bloccando l'enzima cellulare citocromossidasi, indispensabile alla cellula per utilizzare l'ossigeno. Impedendo a detto enzima il suo ruolo nell'ossidazione della catena dei citocromi, l'HCN si comporta come un reale veleno protoplasmatico. Pertanto il sangue del paziente resta con un carico di ossigeno inutilizzato e il colore della cute diventa rosso per eccesso di ossigeno nel sangue circolante".

Adesso ci verranno a dire che nei campi di concentramento nazisti si diventava anche daltonici!

AUSCHWITZ: I FORNI CREMATORI

Esamineremo ora la maniera di sbarazzarsi dei cadaveri: i forni crematori.

Precisamente, quelli che avrebbero compiuto la maggior parte del cosiddetto "piano di sterminio": i forni di Auschwitz-Birkenau.

Da ciò che sappiamo in base ai testi sterminazionisti, il crematorio I di Auschwitz aveva in dotazione 3 forni a 2 muffole(16); i crematori II e III di Birkenau disponevano di 5 forni a 3 muffole; quelli IV e V di Birkenau di 2 forni ciascuno per un totale di 16 muffole.

Iniziamo con l'analizzare il consumo dei forni: l'esperimento più rilevante per quel che riguarda la conoscenza della quantità di coke in un forno a gasogeno è senz'altro quello dell'ing. Richard Kessler il 5 gennaio 1927 nel forno del crematorio di Dessau.

I risultati evidenziarono un consumo medio di 29,5 kg di coke, più la bara, per ciascuno degli 8 cadaveri cremati uno dopo l'altro. Con il forno già caldo il consumo di coke scese a 23 kg più bara.

Una bara media di 40 kg produce una quantità di calore pari a quella di circa 15 kg di coke, cosicché una cremazione senza bara richiede praticamente l'uso di 38 kg di coke. Il forno a 2 muffole di Gusen, nel 1941, richiese 30,5 kg di coke per cadavere (attestato da documenti dell'archivio del museo di Mauthausen), e, secondo l'ing. Heepke, il consumo teorico di un forno a 2 muffole per un cadavere di un adulto normale è di 22,7 kg, da portare a 27,8 per un cadavere emaciato di un adulto (ciò perché la carne, bruciando, aumenta la "materia comburente").

Quindi, secondo i dati sperimentali, per un forno a 2 muffole, dovremmo essere sui 30,5 kg per cadavere emaciato e 25 per un cadavere normale.

Per un forno a 3 muffole si procede con una riduzione di 1/3 della quantità di coke necessaria per un forno a 2 muffole (in quanto viene sfruttata l'aria preriscaldata delle muffole laterali): si ottiene 20,3 kg per cadavere emaciato e 16,7 per cadavere normale.

Per il forno a 8 muffole si attua un riduzione pari a 1/2: quindi 15,25 kg per un cadavere emaciato e 12,5 per un cadavere normale.

Per fare ora un paio di esempi, si sappia che, secondo i documenti dell'Archivio nazionale del museo di Auschwitz, dall'1 marzo al 25 ottobre 1943 ai crematori di Auschwitz-Birkenau sono state fornite 641,5 t di coke.

In questo periodo il numero di detenuti morti per morte naturale fu di 27.300, mentre quello dei gasati (presunti) fu di 118.300. In tutto 145.600;

ora, per i detenuti morti di morte naturale risulta una disponibilità media di 23,5 kg di coke, valore accettabile entro la norma.

Se invece si contano i presunti gassati più i detenuti morti di morte naturale, risulta una disponibilità di 4,4 kg.

Se noi ammettiamo, per i 27.300 detenuti morti di morte naturale, il consumo minimo teorico, otteniamo un valore di 537 t. Rimangono così 104,5 t per i 118.300 gasati: 0,9 kg di coke per cadavere(!).

Secondo Pressac (Tecnique and operation of the gas chambers, p. 227), dall'aprile all'ottobre 1943 i crematori di Birkenau bruciarono 165.000-215.000 cadaveri con 497 t di coke (circa 2,6 kg di coke per cadavere).

Non basta: nei memoriali di Höss (Comandante ad Auschwitz, ed. Einaudi, p. 180) è affermato che i crematori IV e V potevano incenerire 1500 cadaveri al giorno (consumo di 1,8 Kg di coke per cadavere). Con questo, si può ben capire con quanta obbiettività gli storici di regime edificano le loro "verità".

Il forno di Gusen riuscì a resistere a 3.200 cremazioni, dopo di che si fu costretti a smantellarlo e sostituire la muratura refrattaria.

La durata media di una muffola si aggira, quindi, sulle 1.600 cremazioni. Ammettiamo che le muffole di Auschwitz fossero più resistenti del normale e che siano state spinte sino al limite estremo di 3.000 cremazioni.

Secondo Pressac, i crematori II e III di Auschwitz-Birkenau avrebbero incenerito complessivamente 750.000 cadaveri (400.000 nel crematorio II e 350.000 nel crematorio III: sarebbero quindi i più potenti tra i cinque forni di Auschwitz-Birkenau).

Utilizzandoli, come si è detto, fino all'inverosimile limite di 3.000 cremazioni, si giunge a circa 156.000 cadaveri.

La cremazione dei cadaveri di cui sopra, quindi, avrebbe richiesto la sostituzione completa delle murature refrattarie di tutte le muffole almeno quattro-cinque volte. Questo significa dalle 250 alle 300 (se non più) tonnellate di materiale refrattario solo per i crematori II e III.

Tuttavia, negli archivi dell'amministrazione del campo, lasciati intatti dalle SS di Auschwitz e che Pressac ha esaminato integralmente, non esiste traccia di questi enormi lavori.

Un'altra leggenda quella dei forni funzionanti 24 ore su 24 è una evidente assurdità.

Infatti i forni a gasogeno riscaldati con coke richiedono una sosta quotidiana per la pulizia delle griglie dei focolari, in quanto le scorie del coke (che, fondendosi, si incollano) impediscono il passaggio dell'aria primaria di combustione attraverso le fessure della griglia, causando un cattivo funzionamento del forno.

Da una lettera della ditta Kori all'SS-Sturmbannführer Lenzer(17) si desume che la durata di impiego dei forni crematori per i campi di concentramento era di 20, al massimo 21 ore.

Quindi, assumendo una produzione di 30-36 cadaveri ogni 10 ore(18), la produzione di un forno a due muffole, in 21 ore di attività, sarebbe di (30*21/10=) 63 cadaveri, fino a un massimo di (36*21/10=) 76 cadaveri.

Per 3 forni, quindi, si ottiene (63*3=)189 e (76*3=)228 cadaveri al giorno (in condizioni, si badi bene, estreme) e non certo di 250 cadaveri al giorno, come afferma Pressac per il crematorio I(p. 49 e 80).

Se a ciò si aggiunge il dato che in pratica i forni funzionano alla temperatura di 800-850 ºC, e che, tra due cremazioni, prima di aprire la porta della muffola e introdurre un nuovo corpo occorre chiudere le valvole di immissione dell'aria per poter progressivamente ridurre la temperatura fino a un livello che permetta di realizzare le necessarie operazioni, vedremo che bisogna già ridurre notevolmente il numero di cremati.

Aggiungiamo ancora il fatto che gli ostacoli tecnici impediscono di procedere ininterrottamente a cremazioni senza provocare gravi deterioramenti e che, di tanto in tanto, bisogna fermarsi e lasciare che l'installazione si raffreddi: otterremo che la stessa muffola potrà provvedere a 6 o 8 incinerazioni al massimo.

Fermiamo la nostra attenzione ancora sui crematori II e III di Birkenau: Pressac afferma che i forni Topf a 3 muffole modello Buchenwald riscaldati con coke istallati in tali crematori avevano un rendimento superiore di un terzo rispetto ai forni a 2 muffole.

Prendiamo per buono tale risultato: otteniamo (36*21/10=)75,6; moltiplicando per 3/2 abbiamo 113,4 cadaveri al giorno.

Così la produzione di 5 forni sarebbe di (113,4*5=) 567; 567+1/3*567=756 cadaveri al giorno.

Potrebbe ora essere interessante sapere come dei forni predisposti a incenerire 756 cadaveri al giorno (siamo già su valori molto fuori dalla realtà...) riuscissero a smaltire le presunte 1.800-3.000 vittime al giorno della presunta camera a gas annessa.

Per incenerire una tale quantità di cadaveri in una giornata sarebbero occorse la bellezza di 75 muffole invece delle 15 esistenti.

Queste, d'altro canto avrebbero impiegato cinque giorni per smaltire il lavoro, creando un gravissimo ostacolo al "processo di sterminio".

Ciò significa che tali installazioni non erano costruite per fini criminali.

Passando ai crematori IV e V, Pressac dice che avevano in dotazione camere a gas in grado di produrre 2.400 cadaveri al giorno.

Basandoci sui dati del forno di Gusen (che riuscì a incenerire, in condizioni estreme, 26 cadaveri per ogni muffola in un giorno), otteniamo per 8 muffole a disposizione di ciascuno dei crematori IV e V, una cifra che si aggira sui 200 cremati al giorno (Pressac ne conterebbe, secondo chissà quale calcolo, 768).

Ne risulta che, per cremare 2.400 corpi, i crematori IV e V avrebbero dovuto operare per (2.400/(200*2)=)6 giorni.

In realtà, tenendo conto del tipo di forni, i 2.400 corpi avrebbero dovuto attendere certamente più di 12 giorni per essere cremati.

A Majdanek, invece, un Krematorium sparì del tutto, mentre un secondo Krematorium fu ricostruito, ad eccezione dei forni.

Basti sapere questo: l'ispezione oculare del mucchio di ceneri conservate per ricordo a Majdanek permette di scoprire una cenere di uno strano colore beige. Gli autentici resti umani lasciano una cenere di colore grigio perla. Si può quindi intuire facilmente che quel che c'è nel monumento commemorativo di Majdanek è... sabbia.

Si può obiettare che i cadaveri venissero inceneriti a gruppi di tre, come afferma il sedicente testimone Tauber: niente di più assurdo.

Il regime di griglia (overossia la quantità di coke bruciata in un’ora sulla griglia del focolare) è progettato per la cremazione di un cadavere per volta in ogni muffola, e sarebbe stato insufficiente a mantenere una temperatura di 600 ºC (inferiore a quella di combustione degli idrocarburi pesanti che si sviluppano durante la gassificazione di un cadavere: almeno 700 ºC) persino nell’ipotesi di una cremazione di due cadaveri in una muffola.

Per far comprendere appieno che tipo di testimone sia Tauber, basti sapere che per incenerire un corpo in un moderno forno a gas a conduzione elettronica sono necessari almeno 60 minuti (40 se si utilizza il tiraggio forzato): Tauber affermò di aver assistito a cremazioni di 5-7 minuti.

Non è il solo: il cosiddetto testimone “oculare” Rudolf Vrba, personaggio apparso persino nel film “Shoah”, ha fornito una descrizione dei crematori II e III di Birkenau completamente inventata.Ha parlato infatti di 9 forni a 4 muffole disposti intorno al camino, mentre, come si è già detto, i forni erano 5, a 3 muffole e disposti l’uno accanto all’altro.

