MAJDANEK – LA VERA STORIA

di Jürgen Graf

Conferenza tenuta l’8 Agosto 1998 al Simposio Revisionista Internazionale dell’Adelaide Institute. [1]

 

Secondo gli storici ortodossi dell’”Olocausto”, i tedeschi istituirono sei “campi di sterminio” in Polonia, nei quali gli ebrei furono sistematicamente assassinati in camere a gas. Uno di questi pretesi centri di sterminio fu Majdanek, vicino alla città di Lublino.

Gli storici dell’”Olocausto” sostengono che Majdanek fungeva sia da campo di lavoro che da fabbrica di sterminio. Tra il Settembre del 1942 e l’Ottobre del 1943, si presume che i tedeschi abbiano gassato un gran numero di prigionieri ebrei, in parte per mezzo dello Zyklon-B, in parte per mezzo di monossido di carbonio. In più, i tedeschi sono accusati di aver fucilato circa 18.000 ebrei a Majdanek il 3 Novembre 1943. Questo fu, secondo quanto si afferma, il più bestiale massacro mai commesso nei campi di concentramento tedeschi in una singola giornata.

Decine di migliaia di libri sono stati pubblicati sull’”Olocausto”. Ci si potrebbe perciò aspettare di trovare una gran quantità di studi scientifici su questi pretesi sei luoghi di sterminio. In realtà, gli storici sterminazionisti hanno focalizzato la loro attenzione quasi esclusivamente su Auschwitz. Con suo grande sgomento l’aspirante studente di Majdanek scoprirà invece che non c’è un solo libro serio su questo campo in alcuna lingua occidentale!

Sfortunatamente, i revisionisti non è che abbiano fatto molto meglio. Il solo libro revisionista dedicato a Majdanek è il “Majdanek in alle Ewigkeit?” di Josef Gideon Burg. [2] Burg era un ebreo tedesco rabbiosamente anti-sionista. Egli accusò i sionisti di sfruttare i tragici eventi di Majdanek per calunniare la nazione tedesca moralmente e finanziariamente e sostenne che non ci furono camere a gas omicide in quel campo. Burg, che morì nel 1990, fu un uomo straordinariamente coraggioso e onesto, ma sfortunatamente il suo libro è di scarso valore scientifico basato com’è quasi esclusivamente su testimonianze oculari e articoli di giornale.

Nel 1988 Fred Leuchter scrisse il suo famoso rapporto sulle pretese camere a gas di Auschwitz I, Birkenau e Majdanek. [3] L’ultima parte, che riguarda Majdanek, abbonda di errori. Questo fu inevitabile visto che Leuchter trascorse solo un paio d’ore nel campo di Lublino. Alcuni dei suoi errori più appariscenti furono accuratamente evidenziati da Jean-Claude Pressac. [4]

Mentre in Occidente sia gli storici sterminazionisti che revisionisti hanno totalmente trascurato Majdanek, esiste in Polonia un’abbondante letteratura su questo campo. Poiché sono davvero pochi i ricercatori occidentali che si preoccupano di acquisire una conoscenza professionale della lingua polacca, tale letteratura è a loro inaccessibile. I pochi che possono leggere il polacco scopriranno velocemente che gli studi degli storici polacchi sono in parte di ottima qualità – tranne per due aspetti cruciali: il numero delle vittime e la realtà dei pretesi stermini di massa. In seguito addurrò qualche esempio per dimostrare quanto siano fraudolenti i mezzi usati dagli storici polacchi per tenere insieme una fatiscente mescolanza di bugie.

Il mio amico italiano Carlo Mattogno – che è senza dubbio il migliore esperto mondiale sull’”Olocausto”- ed io abbiamo deciso di fare il lavoro che tutti gli altri storici hanno mancato di realizzare. Il nostro libro KL Majdanek. Eine historische und technische Studie [5] uscirà nelle prossime due o tre settimane. Il libro contiene alcune pregevoli fotografie di cui sono qui costretto sfortunatamente a fare a meno. Nel Giugno 1997 Mattogno ed io abbiamo trascorso un po’ di tempo a Lublino. Il nostro libro è basato essenzialmente sulle seguenti fonti:

Documenti trovati negli archivi russi nel 1995; [6]

Documenti trovati sia negli archivi del Museo di Majdanek che negli archivi della città di Lublino;

La letteratura polacca;

Investigazioni effettive condotte nei luoghi dell’ex campo di concentramento.

Sfortunatamente la documentazione sul campo di Lublino non è affatto completa come lo storico vorrebbe; molti documenti sono scomparsi o furono distrutti prima della liberazione del campo. Perciò, sarebbe molto difficile scrivere una “storia di Majdanek”. Per fare solo un esempio, noi non sappiamo quanti prigionieri furono deportati a Majdanek durante i quasi tre anni della sua esistenza, e dobbiamo accontentarci di stime approssimative. Tuttavia, i documenti esistenti ci permettono di determinare il numero dei morti del campo con ragionevole precisione e di refutare sia il mito delle camere a gas omicide che la leggenda della fucilazione di massa pretesamene perpetrata nel Novembre 1943.

Qualche osservazione sulla funzione dei campi di concentramento

Dal 1933 al 1939 i campi di concentramento tedeschi non ebbero alcuno scopo economico. Essi furono usati per isolare criminali incalliti e oppositori politici ritenuti una minaccia per il governo nazionalsocialista. Il numero di prigionieri in tempo di pace fu di solito molto basso. Ad esempio, nell’estate del 1937 non figuravano più di 7500 prigionieri, [7] la maggioranza dei quali era costituita da criminali comuni e cosiddetti “elementi antisociali” (prostitute, barboni, mendicanti etc.)