Sempre il nostro Pressac ha affermato l’esistenza di fosse e pozzi di cremazione. Per quel riguarda le fosse, il procedimento indicato dai testimoni oculari portati da Pressac è impossibile per mancanza di ossigeno nella parte inferiore della fossa: l’intero strato inferiore sarebbe rimasto perfettamente integro.

Poi tanto le fosse quanto i pozzi sarebbero difficilmente utilizzabili: i terreni su cui sorge Auschwitz-Birkenau sono paludosi e intrisi d’acqua.

Non solo, ma il testimone oculare Miklos Nyiszli afferma, nel libro “Medico ad Auschwitz”, conosciuto in Italia anche col titolo “Sopravvissuto a Mengele”, che sul ciglio delle fosse, ogni 5 metri, c’era un soldato SS che sparava alla nuca le vittime ebree che poi venivano gettate nella fossa di cremazione.

Ora, lo strato superficiale delle svariate tonnellate di legna necessarie per l’operazione avrebbe prodotto una temperatura tale da carbonizzare in poco tempo chiunque si fosse trovato sul ciglio della fossa.

Rimane da menzionare la storia dei testimoni oculari (riportata da Pressac a pag. 91) che vedono fiamme uscire dai camini II e III di Birkenau. Anche la nostra Giuliana Tedeschi afferma nel suo libro “C’è un punto della terra... Una donna nel lager di Birkenau” che sul camino del crematorio II c’era un’alta fiamma che “non cessava di ardere, giorno e notte”(pag 69).

Sono menzogne: infatti eventuali gas usciti dalle muffole incombusti, o sarebbero bruciati nei condotti del fumo (se vi era la temperatura di accensione sufficiente e l’aria di combustione necessaria), e sarebbero quindi usciti combusti (soprattutto come azoto e anidride carbonica) oppure sarebbero usciti appunto incombusti, sotto forma di fumo.

TREBLINKA

Il secondo campo di sterminio per numero di vittime, secondo gli sterminazionisti, fu Treblinka, situato a 80 km ad est di Varsavia.

Anche laggiù non è rimasta traccia delle vittime (800.000 allo stato attuale delle ricerche storiche ufficiali, mentre nel 1946 si parlava di tre milioni).

Dopo la repressione del ghetto di Varsavia nella primavera del 1943, una gran parte degli ebrei catturati fu inviata, tramite Treblinka, in altri ghetti o in campi di lavoro. Quindi la sua funzione era di campo di transito, come Sobibor e Belzec.

Stando al libro di Adalbert Rückerl sui “campi di sterminio”, c’erano in tutto a Treblinka da 35 a 40 SS. Verrebbe da chiedersi come facevano una quarantina di uomini a sorvegliare parecchie migliaia di ebrei.

Infatti erano aiutati da 500 a 1.000 lavoratori ebrei, muniti di fruste e consapevoli che, prima o poi, sarebbero stati gassati.

Quindi, invece di usare le loro fruste su di una sparuta quarantina di SS, preferivano aiutare le suddette SS a massacrare ogni giorno fino a 10.000 loro correligionari!

Non solo, ma l’accusato Suchomel ha affermato, nel corso del processo di Treblinka a Düssendorf, che anche le vittime erano ben disposte a farsi gassare, infatti: “Entravano nelle camere a gas nudi e in buon ordine” (Frankfurter Allgemeine Zeitung, 2 aprile 1965).

A questo punto risulta istruttivo esaminare la voluminosa documentazione su Treblinka, documentazione riunita nell’agosto 1992 dalla Polish Historical Society; da questa risulta che:

- La propaganda degli alleati affermante lo sterminio cominciò dopo la costruzione del campo di Treblinka II nel luglio 1942 (il campo di lavoro di Treblinka I era stato aperto fin dal 1941 a 3 km da questo).I metodi di uccisione più vari e fantasiosi apparvero nella propaganda durante la guerra e anche dopo: accanto ai massacri col gas di scappamento dei motori diesel; si parlava di gassazione con Zyklon-B, trattamento con vapori ustionanti, asfissia nella camera di decompressione, elettroesecuzione, fucilazione, mitragliamento.

- I presunti massacri col gas di scappamento erano materialmente impossibili: la Society riporta, per esempio, che nel 1988, a Washington, un treno funzionante con motore diesel rimase bloccato in un tunnel che si riempì subito di fumi. Trascorsero più di 40 minuti prima che i soccorsi potessero liberare i 420 passeggeri. Nessuno subì danni di sorta.

- Treblinka II si trovava a 240 m da un’importante linea ferroviaria, a 270 m da una grande strada e a 800 m dal villaggio più vicino. Non si sarebbe potuto nascondere il massacro per più di una settimana. Ora, il governo polacco in esilio, nell’aprile 1944, situava il “campo di sterminio” ben 40 km più a nord, nel cuore di una zona boscosa, in un luogo chiamato “Treblinka III”, ma, in un secondo tempo, preferì... rinunciare a questa versione.

- Ex detenuti di Treblinka hanno disegnato del campo una quarantina di piante che si contraddicono tra di loro; fra l’altro, in maniera anche molto grossolana: le “camere a gas” ogni volta sono situate in un posto diverso.

- I cadaveri sarebbero stati sepolti in fosse comuni. Ora, il campo di Treblinka (come anche Auschwitz) è stato fotografato più volte dagli aerei di ricognizione alleati. Le foto mostrano solo uno scavo di 66 metri per 5 (e di 3 metri di profondità, come risulta dalle fotografie realizzate nel 1944 da una commissione ebreo-polacca), che avrebbe potuto contenere al massimo 4.000 cadaveri. Tenendo conto che le condizioni del campo erano spesso drammatiche (grazie ai bombardamenti terroristici degli alleati), la cifra di 4.000 morti rientra nel dominio del possibile.

In ogni caso, di tutti questi morti non ne è stata trovata traccia nella suddetta fossa.

Per comprendere appieno le “testimonianze” su cui ci si basa per ciò che riguarda il “campo di sterminio” di Treblinka, è importante ricordare le memorie di Franz Stangl, ex comandante di Treblinka, condannato all’ergastolo nel dicembre del 1970. Tali memorie sono state pubblicate dal Daily Telegraph Magazine di Londra, l’8 ottobre 1971, e dovrebbero avere origine in una serie di interviste rilasciate in prigione da Stangl. Alcuni giorni dopo l’intervista, manco a dirlo, Stangl morì.

Queste presunte “memorie” sono forse la cosa più strana e bizzarra che mai sia stata pubblicata.

Per chiarire le idee, è interessante la descrizione della prima visita di Stangl a Treblinka. Al suo arrivo alla stazione ferroviaria avrebbe visto “migliaia di cadaveri” buttati sui binari, “centinaia, anzi, migliaia di cadaveri dappertutto, ormai in stato di decomposizione”. E “in stazione c’era un treno pieno di Ebrei, alcuni morti, altri ancora in vita... Sembrava che fosse lì già da alcuni giorni”. Il resoconto raggiunge il colmo dell’assurdità, quando Stangl, scendendo dalla carrozza, “affonda fino al ginocchio in un mare di denaro: non sapevo dove dirigermi, dove andare. Affondavo in un mare di banconote, monete, pietre preziose, gioielli e vestiti. Erano tutti sparsi per terra.”

Il quadro riceve il magistrale tocco finale “da prostitute di Varsavia, che, completamente ubriache, ballavano, cantavano, facevano musica” dall’altra parte del filo spinato.

Per una mente sana tutto questo, “l’affondare fino al ginocchio” in banconote e gioielli, tra migliaia di cadaveri putrefatti e prostitute scatenate, richiederebbe il più alto grado di sconsideratezza, e sarebbe, in un contesto meno fantasioso di quello dei “sei milioni”, da considerarsi come un folle delirio.

Risulta istruttivo finire di parlare su Treblinka riportando ciò che è stato scritto nel libro “Shoah” (edizioni Fayard, 1985). Va detto che è proprio da questo libro che è stato tratto il film di Claude Lanzmann “Shoah” (ben 9 ore e mezzo di proiezione ipercommovente), considerato dallo sterminazionista Pierre Vidal-Naquet “un grandioso film storico” e “una grande opera storica”.

Si può ammirare il dialogo, a pagina 143, tenuto tra Lanzmann e il parrucchiere di Treblinka Abraham Bomba.

- Lanzmann: E la camera a gas?

- Bomba: Non era grande, era 4 metri per 4 circa [...] all’improvviso giunge un Kapó: “Parrucchiere, dovete fare in modo che tutte le donne che entrano qui credano di andare semplicemente a tagliarsi i capelli, fare una doccia e che in seguito usciranno.” Ma noi sappiamo già che non si esce da questo luogo.

- Lanzmann: E subito esse arrivavano?

- Bomba: Sì, esse entravano.

- Lanzmann: Come erano?

- Bomba: Erano svestite, tutte nude, senza abiti, senza niente [...].

- Lanzmann: C’erano degli specchi?

- Bomba: No, niente specchi, dei banchi, niente sedie, solamente dei banchi e sedici o diciassette parrucchieri... [...]

- Lanzmann: Quante donne trattavate in una infornata?

- Bomba: In una infornata... circa... da sessanta a settanta donne.

- Lanzmann: E in seguito si chiudevano le porte?

- Bomba: No, quando si era finito con il primo gruppo entrava il seguente [...].

Dunque noi abbiamo, in una camera di 4 metri per 4, la bellezza di 16 o 17 parrucchieri, 60 o 70 donne nude e dei banchi!

Certo, da “una grande opera storica” di tale portata, ci saremmo aspettati qualcosa che, almeno, non offendesse la nostra intelligenza.

Ma forse questo significava chiedere troppo.

BELZEC

Secondo la storiografia sterminazionista, il campo di Belzec si colloca al terzo posto per importanza tra i campi di sterminio. Secondo gli storici di regime, in esso furono “gasati” 600.000 ebrei.

Belzec fu aperto nel marzo 1942 e serviva da campo di transito per gli ebrei diretti in Russia.

Subito dopo l’apertura del campo corsero voci sui massacri che ivi sarebbero stati compiuti.

Ciò che ci viene raccontato dalla propaganda sterminazionista è un insieme quanto mai variegato di versioni dei fatti. Tali versioni dei fatti hanno ben otto varianti, spesso in stridente contraddizione fra loro.

Prima variante: gli ebrei erano spinti in una baracca dove si dovevano tenere in piedi su di una placca metallica attraverso la quale si faceva passare corrente elettrica mortale (così riferisce il giornale del governo polacco in esilio Polish Fortnightly Review nel dicembre 1942).

Seconda variante: gli ebrei venivano fucilati, e quelli che non lo erano venivano gassati o sterminati mediante l’uso della corrente elettrica (dichiarazione fatta dal comitato d’informazione interalleato il 19 dicembre 1942).

Terza variante: gli ebrei erano uccisi dal calore dentro un forno elettrico, secondo la testimonianza di Abraham Silberschein (Die Judenausrottung in Polen. Ginevra, agosto 1944).