Dopo lo scoppio della guerra, furono allestiti numerosi nuovi campi di concentramento, e il numero dei loro detenuti aumentò drammaticamente. Oltre ai combattenti della resistenza antinazista dai paesi occupati, furono inviati nei campi molti prigionieri di guerra. La deportazione di massa degli ebrei iniziò alla fine del 1941.

Con il protrarsi della guerra la mancanza di manodopera divenne un problema sempre crescente per l’industria di guerra tedesca a tal punto che i campi assunsero gradualmente un’importante funzione economica. Il 30 Aprile 1942 il SS-Obergruppenfuhrer Oswald Pohl, direttore del Wirtschafts-Verwaltungshauptamt (WVHA) scrisse al Reichsfuhrer SS Heinrich Himmler: [8]

“La guerra ha reso necessario un evidente cambiamento di struttura dei campi di concentramento e ha cambiato radicalmente i loro compiti riguardo all’impiego dei detenuti. La custodia di detenuti soltanto per motivi di sicurezza, di rieducazione o di prevenzione non è più in primo piano. Il centro di gravità si è spostato sull’aspetto economico. La mobilitazione di tutte le capacità lavorative dei detenuti anzitutto per i compiti di guerra (accrescimento dell’armamento) e successivamente per i compiti di ricostruzione in tempo di pace si pone sempre più in primo piano.”

A causa del tifo petecchiale e di altre malattie epidemiche, ma anche del cibo e del vestiario insufficienti, la mortalità nei campi di concentramento era spaventosamente alta. Il 28 Dicembre 1942, Richard Glucks, ispettore dei campi, stabilì in una lettera circolare inviata a tutti i comandanti dei campi: [9]

“I primari medici del campo devono usare tutti i mezzi a loro disposizione per attuare una grande riduzione della mortalità nei singoli campi…I medici del campo devono prestare una maggiore attenzione alle razioni dei detenuti di quanto sia stato fatto sinora e sottoporranno proposte di miglioramento al comandante del campo, in accordo con l’amministrazione…Il Reichsfuhrer SS ha ordinato che la mortalità deve assolutamente diminuire.”

Le istruzioni di Glucks ebbero conseguenze tangibili: in 8 mesi la mortalità nei campi decrebbe quasi dell’80%. [10]

A parte la loro importanza economica i campi di concentramento assolvevano anche compiti di sicurezza. In molti dei paesi occupati i tedeschi dovevano fronteggiare potenti movimenti di resistenza armata che costituivano una seria minaccia per le loro truppe e i loro insediamenti.

Secondo lo storico americano Richard C. Lucas, i partigiani della resistenza polacca inflissero le seguenti perdite ai tedeschi tra il Gennaio del 1941 e il Giugno del 1944: essi danneggiarono 6930 locomotive, deragliarono 732 treni, distrussero 979 vagoni ferroviari, fecero saltare in aria 38 ponti, distrussero 68 aerei, bruciarono 15 fabbriche, annientarono 4623 veicoli militari, compirono 25125 atti di sabotaggio e 5733 attacchi contro le truppe tedesche. [11] Nessuna autorità di occupazione avrebbe sopportato tutto questo. Come ogni autorità di occupazione prima e dopo di loro, i tedeschi risposero alle attività terroristiche del movimento di resistenza con una brutale repressione della popolazione civile: non solo i civili sospettati di essere alleati dei partigiani ma anche semplici ostaggi vennero deportati nei campi a decine di migliaia.

Un breve sommario della storia di Majdanek

Ci sono molti miti sul terzo Reich. Uno di questi miti è che lo stato nazionalsocialista fosse un’entità omogenea e strettamente centralizzata dove tutte le decisioni importanti provenivano dalla leadership suprema ed erano rigidamente applicate. La realtà era differente. Un buon esempio che dimostra la politica contraddittoria e spesso irrazionale delle autorità nazionalsocialiste è costituito dalla storia del campo di concentramento di Majdanek, che non fu mai organizzato in modo efficiente e non ebbe mai una funzione chiara. Il suo carattere fu sempre provvisorio e la sua storia caotica dall’inizio alla fine.

Nel luglio del 1941 Himmler visitò la città di Lublino. Il 21 dello stesso mese ordinò la costruzione di un campo di concentramento grande abbastanza da ospitarvi 25.000-50.000 detenuti che sarebbero stati messi al lavoro nelle fabbriche e nelle officine dei dintorni dirette dalle SS e dalla polizia. [12] Himmler non aveva ancora deciso se la costruzione del campo dovesse essere supervisionata da Richard Glücks, l’ispettore dei campi di concentramento, o dal suo confidente personale, il SS-Brigadefuhrer Odilo Globocnik, a cui Himmler aveva già affidato la riorganizzazione della città di Lublino e dei suoi dintorni. Comunque Globocnik si accinse immediatamente a lavorare e iniziò ad organizzare la costruzione di un nuovo campo sul margine sud-orientale di Lublino, a circa 5 chilometri dal centro della città.

Il  30 di Agosto, Zörner, il governatore di Lublino, protestò rabbiosamente contro le attività di Globocnik e lo accusò di impiantare un campo di concentramento senza neanche consultarlo.

Nei primi giorni di Ottobre qualche membro ebreo dell’esercito polacco, che era stato internato in precedenza nel “vecchio campo” di concentramento, fu condotto sul luogo dove il nuovo campo doveva sorgere. Il “vecchio campo” era situato nel bel mezzo del centro di Lublino; era poco più di una prigione con adiacenti officine. I prigionieri ebrei furono raggiunti da prigionieri russi di guerra provenienti dagli “Stalags” delle vicinanze. Di fatto il nuovo campo venne ufficialmente chiamato “Kriegsgefangenenlager der Waffen-SS Lublin”; solo nell’Aprile del 1943, quando i prigionieri di guerra costituivano solo una piccola minoranza degli internati, fu chiamato “Konzentrationslager Lublin”. I polacchi lo chiamavano “Majdanek”, dal vicino quartiere di Majdan Tatarski.

Nel Luglio del 1941 Himmler aveva previsto un campo che contenesse dai 25.000 ai 50.000 prigionieri. Il 1 Novembre l’SS-Oberfuhrer Kammler, capo del secondo dipartimento del WVHA (costruzioni), ordinò la costruzione di un campo per 125.000 prigionieri, [13] e cinque settimane più tardi ne accrebbe il numero fino a 150.000 [14] . Nessuna di queste cifre fu raggiunta neanche lontanamente; Majdanek non ospitò mai più di 23.000 prigionieri alla volta.

Il campo fu costruito su una grande pianura situata tra la città di Lublino a Nord e i borghi di Abramowic e Dzesiata a Sud. Indubbiamente questa scelta era motivata da ragioni pratiche. Poiché la stazione ferroviaria di Lublino era lontana solo un paio di chilometri, i prigionieri in arrivo potevano essere condotti al campo a piedi. Inoltre, le baracche furono costruite nelle immediate vicinanze di un ex aeroporto dove il Deutsche Ausrustungswerke, un imponente complesso industriale, aveva previsto di impiantare le officine e le fabbriche nelle quali i futuri detenuti del campo avrebbero lavorato a beneficio del Reich.

Anche l’osservatore più superficiale potrebbe difficilmente fare a meno di notare l’esistenza di questo campo. Josef Marszalek, lo storico ufficiale di Majdanek, afferma inequivocabilmente: [15]  

“L’intera area è completamente aperta. Non ci sono ostacoli naturali sotto forma di fiumi o foreste. Per la sua posizione geografica il campo era visibile da tutti i lati.”

Naturalmente, per un “campo di sterminio” questa sarebbe stata la scelta più improponibile giacché degli omicidi di massa a Majdanek non avrebbero potuto essere tenuti segreti per più di un paio di giorni. Quando viene chiesto loro perché non c’è un solo documento tedesco comprovante che anche un solo ebreo sia stato gassato a Majdanek – o, in realtà, in alcun campo di concentramento – gli storici ortodossi che difendono la storia delle camere a gas ribattono che i tedeschi, che volevano nascondere le loro atrocità, diedero i loro ordini di gassazione oralmente o usando un linguaggio cifrato nei loro documenti. Gli stessi storici affermano che i tedeschi impiantarono una fabbrica della morte nelle immediate vicinanze di una grande città e di due sobborghi da cui chiunque poteva osservare quello che stava avvenendo nel campo!

Secondo la prima pianta conosciuta, redatta il 7 Ottobre 1941, il lager doveva essere suddiviso in dieci unità chiamate “campi”. [16] (Nessuna disposizione simile esistette negli altri campi di concentramento tedeschi). Dalla fine di Novembre, la prima fila di baracche fu completata nel campo I. Mentre le umili mansioni manuali erano eseguite dai prigionieri stessi, lavoratori specializzati furono spesso forniti da ditte private, che erano prevalentemente polacche. Documenti ritrovati negli archivi della città di Lublino provano che non meno di 22 di tali ditte lavorarono a beneficio della “Zentralbauleitung der Waffen-SS und Polizei Lublin” [Direzione Centrale delle Costruzioni di Lublino], l’organizzazione incaricata della costruzione del campo. Un certo Michal Ochnik, direttore di una azienda polacca, predispose la costruzione delle camere di disinfestazione che, secondo gli storici ortodossi, furono usate anche come camere a gas omicide per lo sterminio degli ebrei. [17] I lavoratori civili polacchi, che lavoravano fianco a fianco con i prigionieri, lasciavano il campo la sera e ritornavano alle loro famiglie. E’ ovvio che sarebbero stati informati immediatamente di gassazioni umane o altri omicidi di massa e nel giro di qualche giorno le notizie si sarebbero diffuse in tutta la Polonia.

Un documento importante sulla storia di Majdanek è una lettera scritta dal vice-ministro dei trasporti, Kleinmann, a Heinrich Himmler il 7 Marzo 1942. [18] Kleinmann si lamentava che la stazione ferroviaria di Lublino era costantemente intasata da treni che trasportavano materiale di costruzione per il campo. Da conversazioni con funzionari delle SS egli, Kleinmann, sapeva che le SS volevano costruire una città per i propri membri e per le proprie famiglie vicino Lublino. Cinque settimane più tardi Himmler rispose; egli chiarì che la costruzione della prevista città per le SS non sarebbe stata intrapresa prima della fine vittoriosa della guerra. A causa della costante penuria di materiale da costruzioni l’ampiezza del campo sarebbe stata ridotta.

Il carattere caotico della politica tedesca riguardante Majdanek è illustrata anche dal fatto che il campo ebbe non meno di cinque comandanti durante i 34 mesi della sua esistenza: Karl Otto Koch, Max August Koegel, Hermann Florstedt, Martin Weiss e Arthur Liebehenschel. Questo cambiamento incessante di guida rese ogni sviluppo coerente del campo quasi impossibile.

Fin dall’inizio le autorità civili di Lublino non videro di buon occhio il sorgere di un campo così grande nelle immediate vicinanze della città. Essi sostenevano che Majdanek avrebbe richiesto enormi quantità di carbone, gas ed elettricità, mettendo in pericolo gli approvvigionamenti della popolazione civile. [19] Nel Marzo del 1942 il vice-sindaco di Lublino, Steinbach, vietò il collegamento del campo al sistema di fognature cittadino. Questa decisione ebbe spaventose conseguenze per i prigionieri poiché le condizioni igieniche prevalenti nel campo erano indescrivibili e condussero ad un tasso di mortalità enormemente alto. Nel Maggio del 1942 un gruppo di esperti sanitari dell’Istituto di Igiene di Berlino censurarono aspramente la disastrosa situazione sanitaria e chiesero l’immediata connessione di Majdanek alle fognature urbane. [20]

Altri due mesi più tardi la Zentralbauleitung acconsentì a tale richiesta e, nel Gennaio 1943, i lavori furono completati. Dall’autunno del 1943 tutte le baracche avevano acqua corrente.