Quarta variante: descritta da Stefan Szende, dottore in filosofia, nel libro “Der letzte Jude aus Polen” (Europa-Verlag Zurich/New York, 1945).

Vi si afferma che gli ebrei venivano spogliati di ogni avere e condotti a migliaia alla volta in sale metalliche che venivano riempite in parte di acqua. Dopodiché veniva fatta passare corrente elettrica ad alta tensione.

Quindi il pavimento di metallo si alzava dall’acqua sollevando i cadaveri, si metteva in funzione una linea elettrica che trasformava la placca in bara crematoria finché tutti i cadaveri non erano ridotti in cenere.

Quinta variante: gli ebrei venivano fulminati nelle docce elettriche e poi trasformati in sapone. Questa versione viene fornita da Simon Wiesenthal (Der neue Weg, Vienna, nº 19-20, 1946): le persone, in gruppi di 500, entravano in bagni con il pavimento di metallo su cui veniva fatta passare una corrente a 5.000 volt, mentre le docce spruzzavano acqua.

Le vittime non venivano cremate mediante resistenze scaldate al calor bianco, come afferma Stefan Szende; i carnefici ne facevano sapone con la marca RIF “Rein Jüdisches Fett”, “puro grasso ebreo” (in realtà la sigla RIF significa “Reichsstelle für industrielle Fettversorgung”, ovvero “Servizio di approvvigionamento industriale di materie grasse del Reich”).

Sesta variante: gli ebrei venivano assassinati mediante la calce viva. Questa variante è descritta dal polacco, non ebreo, Jan Karski, autore del libro “Story of a secret State” (1944, Houghton Miffling, Boston, The Riverside Press, Cambridge, pubblicato poi in francese nel 1948 col titolo “Mon témoignage devant le monde”, edizioni S.E.L.F., Parigi).

Settima variante: gli ebrei venivano sterminati per mezzo dello Zyklon B che era introdotto nei locali delle docce grazie ad un sistema di tubi. Fu per questa versione che decise di propendere un tribunale tedesco nel 1965, ai tempi del processo di Belzec, versione seguita anche da Adalbert Rückerl, ex-direttore dell’Ufficio Centrale di Ludwigsburg incaricato dell’informazione sui “criminali nazisti”, nel suo libro “Nationalsozialistische Vernichtungslager im Spiegel Deutscher Strafprozesse” (Deutscher Taschenbuchverlag, 1977).

Il tribunale e il signor Rückerl precisano che in capo a qualche settimana si è poi passato ai gas di scappamento.

Ciò significa che... è stata necessaria qualche settimana perché le SS si accorgessero che le pasticche di Zyklon-B non passavano per i tubi!

Ottava variante: gli ebrei venivano uccisi dai gas di scappamento dei motori Diesel. Questa variante si trova nel Rapporto Gerstein, rapporto che passa, con la “confessione” di Höss, come la prova più importante dell’Olocausto.

L’ufficiale delle SS del Servizio di Sanità Kurt Gerstein si arrese alle truppe della Prima Armata Francese che occupavano il Württemberg nell’aprile 1945 e, prima del suo suicidio in prigione, avvenuto, (manco a dirlo...) nel luglio dello stesso anno, avrebbe reso la sua confessione. O, meglio, le sue sei confessioni, come il francese Henri Rocques ha ampiamente dimostrato; sei confessioni che, tra l’altro, divergono considerevolmente tra loro. Secondo quanto affermato nelle sei deposizioni, Gerstein visitò Belzec e Treblinka nell’agosto 1942.

A suo dire, circa 25.000.000 di persone furono gassate[!!!]. Stando a ciò che dice, da 700 a 800 persone si ammucchiavano in una camera a gas di 25 metri quadrati (da 28 a 32 persone a metro quadro, quindi). Per ragioni non ancora chiare, gli storici di regime preferiscono il Rapporto Gerstein alle altre varianti. (Fra l’altro i gas di scappamento dei motori Diesel contengono una percentuale modesta di ossido di carbonio: un motore a benzina sarebbe stato uno strumento di produzione di ossido di carbonio molto più efficiente di un motore Diesel).

Se avessero voluto gassare migliaia (o milioni) di persone sul serio, i tedeschi non avrebbero usato un motore, ma avrebbero utilizzato uno dei loro gas tossici di produzione industriale.

Siamo quindi di fronte a una contraddizione evidente: il genio tecnico che si attribuisce ai tedeschi e che doveva loro permettere di sterminare milioni di persone senza lasciare la minima traccia è incompatibile con la stupidità di cui avrebbero dato prova, scegliendo, tra le tante armi di sterminio, la meno efficace.

Quali altre prove abbiamo dell'assassinio di 600.000 persone a Belzec?

Un'ispezione sul sito del vecchio campo di Belzec non è di alcun aiuto perché non vi si trova che un prato, e niente altro.

Non troviamo un solo documento al riguardo: gli sterminazionisti rispondono che i nazisti avrebbero trasmesso oralmente gli ordini per gli sterminii.

Non si sono trovate fosse comuni: gli sterminazionisti rispondono che i nazisti avrebbero bruciato i cadaveri.

Anche i resti delle 600.000 vittime sono però spariti. Gli sterminazionisti rispondono che i nazisti avrebbero disperso le ceneri. Non dicono niente circa le ossa: pochi sanno infatti che le ossa ed i denti non bruciano che parzialmente nei forni crematori, e quindi, per essere fatti sparire dovevano essere macinati.

I morti di Belzec non sono stati registrati da nessuna parte.

Non ci sono più testimoni oculari sopravvissuti. Uno solo dei 600.000 ebrei deportati a Belzec, un certo Rudolf Reder, è sopravvissuto nel campo, ma è deceduto negli anni Sessanta.

Ciò significa che non abbiamo nessuna prova dei 600.000 assassinati a Belzec.

MAJDANEK

Anche Majdanek ebbe le sue camere a gas, e anch'esse erano inadatte.

Esiste lì un crematorio ricostruito, con annessa presunta camera a gas. Le uniche parti dell'edificio che esistevano prima della ricostruzione erano i forni.

Si pretende che l'edificio sia stato ricostruito secondo progetti che sono, però, irreperibili. L'edificio è troppo umido per avervi potuto utilizzare efficacemente Zyklon-B. Inoltre, la costruzione in calcestruzzo è radicalmente differente dagli altri edifici del complesso. L'installazione del secondo edificio di Majdanek è differente; la parte anteriore possiede una camera a gas.

Tale camera possiede due sfiatatoi sul tetto che avevano la funzione di ventilarla dopo l'operazione di disinfestazione.

Ha infatti il dispositivo per la circolazione dell'aria, ma manca di ciminiera per ventilare il gas estratto.E' pertanto impossibile utilizzare il locale come camera a gas per esecuzioni.

Nella parte posteriore dell'edificio si trovano le presunte camere a gas sperimentali, tre (ma una di esse è chiusa e sigillata).

Questi locali possiedono tubazioni per il preteso uso di monossido di carbonio, ma sarebbero state utilizzate anche per gasazioni con Zyklon-B.

Una delle due camere dovrebbe avere una ventilazione attraverso il tetto, ma, a quanto appare, nessuna apertura lo ha mai attraversato.

Le porte non hanno guarnizioni e non sono progettate per essere chiuse ermeticamente. La superficie è di 74,87 m² e avrebbe potuto contenere al massimo 90 persone.

Ancora una volta, il tempo di ventilazione sarebbe stato di una settimana.

L'altra camera ha un sistema di circolazione per introdurre aria calda nella camera: tale sistema di circolazione è progettato e costruito in maniera approssimativa, in quanto l'immissione e l'estrazione del gas sono troppo vicine per potersi effettuare correttamente.

Nulla è previsto per la ventilazione e non esiste nemmeno un condotto di camino.

Delle due camere, una non fu quindi mai terminata e non poté dunque mai essere utilizzata.

Non esiste traccia di sigillante su mattoni, stucco e intonaco.

In ogni caso, la prima camera ha una superficie di 44,9 m², mentre la seconda di 19,4 m².

Tutte e due avrebbero potuto contenere al massimo 78 persone.

E' da notare che queste camere sono circondate su tre lati da corridoi in calcestruzzo, incassati a un livello più basso.

Quindi le filtrazioni del gas si sarebbero potute accumulare nelle fosse ed il gas riparato dal vento, non avrebbe potuto dissiparsi.

Questo fa sì che tali installazioni siano inadatte all'uso di acido cianidrico, come si pretenderebbe, e l'uso potrebbe rendere l'edificio pericoloso per chiunque.

Il monossido di carbonio, d'altro canto, è poco consigliabile per esecuzioni, dato che il tempo necessario per la morte è troppo lungo, a volte anche 30 minuti.

Anche l'uso del biossido di carbonio è poco redditizio, in quanto è ancora meno efficace del monossido.

I gas sarebbero stati prodotti con un motore Diesel.

In ogni caso, in una camera occupata al massimo della sua capienza, nello spazio di 0,83 m² o meno per persona (l'area minima per permettere la circolazione del gas intorno ad esse), gli occupanti dovrebbero morire soffocati dalla loro stessa respirazione.

Quindi molto tempo prima di quando il gas possa avere effetto.

Perciò il solo fatto di rinchiudere persone da giustiziare in uno spazio così ristretto, renderebbe superfluo l'uso di monossido e biossido di carbonio.

E' interessante notare che la stessa propaganda sterminazionista non è stata in grado di definire il numero di camere a gas a Majdanek: infatti secondo una celebre lettera dell'ebreo Martin Broszat, pubblicata il 19 agosto 1960 dal Die Zeit, a Majdanek non ci sarebbe stata alcuna camera a gas.

Secondo la Deutsche Volkzeitung del 22 luglio 1976, invece, ce ne sarebbero state ben sette, mentre, secondo la sentenza del processo di Majdanek a Düssendolf, ce ne sarebbero state "almeno tre".

Secondo il rapporto della commissione sovieto-polacca del 1944, 18.000 persone furono gassate a Majdanek il 3 novembre 1943 al suono di un valzer di Strauss.

Quando l'impossibilità tecnica di questa asserzione è divenuta troppo evidente, si è mutato il massacro col gas in massacro mediante fucilazione.

LA RISIERA DI SAN SABBA

Anche l'Italia avrebbe i suoi campi di concentramento e di sterminio: piccoli, certo, ma, secondo la storiografia sterminazionista, funzionanti.

Il testo sterminazionista più conosciuto su questo argomento è quello di Ferruccio Folken "La Risiera di San Sabba".

Vediamo, con l'aiuto dell'ottimo testo "La risiera di San Sabba: un falso grossolano" di Carlo Mattogno che cosa fu il campo di sterminio nostrano, con annessi e connessi, vale a dire cameretta a gas e forno.

Basta poco per smontare questa ennesima menzogna.

Infatti nessuno dei testimoni cosiddetti oculari ha affermato di aver visto la camera a gas, tranne Paolo Sereni, che vi accenna poco e per sentito dire.