Secondo una nuova pianta tracciata nel Maggio 1942 – era già la quarta! – Majdanek doveva essere suddiviso in otto campi. [21]

La maggioranza dei detenuti era costituita da cittadini polacchi ebrei e non ebrei. Dalla primavera del 1942 venne inviato al campo un gran numero di prigionieri a breve termine. Essi furono chiamati “zakladnicy”, ostaggi. Questi “ostaggi” erano civili arrestati in rappresaglia degli attacchi armati compiuti dalla Resistenza contro soldati tedeschi. Di solito venivano rilasciati dopo un paio di settimane. Erano raramente costretti a lavorare.

Oltre a prigionieri polacchi ebrei e non ebrei, furono deportati a Majdanek nel 1942 molti ebrei slovacchi e cechi. Tra i detenuti vi furono anche ebrei provenienti dai paesi dell’Europa occidentale. Molti di loro furono trasferiti a Majdanek via Auschwitz.

Poiché l’area di Lublino non conteneva che poche industrie militari, Majdanek divenne una sorta di centro di reclutamento per lavoratori già nel 1942. Secondo la letteratura ufficiale polacca, non meno di 45.000 prigionieri furono inviati in altri campi di concentramento, fabbriche e fattorie ad Ovest di Lublino. [22] Poiché le condizioni di vivibilità a Majdanek erano peggiori di quelle di ogni altro campo di concentramento tedesco, i prigionieri non polacchi si offrivano ansiosamente volontari per questi trasferimenti, mentre i polacchi erano di solito riluttanti a lasciare il proprio paese.

Majdanek contava sei sotto-campi, il più importante dei quali era il “Konzentrationslager Warschau”, eretto dopo la rivolta del Ghetto nella primavera del 1943. [23]

Verso la fine della sua esistenza Majdanek cambiò una volta di più la sua tipologia. Diventò infatti una sorta di “campo ospedale” in cui venivano trasferiti prigionieri malati da numerosi altri campi. Quando l’Armata Rossa entrò nei sobborghi di Lublino il 22 Luglio 1944, il campo conteneva solo 1500 prigionieri; gli altri erano stati evacuati dai tedeschi in ritirata.

La storia di Majdanek è la storia di piani ambiziosi dei quali nessuno finì per essere mai realizzato. I detenuti avrebbero dovuto costruire una città per le SS e le loro famiglie, ma questa città rimase un castello in aria. Una gigantesca forza lavoro di 150.000 prigionieri era stata prevista per rifornire l’esercito tedesco con un flusso costante di materiale bellico, ma il numero dei detenuti non superò mai le 23.000 unità e, come la storica polacca Anna Wisniewska ha calcolato sulla base dei documenti tedeschi ancora esistenti, più dei due terzi del lavoro fatto dai prigionieri furono dedicati alla costruzione del campo medesimo. [24]  

Il campo incompiuto di Majdanek rimase un gigantesco e brutto abbozzo che ancora oggi sfigura i sobborghi meridionali di Lublino. Per oltre cinquant’anni questo abbozzo sgraziato è stato usato per perpetuare odio contro la nazione tedesca. Fin dall’inizio i polacchi ricorsero a trucchi meschini per presentare il campo come un “centro di sterminio”. Persino oggi, i visitatori guardano, frementi per il disgusto, le torreggianti pile di scarpe che la propaganda dipinge come appartenute ai detenuti assassinati. In realtà, i tedeschi avevano installato una grande officina per calzolai dove le scarpe logore venivano inviate dal fronte orientale per esservi riparate. Questo venne ammesso dallo storico polacco Zdzislaw Lukaszkiewicz già nel 1948. [25]

Numero delle vittime

Come ho già sottolineato, gli storici ortodossi considerano all’unanimità Majdanek ad un tempo un campo di lavoro e un centro di sterminio. Diamo uno sguardo alle cifre riguardanti le vittime che le varie “autorità” storiografiche occidentali rivendicano. Quanti prigionieri morirono nel campo di Lublino?

1.380.000 secondo Lucy Dawidowicz; [26]

360.000 secondo Lea Rosh e Eberhard Jackel; [27]

250.000 secondo Wolfgang Scheffler; [28]

200.000 o più secondo il tribunale tedesco occidentale che organizzò il processo di Majdanek a Dusseldorf; [29]

Alcuni sono interessati solo alle vittime ebree, come se polacchi, russi e altri prigionieri non ebrei fossero troppo poco importanti da meritare qualche attenzione. In tal guisa Aharon Weiss pone il numero delle vittime ebree tra le 125.000 e le 200.000 unità, [30] Martin Gilbert a 125.000, [31] e Raul Hilberg a 50.000. [32]

Naturalmente, nessuno di questi storici si è preso il disturbo di provare l’accuratezza delle proprie cifre scientificamente. Essi hanno preso una tra le varie – contraddittorie – cifre di fonte polacca e sovietica, che in qualche caso hanno modificato secondo il loro gusto personale, o hanno inventato arbitrariamente nuove cifre. E questo è tutto riguardo al livello scientifico della storiografia occidentale dell’”Olocausto”.

Quando i sovietici liberarono Majdanek nel Luglio del 1944 affermarono che 1 milione e 700.000 prigionieri avevano trovato la morte nel campo. [33] Durante il processo di Norimberga il numero fu abbassato a 1 milione e 500.000. [34] Poiché questa cifra era ancora assolutamente assurda, i comunisti polacchi la ridussero drasticamente già nel 1948. Questo compito fu assunto da Zdzislaw Lukaszkiewicz, un membro della Commissione Principale per l’Investigazione dei Crimini Tedeschi in Polonia. Lukaszkiewicz affermò che erano periti nel campo 360.000 prigionieri. Secondo tale autore il 60% delle vittime era morta per fame e malattie, il 25% era stato assassinato nelle camere a gas, mentre il rimanente 15% era stato ucciso con altri metodi (fucilazioni, impiccagioni, avvelenamenti etc.). [35]

Essendo basate esclusivamente su testimonianze oculari ed estrapolazioni, le cifre di Lukaszkiewicz sono prive di ogni valore scientifico. Nel 1981 Josef Marszalek, direttore a quel tempo del Museo di Majdanek, pubblicò la storia ufficiale del campo [36] che fu tradotta in inglese cinque anni più tardi. [37]

Marszalek confermò la cifra di Lukaszkiewicz di 360.000 morti ma, mentre quest’ultimo aveva affermato che 216.000 prigionieri erano morti per cause naturali e 144.000 erano stati assassinati, Marszalek pose la cifra dei detenuti uccisi a 200.000 unità e quella dei detenuti morti per cause naturali a 160.000.

Un solo esempio basterà ampiamente a illustrare i metodi disonesti a cui è ricorso Marszalek. A pagina 124 della versione inglese del suo libro, egli menziona una lettera segreta scritta a Himmler da Oswald Pohl il 30 Settembre 1943, nella quale Pohl si riferisce al tasso di mortalità nei campi di concentramento [38] . Secondo questa lettera il totale dei morti, per tutti i 17 campi allestiti dai tedeschi, era di 53.309 prigionieri nei primi sei mesi del 1943. Essendo strettamente confidenziale, questa lettera con ogni probabilità non può essere stata scritta per scopi di propaganda, cosicché possiamo presumere con sicurezza che le cifre fossero corrette. Proprio nella stessa pagina del libro dove egli cita la lettera di Pohl, Marszalek scrive che durante i primi nove mesi del 1943, morirono a Majdanek in media 300 prigionieri al giorno, il che significa che il tributo di vite umane dall’inizio di Gennaio fino alla fine di Giugno deve essere stato di 54.000 unità. Conseguentemente il numero di morti stabilito da Marszalek per Majdanek è da solo più alto di quello di tutti i 17 campi messi insieme! Tanto basti per il valore scientifico del libro di Marszalek.

Qualche anno fa la cifra ufficiale dei morti fu ridotta di nuovo. Nel 1992 lo storico polacco Czeslaw Rajca ammise candidamente che il numero delle vittime era stato gonfiato per scopi puramente politici. La cifra reale, egli assicurava, era di circa 235.000 morti. Scrive Rajca [39] :

“A causa della mancanza di documenti sull’entità dei crimini perpetrati a Majdanek, il solo modo razionale di accertare il numero dei morti consiste nel sottrarre dal numero totale dei prigionieri quelli che furono trasferiti altrove, rilasciati o riusciti a fuggire.”

Secondo la letteratura ufficiale polacca, 45.000 prigionieri furono trasferiti in altri campi, 20.000 furono liberati, 1.500 riuscirono a fuggire e altri 1.500 furono liberati dall’Armata Rossa nel Luglio del1944 [40] . La cifra dei prigionieri trasferiti è largamente documentata poiché furono registrati nei campi dove vennero inviati. Sebbene la letteratura polacca non riveli su quali documenti la cifra di 20.000 prigionieri liberati dai tedeschi sia basata, io la accetto perché non vi vedo alcun motivo possibile per esagerarla per ragioni politiche. Al contrario, si tratta di un argomento cogente contro la teoria dello sterminio: ogni prigioniero liberato poteva essere stato personalmente testimone dei massacri o almeno averne sentito parlare dai propri compagni. In altre parole, gli storici polacchi ci dicono che gli stessi tedeschi che erano così ansiosi di sottacere le gassazioni di massa, al punto di non emanare un solo ordine scritto che le riguardasse, furono tanto stupidi da liberare 20.000 testimoni delle loro atrocità cosicché potessero raccontare al mondo intero quello che avevano visto o sentito!

L’affermazione di Rajca secondo cui furono complessivamente inviati a Majdanek 300.000 prigionieri è totalmente infondata. La sua fonte è un articolo scritto dalla storica polacca Zofia Leszczynska nel 1991 nel quale si afferma che siano stati deportati a Majdanek come minimo 275.000 prigionieri, ma che la cifra reale sia “molto più alta” [41] . Giacché ella non specifica cosa significhi “molto più alta”, Rajca fissa arbitrariamente il numero a 300.000. L’articolo di Zofia Leszczynska apparve in un libro su Majdanek dove sono elencati complessivamente 816 trasporti verso il campo. In 414 casi la cifra esatta dei prigionieri in arrivo viene menzionata; il totale è 81.500. Per i rimanenti 402 trasporti non viene indicata alcuna cifra [42] .

Uno sguardo alle fonti di Z. Leszczynska rivela che esse sono solo in modesta misura corroborate da documenti; la maggior parte sono infatti basate su testimonianze oculari, il che significa che sono prossime all’irrilevanza. Ad esempio, le cifre straordinariamente alte riguardanti i russi e gli ucraini inviati a Majdanek sono basate quasi esclusivamente sui rapporti del movimento di resistenza pubblicati durante la guerra. Naturalmente la resistenza aveva tutte le ragioni per gonfiare il numero dei prigionieri per far apparire l’occupazione tedesca anche più feroce di quanto fosse in realtà.