Ma il testimone Schiffner dice che nella stanza in cui venivano uccisi gli ebrei, stanza denominata "Garage", non c'erano impianti a gas e che, probabilmente, si procedeva mediante impiccagione.

Quindi venivano effettuate gasazioni in stanze dove non c'erano impianti per il gas e dove, secondo la testimonianza di Wachsberger, la porta rimaneva aperta per l'intero pomeriggio nei giorni in cui si procedeva agli stermini.

L'assurdità di una camera a gas operante a porta aperta si commenta da sola!

Per quel che riguarda il forno crematorio, la confusione di Folken è inenarrabile: infatti afferma che il forno era interrato e che, secondo l'architetto Boico, era lungo 20 metri x 15. Sarebbero quindi 300 m².

Ma dalla piantina in scala della risiera presentata fuori testo dal Folken, risulta che il forno crematorio misurava 10,5 x 9,5 metri; ovvero 99,75 m². Risulta poi evidente a chiunque l'utilità di piazzare un crematorio sotto terra...

I soli dati pseudoscientifici forniti da Folken si fermano qui: il resto sono solo raccontini e pettegolezzi.

Questo è tutto ciò che hanno in pugno gli sterminazionisti nostrani: decisamente troppo poco per rappresentare una prova italiana dell'Olocausto, e troppo poco per poter dimenticare le foibe istriane in cui furono sterminati, e sul serio, migliaia di Italiani dalle truppe comuniste Jugoslave (con l'appoggio e la benedizione di tanti comunisti nostrani).

I CAMPI DELL'OVEST

Nei primi anni del dopoguerra si dava per scontato che pressoché tutti i campi di concentramento fossero dotati di una o più camere a gas.

Ora, neanche gli stessi storici sterminazionisti dubitano più del fatto che nei territori occidentali non vi siano state camere a gas.

Ciò è dovuto alla estrema strampalatezza e alla troppo evidente non veridicità delle fonti: per capire ciò su cui ci si dovrebbe basare per provare l'esistenza delle camere a gas occidentali, basta dare un'occhiata alla inverosimile rivelazione di Franz Ziereis, comandante di Mauthausen.

Costui, infatti, "confessò" sul letto di morte(19) (come sempre...) la cosa assurda che era avvenuta al castello di Hartheim, non lontano da Linz: tra uno e un milione e mezzo di persone erano state gassate nel castello!

"Un impianto di gassazione camuffato da sala da doccia fu costruito al campo di Mauthausen per ordine del Dottor Kresbach, Hauptsturmführer SS [...]. Il Gruppenführer Glücks ha dato l'ordine di far passare i miseri prigionieri per pazzi e farli assassinare in una grande installazione a gas. Da uno a un milione e mezzo di persone circa sono state assassinate. Questo luogo si chiama Hartheime e si trova a 10 chilometri da Linz in direzione di Passau" (Simon Wiesenthal, "KZ Mauthausen", Ibis-Verlag, 1949, pag. 7-8).

Qual è, allora, la verità sulle cosiddette camere a gas occidentali? Stephen F. Pinter, che lavorò per sei anni, dopo la guerra, come consulente legale per il ministero della guerra degli Stati Uniti per le truppe di occupazione in Austria e Germania, fece la seguente dichiarazione nel diffuso giornale cattolico "Our Sunday Visitor" (L'osservatore della Domenica) del 14/6/59.

"Sono stato per 17 mesi, dopo la guerra, come avvocato del 'Ministero della Guerra' degli Stati Uniti, e posso confermare che a Dachau non esisteva alcuna camera a gas. Quello che veniva mostrato e indicato come camera a gas ai visitatori era un forno crematorio (e lo sbaglio non era certo involontario). Anche negli altri campi di concentramento in Germania non c'erano camere a gas.

A noi venne raccontato che ad Auschwitz esisteva una camera a gas, ma poiché si trovava nella zona di occupazione sovietica, non ci fu permesso di svolgere alcuna inchiesta." .

Il totale del numero degli internati morti a Dachau è un esempio tipico di esagerazioni che vennero poi gradualmente corrette. Nel 1946, il segretario di stato del Governo Bavarese, Philip Auerbach, quello stesso Auerbach che venne in seguito riconosciuto colpevole di essersi appropriato di somme di denaro che egli aveva reclamate a titolo di indennizzo in nome di ebrei mai esistiti, scoprì a Dachau, nel 1946, una lapide, su cui era scritto: " Questo territorio deve essere ricordato come il luogo dove furono cremate 238.000 persone".

Da allora questa cifra è stata costantemente ridotta e attualmente si è giunti a una cifra oscillante tra 20.000 e 25.000 decessi, dovuti principalmente al tifo e alla fame.

Il fatto che alcune migliaia di prigionieri morirono negli ultimi, caotici, mesi della guerra ci porta a chiederci come essi vissero durante la guerra. Le condizioni di vita dei prigionieri sono state descritte in modo distorto e falso nei rapporti e nei diari forniti dai prigionieri stessi.

Il rapporto della Croce Rossa, che sarà esaminato più avanti, dimostra, però, che durante tutta la guerra, i campi erano bene amministrati. Gli internati che vi erano detenuti ricevevano, in qualità di forza lavoro, negli anni tra il 1943 e il 1944, non meno di 2.750 calorie: il doppio di quanto riceveva il cittadino medio tedesco dopo la guerra nella Germania occupata dagli alleati. Gli internati erano sotto costante controllo medico e quelli gravemente ammalati venivano portati all'ospedale del campo.

Tutti gli internati, a differenza di quanto accadeva nei campi di concentramento sovietici, potevano ricevere pacchi contenenti alimenti, indumenti e medicinali da parte dell'Ufficio Assistenza della Croce Rossa.

L'ufficio del procuratore di Stato conduceva accurate indagini nei casi di prigionieri arrestati per attività criminali. Gli innocenti venivano rilasciati; coloro che venivano considerati colpevoli, così come i deportati accusati di crimini più gravi all'interno del campo, venivano processati da una corte militare e giustiziati.

Nell'archivio di Coblenza si trova una direttiva di Himmler del gennaio 1943, che riguarda appunto queste esecuzioni: in essa si ricorda che "non sono permesse brutalità". Occasionalmente ci furono episodi di brutalità, ma essi furono subito stroncati dal giudice delle SS Konrad Morgen dell'Ufficio di Polizia Criminale del Reich, il cui compito era quello di indagare sulle irregolarità nei campi di concentramento.

L'ordine che regnava nei campi di concentramento tedeschi si deteriorò rapidamente durante gli ultimi, terribili mesi di guerra, nel 1945.

Il rapporto della Croce Rossa dichiara che i massicci bombardamenti a tappeto degli Alleati distrussero il sistema di informazioni e di comunicazioni del Reich. I rifornimenti di viveri non poterono più raggiungere i campi di concentramento, e la fame provocò vittime in numero sempre maggiore, così tra gli internati dei campi, come tra la popolazione civile.

Questa terribile situazione fu peggiorata dal sovraffollamento dei campi e dalle epidemie di tifo. Il sovraffollamento era causato dallo sgombero dei campi dell'Est, come Auschwitz, quando i prigionieri furono trasportati verso Occidente a causa dell'avanzata sovietica. Colonne di uomini arrivarono così in altri campi tedeschi, come Bergen-Belsen, che già versavano in notevoli difficoltà.

Senza dubbio simili condizioni provocarono migliaia di decessi, così si spiegano le fotografie di esseri umani ischeletriti e di mucchi di cadaveri che i propagandisti pubblicano e ripubblicano sotto il titolo di "vittime della feroce persecuzione nazista".

E' interessante la lettura della testimonianza del dr. Russel Barton, caposezione e consulente psichiatrico del Severalls Hospital - Essex, pubblicata nella Purnell's History of the Second World War (vol. 7, n. 15), il quale, dopo la guerra, trascorse un periodo di tempo nel campo di Bergen Belsen, come studente di medicina.

"Ufficiali medici tedeschi mi raccontarono che il trasporto di viveri era diventato sempre più difficile. Sulle strade ogni mezzo di trasporto veniva mitragliato e bombardato..."

"Le cause principali [della mortalità] a Bergen-Belsen alla fine della guerra furono: malattie, sovraffollamento causato dall'arrivo di internati dei "Lager" dell'Est, mancanza di disciplina e poco rispetto dei regolamenti all'interno delle baracche, scarso rifornimenti di viveri, acqua e medicinali."

La mancanza di disciplina provocò delle vere e proprie sommosse durante la distribuzione dei viveri: gli Inglesi dovettero usare le mitragliatrici e i carri armati per riportare l'ordine nel campo.

Non soltanto situazioni del genere furono sfruttate a scopi vergognosamente propagandistici, ma è stato fatto uso anche di vere e proprie falsificazioni.

Un caso interessante è stato scoperto dal giornale inglese Catholic Herald, il 29 ottobre 1948. A Kassel, dove ogni tedesco adulto fu costretto ad assistere a un film sugli "orrori" di Buchenwald, un medico di Gottinga riconobbe se stesso sullo schermo, mentre osservava le vittime. Dopo un momento di sbalordimento, si rese conto di avere visto un documentario, girato dai Tedeschi a Dresda, dopo il terribile attacco del 13 febbraio 1945: in quell'occasione il medico aveva prestato il suo aiuto.

Dopo l'attacco aereo su Dresda, che provocò parecchie centinaia di migliaia di vittime, vennero raccolti i corpi in mucchi di 400-500 cadaveri, la cui cremazione durò alcune settimane. Queste erano le immagini che egli aveva riconosciuto e che gli erano state presentate come testimonianze degli orrori di Buchenwald.

Da tutto ciò che è stato finora esposto, risulta chiarissimo che, nonostante la convinzione dell'esistenza di camere a gas nei campi dell'Ovest sia ancora largamente diffusa nel pubblico, non vi è più nessuno storico serio che creda a gassazioni nel castello di Hartheim o nei campi di Ravensbrück, Buchenwald o Dachau, e ciò da decenni. Inoltre, si può anche comprendere il vero motivo dei decessi.

Vale la pena esaminare, a questo punto, la lettera indirizzata a Die Zeit il 19 agosto 1960 dallo sterminazionista Martin Broszat, allora collaboratore dell'Istituto di Storia Contemporanea di Monaco e destinato a diventarne direttore. Questa lettera ha suonato a morto per tutte le camere a gas occidentali: "Né a Dachau, né a Bergen-Belsen, né a Buchenwald ebrei o altri detenuti sono stati gassati. [...]L'annientamento massiccio degli ebrei con il gas cominciò nel 1941/42 ed ebbe luogo unicamente in rari punti scelti per questo scopo e provvisti di installazioni tecniche adeguate, soprattutto in territorio polacco occupato (ma da nessuna parte nell'ex Reich); ad Auschwitz-Birkenau, a Sobibor, a Treblinka, Chelmno e Belzec." [Si noti la mancanza di Majdanek].

Detto in poche e scarne parole, Broszat ammetteva che tutto quanto era stato detto dal 1945 sulle camere a gas del Reich Germanico era menzogna (per "Reich Germanico" s'intende il territorio della Germania nelle sue frontiere del 1937).