A dispetto del carattere frammentario della documentazione sopravvissuta alla guerra, è possibile determinare il numero dei morti di Majdanek molto accuratamente sulla base complessiva di otto documenti:

1)      4il “libro dei morti” per i mesi da Maggio a Settembre del 1942;

2)      il “Totenmeldung fur die Effektenkammer” riguardante alcuni giorni dell’autunno del 1942;

3)      la lista dei prigionieri deceduti nei mesi di Novembre e Dicembre 1942;

4)      la “Starkemeldung” (forza del campo) riguardante alcuni giorni del 1942;

5)      un registro dei prigionieri deceduti nell’Ottobre 1943;

6)      il “libro dei morti” per i mesi di Marzo e Aprile del 1943;

7)      il documento di Norimberga NO-5194;

8)      il documento di Norimberga PS-1469.

Tra l’Ottobre e il Dicembre del 1941 circa 700 prigionieri morirono a Majdanek. Nel 1942 la cifra approssimativa fu di 17.244 morti, nel 1943 di 22.339 morti e tra il Gennaio e il Luglio del 1944 fu di 1.900.La cifra relativamente bassa del 1944 è largamente dovuta al fatto che i tedeschi iniziarono ad evacuare il campo già all’inizio dell’anno – la qual cosa, incidentalmente, non impedì loro di trasferire nuovi prigionieri a Majdanek, specialmente malati che erano inabili al lavoro. Avessero davvero perseguito una politica di sterminio, si sarebbero certamente sbarazzati di queste persone malate nei rispettivi campi piuttosto che prendersi il disturbo di mandarli a Majdanek. Complessivamente, circa 42.200 prigionieri perirono nel campo di Lublino. Sebbene tale cifra sia spaventosamente alta dovrebbe essere tenuto presente che circa altrettanti civili tedeschi furono bruciati vivi o rimasero sepolti vivi sotto le macerie delle proprie case ad Amburgo in pochi giorni nel Luglio del 1943. Nella seconda guerra mondiale gli alleati occidentali e sovietici commisero crimini molto più terribili dei tedeschi.

Le malattie, specialmente il tifo petecchiale, ma anche tubercolosi e dissenteria, furono la causa principale del tasso di mortalità estremamente alto a Majdanek. Queste malattie furono provocate soprattutto dalle atroci condizioni sanitarie; come ho sottolineato in precedenza, le baracche non ebbero acqua corrente prima dell’autunno del 1943. Questo rese impossibile ogni lotta efficiente contro il pidocchio tifoideo e altri parassiti. Anche le dure e spesso inumane condizioni di lavoro – specialmente durante la prima fase, quella della costruzione del campo –reclamarono innumerevoli vite.

Secondo la lettera di Pohl a Himmler, che venne più tardi presentata a Norimberga come documento segnato PS-1469, non meno del 7.67% dei prigionieri maschili e del 4.41% delle donne morirono nell’Agosto del 1943. A quell’epoca Majdanek era molto più mortifero di Auschwitz, dove il tasso di mortalità ammontava al 3% per gli uomini e al 3.61% per le donne. Nello stesso mese, non un solo prigioniero morì nel campo di Hertogenbosch, in Olanda, che ospitava 2.500 detenuti, e a Dachau morirono 40 prigionieri su un totale di 17.500, per un tasso di mortalità dello 0.25%. Majdanek non fu un tipico campo di concentramento tedesco. Fu il peggiore di tutti. 

Le camere a gas

Il 4Agosto del 1944, due settimane dopo la liberazione di Majdanek, una commissione mista sovietico-polacca iniziò ad investigare quanto accaduto al campo di Lublino. Oltre ad interrogare le SS catturate e gli ex detenuti, la commissione esaminò il nuovo crematorio, le presunte camere a gas omicide e qualche oggetto trovato nella zona del campo, e cioè cinque bombole di acciaio contenenti monossido di carbonio e 135 barattoli di Zyklon-B.

Il 23 Agosto la commissione aveva finito il suo lavoro e sottomise un rapporto alle autorità sovietiche e polacche. Questo documento affascinante, che Mattogno ed io abbiamo scovato negli archivi della Federazione Russa nell’estate del 1995 [43] , sembra essere rimasto sconosciuto persino agli storici polacchi; perlomeno non è mai menzionato nella letteratura polacca. Il testo di questo rapporto è citato nel nostro libro.

Qualche parola sui crematori. Nel Giugno 1942, il “vecchio crematorio” venne messo in funzione. Consisteva di due forni mobili Kori che venivano riscaldati a petrolio ed erano stati portati a Majdanek da Sachsenhausen. L’SS-Oberscharfuhrer Erich Mussfeldt, che era il responsabile di questo crematorio, affermò durante la propria detenzione in Polonia che i due forni erano stati messi fuori uso già nel Novembre del 1943, per mancanza di carburante. Secondo Mussfeldt, i cadaveri dei detenuti che erano morti nel campo tra il Novembre del 1942 e il Gennaio del 1944 furono in un primo tempo sepolti e poi disseppelliti e bruciati in una vicina foresta [44] . Comunque, secondo un rapporto scritto dall’SS-Hauptsturmfuhrer Krone, un perito sanitario che ispezionò Majdanek nel Gennaio del 1943, i forni erano ancora in uso in quel mese [45] .

Il nuovo crematorio venne messo in funzione al più tardi nel Gennaio del 1944, anche se la data esatta è rimasta sconosciuta. Conteneva cinque forni Kori riscaldati con coke. La capacità massima di un forno era di 20 cadaveri al giorno, ma i gentiluomini della commissione polacco-sovietica

Ebbero l’impudenza di affermare che non meno di 600.000 cadaveri erano stati bruciati in questi 5 forni durante i sei mesi della loro esistenza! Con argomenti frettolosi, la commissione valutò la capacità giornaliera di questo crematorio a 1920 cadaveri, che era oltre 19 volte più alta del numero reale. Incidentalmente, i membri della commissione devono essere stati matematici davvero scarsi: anche se i forni avessero avuto la potenza straordinaria loro attribuita, avrebbero potuto smaltire solo circa 350.000 cadaveri e non 600.000, come la commissione asserì.

La commissione polacco-sovietica identificò sei camere a gas omicide a Majdanek. In seguito, una settima venne comodamente scoperta nell’edificio del nuovo crematorio. Jean-Claude Pressac osserva sarcasticamente [46] :

“Il vice-direttore del museo ha scritto al sottoscritto che questa camera a gas fu usata “poco, ma davvero molto, molto poco”, il che significa che non fu usata affatto. La finzione viene mantenuta per non ferire la superstizione popolare secondo cui ogni crematorio deve aver contenuto una camera a gas…Se i prigionieri fossero stati uccisi con Zyklon-B in quella stanza, la sua ubicazione all’interno dell’edificio, tra una sala per autopsie, il corridoio e la morgue, avrebbe reso obbligatoria una ventilazione artificiale, ma non c’è la più pallida traccia che una tale ventilazione sia esistita. Nel caso di una ventilazione naturale ottenuta facendo circolare l’aria, sarebbe stato necessario evacuare l’intero crematorio per un periodo di tempo difficilmente calcolabile.”

Vorrei aggiungere che non ci sono macchie blu di sorta sui muri di questa ridicola “camera a gas”, della cui esistenza la commissione polacco-sovietica ha mancato di accorgersi.

Secondo la detta commissione, due delle sei camere a gas omicide erano state situate in una baracca. Gli storici polacchi che pretendono di credere nell’esistenza di queste camere a gas non conoscono neppure la loro ubicazione! E tanto basti per questi due mattatoi chimici.

Le quattro rimanenti camere a gas sono più interessanti. Sono tutte situate nella baracca 41 vicino all’entrata odierna del campo. La baracca 41, che ospitava un bagno e una camera di disinfestazione, è il primo edificio che i turisti visitano.

La camera a gas numero uno misura metri 17.1 per 2. Secondo la versione ufficiale, gli sfortunati detenuti di queste camere a gas venivano uccisi con monossido di carbonio o con Zyklon-B. Poiché non vi sono macchie blu sulle pareti, certamente lo Zyklon-B qui non fu mai usato. Due grandi bombole contenenti secondo l’accusa monossido di carbonio sono collocate in una piccola stanza adiacente da cui la “camera a gas” poteva essere osservata attraverso una piccola finestra. Si dice che il monossido di carbonio venisse introdotto attraverso un tubo di acciaio perforato che conduceva dalla stanza adiacente dentro la camera a gas. Comunque, entrambe le bombole recano l’iscrizione CO2. E’ generalmente risaputo che il diossido di carbonio non è letale, quindi tutta la faccenda è una truffa alquanto rozza. Il mio amico Carlo Mattogno pensa che la “camera a gas” fosse in realtà un magazzino per armi o munizioni che era sorvegliato da un guardiano attraverso la finestra della stanza adiacente.

La camera a gas numero due misura egualmente metri 17.1 per 2. La colorazione blu delle pareti dimostra l’uso dello Zyklon-B in questa stanza.

C’è un’apertura nel soffitto attraverso cui secondo l’accusa i granuli di Zyklon venivano versati nella camera a gas. Quest’apertura viene già menzionata nel rapporto della commissione polacco-sovietica che venne redatto tra il 4 e il 23 del mese di Agosto.

Immediatamente dopo la liberazione del campo, il reporter sovietico Costantin Simonov visitò Majdanek. Egli intervistò gli ex prigionieri e descrisse meticolosamente i luoghi ribattezzati come “camere a gas omicide”. Simonov visitò anche la baracca n°42 che conteneva una camera di disinfestazione. Sfortunatamente questa baracca è ancora chiusa e inaccessibile ai visitatori. Né Simonov né alcun altro ha mai sostenuto che lì furono gassati esseri umani. Nel suo opuscolo Il campo di sterminio, che egli scrisse immediatamente dopo la sua visita, Simonov menziona le aperture nel soffitto della camera di disinfestazione attraverso cui lo Zyklon-B vi veniva introdotto [47] . Incidentalmente, tali aperture non sarebbero state neppure necessarie in una camera di disinfestazione poiché i granuli potevano semplicemente essere deposti sul pavimento.

Ci fosse stata qualsivoglia apertura nel soffitto delle cosiddette camere a gas omicide, Simonov, che era un acuto osservatore, le avrebbe certamente notate e menzionate, ma non lo fece. Secondo lui, il gas era introdotto dalla stanza confinante attraverso tubi di acciaio che correvano lungo i muri delle camere a gas 30 cm sopra il pavimento. Egli afferma [48] :

“Le persone nude che stavano ritte vicine l’una all’altra non occupavano molto spazio…Esse erano ammassate nella stanza dopo di che la porta d’acciaio veniva chiusa… Una unità speciale protetta da maschere antigas versava lo Zyklon contenuto nei barattoli dentro i tubi…Lo Zyklon veniva introdotto attraverso i tubi, e l’addetto SS incaricato dell’uccisione sorvegliava il processo di soffocamento.”

Questo passaggio è tremendamente importante. Come ho già fatto notare, Simonov parlò con i detenuti liberati prima ancora che la commissione polacco-sovietica venisse formata. Gli ex prigionieri non dissero a Simonov che essi avevano visto un uomo delle SS versare i granuli di Zyklon nella camera a gas attraverso aperture fatte nel soffitto. Essi gli dissero che il gas veniva introdotto attraverso dei tubi. Naturalmente, chiunque abbia familiarità con l’uso del più famoso insetticida del mondo capisce immediatamente che questa procedura era tecnicamente impossibile. In altre parole: i testimoni non avevano mai assistito ad una gassazione.