D'altronde, né in questa lettera, né in altre opere, Broszat ha prodotto la minima prova del perché, ad esempio, le dichiarazioni dei testimoni relative alle presunte gassazioni di Auschwitz e degli altri campi orientali dovessero essere più degne di fede di quelle che si riferivano alle gassazioni negate di Dachau e Buchenwald.

Fin dal 1948 una commissione di inchiesta americana diretta dai giudici Simpson e Van Roden aveva constatato che le confessioni sulle camere a gas del Reich Germanico erano state ottenute con la tortura: percosse, testicoli lesionati, denti rotti, ecc. Moltissomi fra gli accusati sono stati assassinati, "suicidati" o "giustiziati" subito dopo queste confessioni estorte (The Progressive, febbraio 1949, pag. 21-22).

LE TESTIMONIANZE

Al fine di inquadrare definitivamente l'obiettività dei presunti testimoni oculari, sono state qui esaminate alcune tra le più famose testimonianze (testimonianze che non riguardano direttamente i dati tecnici su camere a gas o forni crematori, su cui, ormai, sappiamo quanto basta).

E' impossibile qui effettuare una trattazione completa di tutte le asserzioni discutibili, ma non si può fare a meno di mettere in luce alcune tra le più eclatanti assurdità.

Tutti conoscono, almeno per sentito dire, "Se questo è un uomo" di Primo Levi.

L'esame dei fatti vissuti dal Levi, così come lui li descrive, ci consente di mettere in dubbio parecchie delle affermazioni fatte circa la volontà sterminatrice dei tedeschi.

Come mai il Levi, partigiano ebreo, debole e maldestro, è riuscito a sfuggire alle famigerate selezioni e ad essere inviato in infermeria per due volte, la seconda volta quando i russi stavano ormai avanzando verso Cracovia?

Che sia debole e maldestro è detto da lui stesso quando afferma di essere uno di quegli ebrei italiani, tutti dottori, "che non sanno lavorare e si lasciano rubare il pane e prendono schiaffi dalla mattina alla sera... perfino gli ebrei polacchi li disprezzano perché non sanno parlare yiddish".

Ma parliamo dei liberatori: infatti il 18 gennaio 1945, sotto l'incalzare dell'armata russa, che aveva già occupato Cracovia, a 50 km ad est di Auschwitz, le SS avevano abbandonato il campo, in fretta ma ordinatamente, dopo aver fatto distribuire l'ultimo rancio quotidiano. All'alba del 21 la fuga dei tedeschi dai pressi del campo era ormai terminata e anche i civili polacchi erano scomparsi. Era logico che le sofferenze fossero finite. Invece no!

I prigionieri, che sotto la direzione delle SS avevano il rancio assicurato, il medico e la possibilità di farsi ricoverare in infermeria, vedevano passare l'amministrazione del campo ai comitati clandestini diretti dai famigerati triangoli verdi, ovvero i criminali comuni, e dai triangoli rossi, ossia i prigionieri politici (erano così chiamati dal triangolo di stoffa cucito sulle loro giacche), i quali non effettuarono alcuna distribuzione del rancio, facendo così morire deliberatamente di fame, di freddo e di stenti parecchie centinaia di prigionieri.

I liberatori invece si facevano attendere: malgrado già dal 22 avessero occupato la vicina cittadina di Auschwitz, e fossero ben sicuri della fuga dei soldati tedeschi, non fecero nulla per alleviare le sofferenze dei prigionieri; sofferenze delle quali sicuramente i partigiani polacchi li avevano informati.

La riprova di ciò è nelle parole del Levi, quando ci vuol descrivere un orrore, a suo dire, compiuto dai tedeschi. Infatti afferma che alcune SS, disperse, ma armate, erano penetrate nel campo ed avevano ucciso, stando a quel che è scritto, "metodicamente, con un colpo alla nuca", tutti i 18 francesi che si erano stabiliti nel refettorio delle SS, "allineando poi i corpi contorti sulla neve della strada".

Ora, in una zona ormai occupata dalle truppe nemiche, se tedeschi sbandati ed armati avessero incontrato i francesi, li avrebbero al massimo posti in fuga, probabilmente senza sparare, per evitare di richiamare l'attenzione di pattuglie nemiche. Non avendo quindi nessun motivo per ucciderli sistematicamente, ed ancor meno di sistemarli sulla strada, pronti per le fotografie dei liberatori, perdendo del tempo prezioso per la propria salvezza.

Inoltre, se i corpi erano, come racconta, contorti, evidentemente erano stati trasportati ed allineati solo dopo che era sopravvenuta la rigidità cadaverica, ovvero il "rigor mortis", perché se fossero stati trascinati subito dopo l'uccisione sarebbero stati distesi, e non contorti.

L'unica spiegazione è che i francesi siano incappati in una pattuglia di militari russi o, più probabilmente, di partigiani polacchi.

Incongruenze analoghe se ne possono trovare fra gli scritti di Giuliana Tedeschi.

Nel già citato libro "C'è un punto della terra... Una donna nel lager di Birkenau" l'autrice racconta, a pagina 56, che le detenute ebree greche con le quali ha lavorato dal maggio all'ottobre 1944 e provenienti da Salonicco erano state deportate tre anni prima. In realtà il primo convoglio di ebrei deportati da Salonicco giunse ad Auschwitz un anno prima, esattamente il 20 marzo 1943.

E che dire, infine, dello splendido artificio letterario di pagina 133? Qui si racconta, di un albero di abete, in questi termini: "la natura ne ebbe compassione e il giorno dopo, il giorno dell'epifania, lo rivestì di neve." L'episodio si riferisce al 6 gennaio 1945, ed è senz'altro molto commovente: peccato che il campo di Birkenau fosse coperto di neve già dal 21 dicembre 1944, come risulta da due fotografie aeree americane.

Vale la pena esaminare un ultimo e illuminante caso: riguarda una testimonianza fatta al processo contro Ernst Zündel, colpevole di aver pubblicato alcuni testi revisionisti.

L'esperto dell'accusa fu Raul Hilberg, un professore americano di origine ebraica.

Dal controinterrogatorio venne fuori che l'esimio professore era stato ad Auschwitz un solo giorno, in occasione di una cerimonia; in tutta la sua vita non aveva mai visto una camera a gas, né nella sua condizione originaria, né ridotta in rovine.

Dovette ammettere che gli Alleati, dopo il 1945, non avevano proceduto a nessuna sperimentazione dell'arma del crimine che concludesse l'esistenza di una camera a gas omicida. Nessun rapporto d'autopsia aveva evidenziato l'assassinio di un detenuto per avvelenamento da gas. Dovette infine ammettere che non esisteva nessuna traccia del cosiddetto "ordine di sterminio" dato dalla cancelleria tedesca.

Pregato dalla difesa di spiegare come i tedeschi, sprovvisti di ogni piano, avessero potuto condurre a termine una gigantesca impresa come quella dello sterminio di milioni di ebrei, egli rispose che c'era stato, nelle varie istanze naziste, "un'incredibile armonia di spiriti, un consenso nella divinazione telepatica in seno a una vasta burocrazia"(!!!).

Ogni commento appare superfluo.

I DOCUMENTI DELLA CROCE ROSSA

A questo punto, è anche ragionevole iniziare a farsi una domanda: è mai possibile che i tedeschi, in un momento particolarmente critico della guerra, impegnassero immense risorse per trasportare milioni di ebrei da una parte all'altra dell'Europa?

E' verosimile che, quando la Germania combatteva una guerra disperata su due fronti, lottando per la sopravvivenza, siano stati trasportati per chilometri e chilometri milioni di ebrei, per condurli in presunti e dispendiosi macelli?

Diciamoci la verità; trasportare i celeberrimi 6 milioni (più innumerevoli altri prigionieri di varie nazionalità) nei campi di concentramento avrebbe significato la paralisi pressoché totale delle forniture militari (uomini, armi, munizioni, carburante, viveri) in un momento, come abbiamo già detto, in cui l'esercito tedesco conduceva una lotta a morte contro nemici potenti e pericolosi.

Bisogna, a questo punto, anche porsi altre domande: è possibile che i tedeschi abbiano ucciso e cremato milioni di persone, se lamentavano la scarsità di mano d'opera e impiegavano tutti i prigionieri nell'industria bellica? Si sarebbe potuto mantenere segreta una operazione di trasporto e sterminio di tali proporzioni?

Queste sono le domande che dovrebbe porsi una intelligenza critica, la quale scoprirebbe che non solo la documentazione statistica, che abbiamo fornito, ma anche i problemi di trasporto e approvvigionamento rendono impossibile continuare a sostenere la menzogna dei 6 milioni.

Ma atteniamoci ad alcuni fatti: nel 1945 la propaganda alleata sosteneva che tutti i campi di concentramento esistenti in Germania erano "campi di sterminio". Ma osservatori coscienziosi tra le truppe di occupazione inglesi ammisero che molti internati erano morti, durante gli ultimi mesi di guerra, per malattie o per fame, ma che non erano state trovate tracce di "camere a gas". Per questo motivo i campi di concentramento orientali, nella zona di occupazione sovietica, come Auschwitz, vennero in primo piano e furono considerati il centro dello sterminio (sebbene a nessuno, all'epoca, fosse permesso di visitarli).

Per quel che riguarda la questione ebraica e le condizioni di vita nei campi di concentramento tedeschi, esiste un "Rapporto del comitato internazionale della Croce Rossa sulla sua attività nella Seconda Guerra Mondiale"(in 3 volumi, Ginevra 1948).

Gli autori, sotto la direzione di Frederic Siordet, dichiarano nell'introduzione che il rapporto si propone, nelle tradizioni della Croce Rossa, di mantenere la più stretta neutralità politica.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, richiamandosi alla Convenzione di Ginevra del 1929, ottenne di poter visitare i prigionieri civili, internati dalle autorità tedesche in Europa Occidentale.

Il suddetto Rapporto, d'altronde, riferisce che in un primo tempo i Tedeschi si rifiutarono di affidare alla Croce Rossa la sorveglianza di persone detenute per motivi di sicurezza, ma che, a partire dall'agosto 1942, fu permessa al Comitato di distribuire nei campi di concentramento della Germania pacchi di viveri, e dal febbraio 1943 l'autorizzazione fu estesa a tutti i campi e a tutte le prigioni (vol. III, pag. 78). Il comitato allacciò presto rapporti con tutti i comandanti dei campi e condusse un programma di aiuti che funzionò egregiamente fino al 1945, così come viene dimostrato dalle migliaia di lettere di ringraziamento inviate da parte di internati ebrei.

Il Rapporto accerta che "quotidianamente venivano preparati fino a 9000 pacchi. Dall'autunno 1943 al maggio 1945 furono spediti complessivamente ai vari campi di concentramento 1.112.000 pacchi, per un peso di 4500 tonnellate" (vol. III, pag. 80). Oltre ai viveri, gli internati ricevevano indumenti e medicinali. "Pacchi venivano spediti a Dachau, a Buchenwald, Sargenhausen, Sachsenhausen, Oranienburg, Flossenburg, Landsberg am Lech, Flöha, Ravensbrück, Hamburg-Neuengamme, Mauthausen, Theresienstadt, Auschwitz, Bergen-Belsen, ai campi di concentramento vicino a Vienna, in Germania centrale e meridionale. I destinatari principali erano Belgi, Olandesi, Francesi, Greci, Italiani, Norvegesi, Polacchi, Ebrei apolidi." (vol. III, pag. 83).

Nel corso della guerra "il Comitato fu in condizione di spedire e distribuire aiuti per un valore di 20 milioni di franchi svizzeri, raccolti in tutto il mondo da organizzazioni assistenziali ebraiche, soprattutto dalla Amerikan Joint Distribution Committee di New York" (vol.I, pag 644).

La Croce Rossa ebbe a lamentarsi per le difficoltà che incontrava nella sua azione, non per colpa dei Tedeschi, ma del blocco dell'Europa voluto dagli alleati.

Il Comitato ebbe anche parole di lode per il regime di Jon Antonescu, il capo fascista della Romania, dove gli fu possibile estendere il proprio aiuto a 183.000 ebrei rumeni, fino al tempo dell'occupazione sovietica. Allora l'aiuto cessò, e la Croce Rossa si lamentò amaramente di non essere mai riuscita "a mandare qualcosa in Russia" (vol. II, pag. 62). Lo stesso destino toccò a molti campi di concentramento in Germania, dopo la "liberazione" da parte dei russi.

Gli sforzi effettuati dalla Croce Rossa per spedire degli aiuti agli internati rimasti ad Auschwitz sotto i sovietici non ebbero successo.

Uno degli aspetti più interessanti del "Rapporto della Croce Rossa", è che esso mette in chiaro le diverse cause dei decessi avvenuti nei campi di concentramento verso la fine della guerra. Il rapporto dice: "La situazione caotica in Germania, durante gli ultimi mesi di guerra, quando i campi di concentramento non ricevevano più rifornimento di viveri, provocò un numero sempre crescente di vittime.

Il governo tedesco, allarmato da questa situazione, informò infine la Croce Rossa, il 1 febbraio 1945... Nel marzo dello stesso anno, colloqui tra il presidente del "Comitato Internazionale della Croce Rossa" ed il Generale delle SS Kaltenbrunner diedero risultati concreti. Operazioni di soccorso poterono essere avviate immediatamente dal Comitato stesso, e fu permesso che in ogni campo di concentramento rimanesse un delegato della Croce Rossa." (vol. III, pag. 83).

Sicuramente le autorità tedesche facevano ogni sforzo possibile per migliorare la situazione. La Croce Rossa rivela anche che i rifornimenti di viveri dovettero essere interrotti a causa degli attacchi aerei degli alleati contro la rete dei trasporti tedeschi, e che, nell'interesse degli ebrei internati, protestò contro "la barbara guerra aerea degli alleati". Il 2 ottobre 1944 il Comitato della Croce Rossa Internazionale mise in guardia il Ministero degli Esteri tedesco contro l'imminente crollo del sistema dei trasporti tedesco e dichiarò che una carestia si sarebbe resa inevitabile per tutta la popolazione della Germania.

Se si esamina questo ampio rapporto, in 3 volumi, si constata che manca completamente qualsiasi prova che esistesse, nei campi concentramento dell'Europa occupata dalle Potenze dell'Asse, una politica di sterminio.

In nessuna delle 1600 pagine del rapporto si trova un accenno alle camere a gas. Si ammette che ebrei, come anche prigionieri di altre nazionalità, soffrirono privazioni e furono trattati con rigore, ma il completo silenzio sull'argomento di un genocidio programmato è una confutazione della menzogna dei "sei milioni".

Alla Croce Rossa, come pure ai rappresentanti del Vaticano, con i quali essa collaborò, non fu possibile unirsi al coro di accuse al genocidio come è oggi di moda.

Non basta: si sente dire da più parti che le esecuzioni di massa avevano luogo in camere a gas camuffate da docce. Il rapporto fa ampia giustizia di queste accuse: "Vennero ispezionate dai delegati non solo i lavatoi, ma anche i bagni e le docce. Spesso si interveniva per migliorare le installazioni, ripararle o ingrandirle"(vol. III, pag. 594).

Il terzo volume del Rapporto (terzo capitolo) tratta "degli aiuti che vennero dati alla parte ebraica dalla popolazione civile".

Ciò significa chiaramente che una notevole parte della popolazione ebraica europea continuò, seppur con limitazioni, a far parte della popolazione civile.

Un esempio è dato dalla Slovacchia, dove era responsabile l'assistente di Eichmann, Dieter Wisliceny, dove gran parte della minoranza ebraica aveva il permesso di rimanere nel paese. Gli ebrei in Slovacchia vissero tranquillamente fino all'agosto del 1944, quando scoppiò la rivolta contro le truppe tedesche.

Bisogna ammettere anche che la legge del 15 maggio 1942 aveva determinato l'internamento di migliaia di ebrei, ma furono tenuti in campi di concentramento dove le condizioni di vita erano abbastanza buone e dove era loro permesso di lavorare dietro compenso.

Dal Rapporto si evince infine che non solo gran parte dei tre milioni di ebrei viventi in Europa ha potuto evitare l'internamento, ma anche che l'emigrazione ebraica continuò per tutta la durata della guerra attraverso la Romania, l'Ungheria e la Turchia.

Infatti viene riferito: "Fino al marzo del 1945 gli ebrei potevano lasciare l'Ungheria, se erano in possesso di un visto per la Palestina"(vol. I, pag. 648).

LA "SOLUZIONE FINALE"

Non esiste un solo documento che permetta di provare in maniera inconfutabile che i Tedeschi progettassero o pensassero di attuare il presunto sterminio degli ebrei. Lo sterminazionista Leon Poliakov è costretto a scrivere che "le tre o quattro persone, che erano principalmente coinvolte nel piano della eliminazione totale, sono morte, e che non si è conservato alcun documento in proposito"(20).

Questa situazione offre notevoli vantaggi; naturalmente sia il progetto sia le "tre o quattro persone" sono affermazioni nebulose, che non è possibile provare.

I documenti di cui disponiamo non fanno mai riferimento a eliminazioni, e pertanto autori come Reitlinger e Poliakov ricorrono sempre alla comoda giustificazione che tali ordini venivano impartiti "a voce".

Mancando prove documentate, si congettura che il progetto di sterminare gli ebrei sia nato nel 1941, contemporaneamente all'attacco alla Russia: la prima fase sarebbe stata l'eliminazione degli ebrei sovietici.

Il resto del piano, così viene supposto, dovrebbe aver avuto inizio nel marzo del 1942, con la deportazione degli ebrei orientali nei lager del Governatorato Generale di Polonia, quali i giganteschi insediamenti industriali di Auschwitz.

Poliakov e Reitlinger almanaccano di "ordini orali" impartiti in incontri segreti tra Hitler e Himmler, aggiungendo che nessuno doveva essere presente a questi colloqui e che non fu redatto alcuno scritto.

E' superfluo ricordare ancora una volta che non esiste neanche il più piccolo indizio che simili insoliti incontri siano avvenuti.

William Shirer, nel suo libro "Ascesa e caduta del Terzo Reich", (opera nell'insieme stravagante e poco seria), di eventuali prove documentate non fa parola. Dichiara soltanto (e forse senza neanche tanta convinzione), che il supposto ordine di eliminare gli ebrei "non fu mai posto per iscritto da Hitler, in quanto non ne venne trovata copia alcuna. Esso fu verosimilmente trasmesso a voce a Göring, Himmler e Heydrich, che a loro volta provvidero a inoltrarlo..."(pag. 1148).

I particolari tecnici dell'eliminazione degli ebrei sarebbero stati fissati in una conferenza al Gross-Wannsee (Berlino), il 20 gennaio 1942. A tale conferenza, presieduta da Heydrich, sarebbero stati presenti funzionari di tutti i ministeri tedeschi.

Reitlinger e Poliakov considerarono il processo verbale di questa conferenza come la loro carta vincente, in quanto esso dimostrerebbe l'esistenza di un piano di sterminio. Ma la verità è che un tale piano di sterminio non viene menzionato in nessun punto del processo verbale. Heydrich disse solo di aver ricevuto da Göring l'incarico di regolare la soluzione della questione ebraica.

Dopo aver constatato che gli sviluppi bellici avevano reso irrealizzabile la progettata emigrazione ebraica in Madagascar(21) , proseguì: "Il programma che prevedeva l'emigrazione è stato ora sostituito da un'altra possibile soluzione: l'evacuazione degli ebrei nei territori dell'Est in conformità con l'autorizzazione precedente del Führer".

Qui, aggiunse, deve essere impiegata la loro mano d'opera.

Ora si pretende di dare a questa dichiarazione un senso oscuro e sinistro, e far nascere il sospetto che gli ebrei dovessero essere portati in Oriente per esservi sterminati.

Il professor Paul Rassinier, un francese deportato a Buchenwald, afferma che "il processo verbale vuol dire solo ciò che in esso è scritto, ossia il concentramento degli ebrei per utilizzare questa mano d'opera nei ghetti orientali del Governatorato Generale di Polonia. Lì avrebbero dovuto aspettare la fine della guerra e la ripresa dei colloqui internazionali che avrebbero deciso del loro futuro."

Ciò nonostante, molti autori continuano a insistere che Heydrich avrebbe usato l'espressione "impiego della mano d'opera nei territori dell'Est" per indicare un riferimento all'eliminazione fisica, ma non ci spiegano perché non dovremmo credere che "impiego di mano d'opera" significhi realmente "impiego di mano d'opera".

La completa mancanza di prove documentate che comprovino l'esistenza di un piano di sterminio ha favorito l'abitudine di stravolgere il significato di documenti che ci sono giunti. Per esempio, un documento che parla di "evacuazione" non riguarda l'"evacuazione", ma, sarebbe un modo artificioso per intendere lo sterminio.

In questo modo, come abbiamo potuto vedere, le parole non vengono più intese per quello che significano.

I Tedeschi, quando si trattava di stendere un rapporto erano meticolosissimi al punto che tenevano conto fin dei più piccoli particolari; ma tra tutte le migliaia di carte e documenti delle SS, della Gestapo, gli atti del "Reichssicherheitsshauptamt", gli atti del Quartier Generale di Himmler e gli ordini personali di Hitler, non si è trovato un solo ordine riguardante lo sterminio degli ebrei o di chi per essi.

Del pari infruttuosi sono stati i tentativi di trovare "velate allusioni" al genocidio in discorso come quello che Himmler tenne a Posen nel 1943 ai suoi SS-Obergruppenführer (Generali delle SS).

Anzi, il 20 gennaio 1943 l'SS-Brigadeführer Glücks provvide a trasmettere ai comandanti dei campi di concentramento un ordine dello stesso Himmler del 28 dicembre 1942, concernente l'abbassamento con ogni mezzo della mortalità dei campi, ritenendoli "personalmente responsabili dell'esaurimento di ogni possibilità di conservare la forza fisica dei detenuti".

Conclusione: non esiste nessuna prova... ma, come sempre, solo illazioni.

I PROCESSI

Non essendoci prove dell'Olocausto (niente cadaveri, niente documenti, niente armi del crimine), i tribunali che dopo la guerra furono incaricati dai vincitori (e successivamente dai governi tedeschi) di scovare le prove del genocidio, si trovarono di fronte alla contraddizione di dover giudicare di un presunto crimine perpetrato su milioni di persone senza che del delitto ci fosse la benché minima traccia.

Questo è stato lo scopo di Norimberga: quello di configurare una strage che sarebbe stata di dimensioni uniche nella storia e di attribuirla in qualsiasi modo ai tedeschi.

Certo, gli alleati non hanno di certo indietreggiato, nell'occasione, dinanzi alle torture fisiche (il caso Höss parla chiaro, e i casi simili non si contano), ma in genere hanno usato una tattica più sottile.

Il ragionamento era pressapoco questo: dato che l'Olocausto era un fatto stabilito, allora gli accusatori possono dare prova di una grande disinvoltura quanto alla colpevolezza individuale di tale o talaltro accusato.

E' stato così possibile, per molti nazisti di secondo piano, riversare qualsiasi colpa su superiori morti o scomparsi.

L'articolo 19 dello statuto del tribunale militare internazionale, sorto dall'accordo di Londra (firmato l'8 agosto 1945), e base del processo di Norimberga, prevedeva che: "Il tribunale non sarà tenuto alle regole tecniche relative all'amministrazione delle prove [...]". Ciò significa, in maniera molto chiara, che tale tribunale poteva ammettere qualsiasi "documento" giudicasse aver valore di prova, senza assicurarsi dell'autenticità dello stesso; forgiare a volontà corpi di reato e rigettare le prove a discarico, tutto ciò senza alcuna motivazione.

Inoltre l'articolo 21 dello statuto stabiliva che "Il tribunale non esigerà che sia presentata prova di fatti di pubblica notorietà, ma li darà per acquisiti [...]". Dato che era lo stesso tribunale a decidere cosa fosse "un fatto di pubblica notorietà", ne risulta che la colpevolezza degli accusati era stabilita per principio, in quanto l'Olocausto, secondo il suddetto tribunale era "un fatto di pubblica notorietà".

Solo chi ha potuto leggere i documenti di Norimberga può rendersi conto del carattere strampalato delle accuse fatte: basterà qui darne un esempio per tutte. Secondo le accuse sovietiche, i tedeschi hanno sterminato nel campo di concentramento di Sachsenhausen non meno di 840.000 prigionieri di guerra russi procedendo in questa maniera:

"Nel piccolo locale c'era un'apertura di circa 50 cm. I prigionieri di guerra si dovevano mettere con la testa all'altezza del buco ed un tiratore che si trovava dietro gli sparava. Ma questo dispositivo era in pratica insufficiente, poiché, spesso, il tiratore non colpiva il prigioniero. In capo a otto giorni si creò un nuovo dispositivo. Il prigioniero era piazzato, come prima, presso la parete; poi si faceva scendere lentamente una piastra di ferro sulla sua testa. Il prigioniero di guerra aveva l'impressione che si volesse misurare la sua altezza. C'era nella piastra di ferro un chiodo e affondava nella nuca del prigioniero. Questi crollava morto sul pavimento. La piastra di ferro era azionata per mezzo di una leva a pedale che si trovava in un angolo di questo locale." (Processo dei grandi criminali di guerra davanti al tribunale militare internazionale. Norimberga, 14 novembre 1945-1 ottobre 1946, volume VII, pagine 416-417).

Secondo l'accusa, i cadaveri di questi 840.000 prigionieri di guerra sarebbero poi stati carbonizzati in quattro crematori mobili montati sul rimorchio di un camion.

Ora, né l'ammazzatoio a pedale, né i crematori mobili in grado di incenerire 210.000 cadaveri in tempo record, né gli innumerevoli altri prodigi tecnici descritti a Norimberga sono stati presentati al tribunale come corpo del reato. L'assenza del cosiddetto "corpus delicti" è stata controbilanciata dalle dichiarazioni scritte di testimoni che deponevano sotto giuramento.

Purtroppo Norimberga non è stata l'unico caso: ancora oggi si indicono processi (condotti in maniera estremamente vergognosa) da parte della stessa Repubblica Federale Tedesca (e non solo).

Il semplice fatto che una perizia sull'arma del crimine, cioè sulle camere a gas, non sia stata reclamata in alcuno di questi processi, mostra che essi non sono stati condotti secondo i principi di uno Stato di diritto. Una tale perizia avrebbe rivelato l'impossibilità tecnica della gassazione di massa e la leggenda dell'Olocausto sarebbe crollata.

Le sole prove a carico erano e sono le testimonianze: gli ex deportati che incriminavano gli accusati per odio o per oro non avevano niente da temere. Nessun testimone è mai stato perseguito per falsa testimonianza in un processo a "criminali di guerra" tedeschi.

La discussione sui "crimini" verteva unicamente sulla colpa individuale dell'accusato. Se questi osava contestare l'esistenza delle camere a gas e lo sterminio degli ebrei, si metteva in una situazione totalmente disperata e la sua "insistenza" lo esponeva a una pena particolarmente severa.

Gli accusati sceglievano quasi sempre, d'accordo con gli avvocati, la tattica di non contestare l'esistenza delle camere a gas. Essi negavano solo la loro personale partecipazione alle gassazioni, oppure, quando le testimonianze erano particolarmente pervicaci, sostenevano di aver agito dietro ordini superiori.

Coloro che accettavano di cooperare potevano sperare in pene particolarmente lievi: questo rende conto del fatto che non si voleva giudicare un crimine (ripetiamo, presunto), ma si volevano indire una serie di processi a scopo politico.

Al processo di Belzec, nel 1965, l'unico accusato, Josef Oberhauser, è stato ritenuto responsabile di aver partecipato all'eliminazione di 300.000 persone, ma se ne è uscito con una pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione.

Motivo di questa clemenza: al momento del dibattito Oberhauser ha rifiutato qualsiasi dichiarazione. Il significato di ciò è chiaro: l'imputato non contestava l'accusa, quindi la giustizia della Repubblica Federale Tedesca poteva affermare ancora una volta che i colpevoli non avevano mai negato i massacri.

Al processo per Auschwitz, a Francoforte, l'accusato Robert Mulka, giudicato colpevole di gravi crudeltà, è stato condannato a 14 anni di prigione, pena criticata perché giudicata troppo moderata.

Quattro mesi più tardi veniva liberato per "ragioni di salute": aveva ammesso l'esistenza delle camere a gas.

Coloro che hanno agito diversamente non hanno avuto scampo. Kurt Franz, imputato al processo di Treblinka, è stato in prigione dal 1959 al 1993 perché non ha cessato di contestare l'immagine di Treblinka come campo di sterminio. Il suo co-accusato, Suchomel, secondo il quale gli ebrei entravano nelle camere a gas nudi e in buon ordine, non ha scontato che quattro anni.

Un giudice che mettesse in dubbio l'Olocausto o le camere a gas si esporrebbe alla rovina irrimediabile della propria carriera. Anche gli avvocati difensori non hanno mai messo in dubbio l'esistenza delle camere a gas, ma solamente la partecipazione al crimine dei loro clienti.

E' in questo modo che hanno fatto e fanno tutt'ora giustizia in Germania e negli altri paesi satelliti degli Stati Uniti.

PERCHE' SEI MILIONI

Possiamo anche chiederci, a questo punto, da dove è uscita la leggenda dei mitici "6 milioni". Possiamo dire con estrema sicurezza che tale numero è stato inventato molto prima dell'ascesa al potere del nazismo.

Infatti, nel Congresso Sionista del 1911 (quindi ben 22 anni prima dell'ascesa al potere di Hitler) fu fatta una interessantissima dichiarazione da parte di Max Nordau(22).

Egli si scagliò contro i rappresentanti ebreo-tedeschi, rei di essere contrari al ritorno in Israele del popolo ebraico, e di essersi vantati, quindi, del loro grado di integrazione in Germania.

Le sue "profetiche parole" furono esattamente le seguenti: "Questi governi così solleciti del diritto, così nobilmente e industriosamente attivi nel preparare la pace universale, stanno preparando la completa annichilazione di sei milioni di persone".

Vogliamo ricordare che il numero di sei milioni non può essere messo in dubbio senza rischio: in Francia il 14 luglio 1990 è stata approvata una legge (legge Fabius), che infligge una pesante pena a chiunque metta in dubbio il numero di sei milioni.

La legge corrispettiva, qui in Italia, è la legge Mancino

CONCLUSIONE

Dopo aver trattato questi argomenti, ci sentiamo in obbligo di rispondere ad un'ultima domanda che potrebbe sorgere in coloro che leggono: tutto ciò giova solo agli Alleati?

Certamente no:

1) Giova ai dirigenti tedeschi: nessun uomo di potere in Germania, partendo dai cancellieri che si sono avvicendati nel tempo, fino all'ultimo borgomastro, ha mai potuto o voluto mettere in dubbio la "verità suprema" dell'Olocausto.

Se i dirigenti tedeschi avessero messo in dubbio l'Olocausto o rinunciato ad istituire "processi ai criminali di guerra", la stampa americana e mondiale, quasi tutta sotto controllo sionista, avrebbe reagito con un fuoco continuo di attacchi antitedeschi (basti ricordare le traversie a cui fu soggetto Kurt Waldheim, calunniato per anni dai sionisti per crimini di guerra puramente inventati).

L'intenzione della Repubblica Federale Tedesca è chiara: grazie a questi processi si ottengono due vantaggi tangibili.

Il primo è quello di dare ampia prova di ortodossia democratica al mondo e di apparire un alleato modello agli occhi degli Stati Uniti d'Israele. Il secondo, non meno importante del primo, di giustificare le storture del sistema liberal democratico, introdotto dai carri armati USA Facendo apparire il regime nazista come una criminale combriccola di bruti.

Sostanzialmente il governo coloniale tedesco vuole inviare una sorta di messaggio subliminale alle sue masse subalterne che suono più o meno così: "non lamentatevi della democrazia "made in USA" per lo spaccio in ogni angolo di strada, per la corruzione dilagante, per la depravazione dei costumi sessuali (che hanno ridotto le nascite al lumicino), per l'individualismo più sfrenato e per la perdita di ogni identità culturale... Quando in Germania comandavano i tedeschi, le cose andavano ben peggio...".

Tutta la campagna antinazista è stata orchestrata in maniera perfetta, al fine di "educare" in particolar modo le giovani generazioni. A questo fine si fanno assistere ai processi masse di scolaretti, in maniera tale da cancellare in essi ogni traccia di spirito nazionale, di amor proprio e di devozione nei confronti del proprio popolo.

2) Giova per occultare gli orrendi crimini e le brigantesche imprese di Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, ed Unione Sovietica; crimini commessi sulla pelle dei tedeschi, degli italiani, e dei giapponesi. (Ad esempio il popolo tedesco avrebbe potuto chiedere per quale motivo Dresda, città che si sapeva essere priva di obbiettivi militari e piena solo di profughi, fu ridotta a un braciere, con 300.000 morti carbonizzati; perché più di un milione di tedeschi morirono nei campi di concentramento anglo-americani; perché milioni, milioni autentici, di tedeschi della Prussia, della Slesia, dei paesi baltici, sono scomparsi senza lasciare traccia).

3) Giova alla Polonia, che può consolidare definitivamente i suoi confini occidentali, la famosa linea Oder-Neiss, e perché può lucrare su Auschwitz e sugli altri campi, trasformati in varie Gardaland dell'orrore a uso e consumo di curiosi turisti in vena di emozioni forti.

5) In ultimo, ma non per ultimo, giova allo stato-pirata di israele, che può così occupare una terra sulla quale non può vantare nessun diritto, e nella quale può perpetrare qualsiasi crimine; in quanto le vittime delle vittime... sono sempre un po' meno vittime... terra strappata ai legittimi abitanti con la forza delle armi pagate con le decine di miliardi di marchi ottenuti a titolo di riparazione dalla Germania(23).

Il Grande Olocausto rappresenta una delle più importanti colonne su cui poggia la potenza di quell'immenso impero ebraico-statunitense chiamato Occidente.

E' stato qui dimostrato che tale colonna, dall'apparenza così gagliarda, è in realtà estremamente fragile ed inconsistente.

Basterà farla crollare e si può esser sicuri che l'impero degli Stati Uniti d'israele entrerà in crisi, quantomeno in crisi di legittimità.

Siamo consci del fatto che l'impresa è tutt'altro che facile. I revisionisti non possiedono certo i mezzi di cui dispone la propaganda: non abbiamo studi cinematografici(24), non abbiamo televisioni, non abbiamo radio...ci si sente, scusate la retorica, come un granello di sabbia.

Ma siamo sicuri che l'ingranaggio della menzogna non può continuare a girare all'infinito e che anche un granellino di sabbia, per quanto piccolo, può bloccare il meccanismo più gigantesco.


ALLEGATO 1

ALLEGATO 2

ALLEGATO 3

ALLEGATO 4


BIBLIOGRAFIA REVISIONISTA

AAVV, "Revisionismo III". Articoli su "Avanguardia" n° 91, 1993.

AAVV, "Pluralismo e revisionismo". Articoli su "L'Uomo libero" n° 41, 1996.

Christophersen T., "La menzogna di Auschwitz". Edizioni La Sfinge, 1984.

Faurisson R., "Le camere a gas non sono mai esistite". Articolo su "Storia Illustrata" n° 261, 1979.

Felderer D., "Il diario di Anna Frank: una frode". Edizioni la Sfinge, 1990.

Guillaume P., "Jean-Claude Pressac, preteso demolitore del revisionismo olocaustico". Edizioni Graphos, 1996.

Harwood R., "Auschwitz o della soluzione finale. Storia di una leggenda". Edizioni Le Rune, 1978.

Leuchter F. A., "Rapporto Leuchter". Edizioni all'Insegna del Veltro, 1993.

Mattogno C., "La Risiera di San Sabba: un falso grossolano". Edizioni Sentinella d'Italia, 1985.

Mattogno C., "Auschwitz: due false testimonianze". Edizioni La Sfinge, 1986.

Mattogno C., "Wellers e i 'gasati' di Auschwitz". Edizioni La Sfinge, 1987.

Mattogno C., "Auschwitz: le 'confessioni' di Höss". Edizioni La Sfinge, 1987.

Mattogno C., " 'Medico ad Auschwitz': anatomia di un falso". Edizioni La Sfinge, 1988.

Mattogno C., "Come si falsifica la storia. Saul Friedländer e il 'rapporto' Gerstein". Edizioni La Sfinge, 1988.

Mattogno C., "La soluzione finale: problemi e polemiche". Edizioni di Ar, 1991.

Mattogno C., "Auschwitz: la prima gasazione". Edizioni di Ar, 1992.

Mattogno C., "Auschwitz: fine di una leggenda". Edizioni di Ar, 1994.

Mattogno C., "Intervista sull'Olocausto". Edizioni di Ar, 1995.

Rassinier P., "La menzogna di Ulisse".Edizioni Le Rune, 1966 (nuova ediz. Graphos, 1996).

Saletta C., "Per il revisionismo storico contro Vidal-Naquet".Edizioni Graphos, 1993.


NOTE

1 D'ora in poi chiameremo "sterminazionisti" tutti coloro che asseriscono la veridicità dello sterminio degli ebrei da parte dei Tedeschi.

2 Vedi capitolo "La soluzione finale"

3 Noi, personalmente, riteniamo che fra gli Stati Uniti ed israele esista, più che un rapporto di alleanza, un rapporto di vera e propria sottomissione dei primi al secondo; e ciò a causa del fatto che, negli USA, tutte le leve del potere sono in mano ad ebrei. Il presidente americano è, sempre a nostro avviso (non pretendiamo su questo punto di convincere nessuno, non è l'argomento che vogliamo trattare), solo un uomo di paglia dei giudei. Si pensi solo che otto dei nove "consiglieri" di Bill Clinton sono ebrei, in uno stato dove i giudei costituiscono solo il 2,4% della popolazione.

L'iniziale minuscola di "israele" rappresenta, in sintesi simbolica, il nostro giudizio sul sionismo.

4 Nel suo libro "The Dissolution of Eastern European Jewry" (IHR, Costa Mesa, 1983), l'americano Walter Sanning afferma, citando materiale di fonte ebraica, che nel "Governatorato Generale" non risiedevano più di 800.000 ebrei.

5 Presidente del comitato antifascista ebreo-sovietico.

6 In particolare nel Nord, negli Urali e nell'Estremo Oriente Sovietico.

7 Sanning ricostruisce anche attraverso quali vie gli ebrei sono riusciti ad arrivare in Palestina; in particolare attraverso Cipro, Persia, Marocco, Tunisia.

8 Dopo la cattura da parte degli inglesi, Höss sarà consegnato alle autorità comuniste polacche, che nel 1947 lo condannarono a morte ed eseguirono quasi immediatamente la sentenza.

9 Ci si trovava, infatti, in un locale che serviva da mattatoio della fattoria.

10 A Norimberga le cose non andarono meglio: viene riferito che fece la sua testimonianza con voce monotona, lo sguardo fisso nel vuoto, come un automa. Persino Reitlinger respinge la sua testimonianza come inattendibile; in particolare, quando parla di 16.000 morti al giorno ad Auschwitz (sarebbero quindi 13.000.000 di morti alla fine della guerra). Ma, anziché smascherare tali valutazioni, che secondo Reitlinger sono effettivamente falsificazioni, quest'ultimo preferisce pensare che simili esagerazioni siano il frutto di una specie di "orgoglio professionale".

11 I documenti tedeschi sequestrati dai vincitori della seconda guerra mondiale sono stati vagliati, selezionati e catalogati in vista dei processi contro i "criminali di guerra nazisti". La classificazione di questi documenti è stata eseguita premettendo al numero progressivo del documento selezionato una sigla che ne indica l'argomento o la fonte. Ad esempio, la sigla NG significa "Nuremberg, Government" (documenti sull'attività dei ministri del Reich), NO "Nuremberg, Organizations" (documenti sull'attività delle organizzazioni naziste, come le SS), NI "Nuremberg, Industrialist" (documenti sulle compagnie industriali e finanziarie tedesche), NOKW "Nuremberg, Oberkommando der Wehrmacht" (documenti sulle forze armate tedesche). Con la sigla PS (Paris-Storey) sono classificati i documenti selezionati a Parigi dal colonnello Robert G. Storey. I documenti presentati dalla Repubblica di Francia presentano la sigla RF, mentre quelli di fonte sovietica la sigla USSR.

12 "Le testimonianze che riguardano i campi di sterminio in Polonia furono raccolte principalmente dopo la guerra dalla Commissione statale polacca e dalla Commissione Centrale di Storia Ebraica della Polonia" (Reitlinger, "La soluzione finate", cit., pag. 651).

13 Non basta: a lato del crematorio I erano dislocati anche gli uffici della Sezione Politica della Gestapo.

14 Jean Claude Pressac, autore di uno studio sul complesso Auschwitz-Birkenau, pubblicato da "The Beate Klarsfeld Foudation" nel 1989 e dal titolo "Auschwitz, tecnique and operation of the gas chambers".

15 Quest'opera, in dieci volumi, è stata edita in un lasso di tempo che va dal 1972 (per il primo volume) al 1983 (per il decimo volume). Il terzo volume, a cui bisogna fare riferimento, è del 1974.

16 La muffola è un contenitore in materiale refrattario al calore, con forma variabile e accessibile dall'esterno, utilizzato nei forni atti al trattamento di pezzi che devono essere riparati dall'azione diretta del calore.

17 Lublino, 23 ottobre 1941, Archivio nazionale del museo di Majdanek.

18 Dati tratti dalla lettera della Topf alla SS-Neubauleitung KL Mauthausen del 14 luglio 1941, Archivio statale di Weimar.

In realtà tali risultati sono ottenibili in condizioni ottimali solo usando il tiraggio forzato.

19 Per la cronaca, era stato ferito all'addome da tre colpi di arma da fuoco

20 "Das Dritte Reich un die Juden" (Berlino 1955).

21 La sconfitta della Francia fece sì che prendesse corpo la prospettiva di evacuazione di tutti gli ebrei europei nell'isola di Madagascar, allora colonia francese. Tale progetto fu abbandonato ufficialmente il 10 febbraio 1942.

22 Max Nordau: Max Simon Südfeld, detto Max Nordau (Budapest 1849 - Parigi 1923). Medico e scrittore, di formazione socialista, dopo il 1895 fu uno dei principali animatori del sionismo. Il suo ruolo crebbe d'importanza dopo la morte di Theodor Herzl (Budapest 1860 - Edlach, presso Vienna, 1904).

23 Ricordiamo che,secondolo Spiegel (n° 18/1982),la Repubblica FederaleTedesca ha pagato, dal 1952 a oggi, 85,4 miliardi di marchi a Israele; ovvero,in lire, circa 88mila miliardi di lire.

L'ebreo Nahum Goldmann, nella sua autobiografia "Das jüdische paradox", scrive: "Senza le riparazioni tedesche, che sono cominciate a giungere nel corso dei primi dieci anni di esistenza dello stato, Israele non avrebbe che la metà delle sue infrastrutture attuali: tutti i treni in Israele sono tedeschi, le navi sono tedesche, così come l'elettricità, una gran parte dell'industria [...], per non parlare delle pensioni versate ai sopravvissuti.".

24Negli Stati Uniti quasi tutte le case cinematografiche appartengono ad ebrei, si veda al riguardo l'interessante testo di Gianantonio Valli "Dietro il Sogno Americano" - "Il Ruolo dell'Ebraismo nella Cinematografia Statunitense". Edito dalla "Casa Editrice Barbarossa" - Milano.