Tra i membri della commissione polacco-sovietica, che stabilirono la versione ufficiale delle gassazioni un paio di settimane più tardi, c’erano professori di chimica e ingegneria. Va da sé che questi tecnici e scienziati qualificati sapevano esattamente come lo Zyklon-B veniva usato e non erano tanto sciocchi da ripetere l’ingenua tavoletta che il profano Simonov abbastanza imprudentemente aveva raccontato ai propri lettori. Conseguentemente, la commissione ordinò frettolosamente che venissero fatte delle aperture nei soffitti delle stanze battezzate “camere a gas omicide”. Sfortunatamente, essi dimenticarono di estendere l’ordine alla camera a gas n°3, una stanza misurante metri 35.2 per 2, che indubbiamente funse da camera di disinfestazione, come la colorazione blu dei muri attesta. Gli storici polacchi sostengono che i tedeschi gettavano i granuli di Zyklon-B sulla testa dei detenuti prima di chiudere la porta di acciaio. Jean-Claude Pressac commenta [49]  :

« E’ francamente irrealistico immaginare un uomo delle SS con una maschera antigas e un barattolo di Zyklon-B in mano gettare i granuli in uno spazio di 30 cm tra la testa delle vittime e il soffitto – i granuli avrebbero potuto cadere sul pavimento di fronte alla camera a gas – e successivamente cercare di sbattere la porta senza che i detenuti condannati facessero un disperato tentativo di fuggire.”

I revisionisti non avrebbero potuto dir meglio.

La quarta e ultima camera a gas, che è situata immediatamente accanto al bagno, misura metri 107.7 per 2. Le sue pareti hanno una intensa colorazione blu. Ci son due aperture rotonde sul soffitto.

Ricordo vividamente la nostra seconda visita a questa camera a gas il 27 Giugno dell’anno scorso [il 1997, n.d.t.]. Una classe di scolari tedeschi stava attentamente ascoltando il proprio maestro che spiegava come gli sfortunati ebrei incontrassero il loro spaventoso destino in questa camera a gas. Nessuno dei bambini, per non dire del maestro, notò la presenza di una grande finestra in questa grande sala. Ora, la prima la prima cosa che i prigionieri della camera a gas avrebbero fatto sarebbe stata quella di rompere la finestra. L’eventuale obiezione che la finestra non potesse già esservi stata durante la guerra è immediatamente reputata dal fatto che il davanzale di legno è coperto di macchie blu, il che significa che la finestra era già lì quando veniva usato lo Zyklon-B. La sola conclusione possibile è che questa stanza funzionava davvero come camera a gas ma solo per pidocchi e pulci – esattamente come attestato dai documenti tedeschi sopravvissuti secondo i quali tutte le camere a gas funzionarono per scopi di disinfestazione e per niente altro. 

L’esperienza con gli studenti tedeschi è stata davvero deprimente. Mostra infatti fino a che punto degli esseri umani altrimenti ragionevoli possano essere raggirati da una propaganda astuta e fino a che punto il nostro raziocinio possa essere oscurato da dottrine pseudo-religiose. Il mito dell’olocausto, che non può essere difeso con argomenti logici, può sopravvivere solo come una religione. Gli ebrei  questo lo hanno capito. La loro risposta al Rapporto Rudolf è stata quella di Schindlers List.

     

L’origine della storia delle camere a gas

Giacché i locali chiamati “camere a gas” dagli storici di corte non possono aver funzionato per la gassazione di massa di esseri umani, la qual cosa implica che alcuna gassazione di massa vi ebbe mai luogo, cercheremo ora di dimostrare in che modo la storia delle camere a gas abbia avuto origine.

La superstizione popolare dice che i campi di concentramento nazisti erano luoghi rigidamente isolati e che ogni cosa che vi avveniva era un segreto di stato. Questo generalmente non è vero, e nel caso di Majdanek è semplicemente totale spazzatura. Il trasferimento incessante di prigionieri ad altri campi, il numero eccezionalmente alto di detenuti rilasciati (20.000 secondo le fonti ufficiali polacche!), la vicinanza immediata di una grande città e la presenza costante di lavoratori civili – tutto ciò rendeva radicalmente impossibile nascondere quanto accadeva all’interno del campo.

Dopo che la Polonia fu occupata dagli eserciti tedesco e sovietico nel Settembre del 1939, il governo di Varsavia fuggì a Londra. Nei territori occupati dalla Germania, venne presto messo in piedi una sorta di governo-ombra che si autodefinì “Delegatura”. Esso riforniva il governo in esilio a Londra di un incessante flusso di informazioni sugli accadimenti in Polonia e cooperava strettamente con i vari movimenti di resistenza, specialmente con l’Armija Krajowa (“Esercito Patriottico”) filo-occidentale. Poiché i campi di concentramento edificati dai tedeschi erano di straordinario interesse sia per il governo in esilio che per i partigiani, molti dei rapporti inviati a Londra riguardano questi campi.

Nel 1973 gli storici polacchi Krystyna Marczewska e Wladyslaw Wazniewski pubblicarono un lungo articolo contenente i rapporti su Majdanek che la Delegatura trasmise a Londra tra il 30 Novembre del 1941 e il 7 Luglio del 1944 [50] .

La prima menzione di una camera a gas venne fatta in un breve rapporto datato 15 Dicembre 1942 e consisteva di una sola frase:

“Una camera a gas e un crematorio sono in funzione.”

 Ora, si dovrebbe supporre che la presenza di un’arma omicida tanto inconsueta e diabolica avrebbe dovuto suscitare uno scoppio di indignazione, ma stranamente la Delegatura si accontentò di questa unica frase laconica. Nei cinque mesi successivi la camera a gas non fu mai menzionata nonostante la Delegatura inviasse non meno di 25 rapporti su Majdanek tra il 15 Dicembre 1942 e il 7 Maggio 1943. Particolarmente degna di nota fu una descrizione assai lunga, dettagliata ed estremamente accurata del campo di Lublino venuta alla luce alla fine di Gennaio o all’inizio di Febbraio del 1943. Gli autori dedicarono un breve capitolo al destino dei prigionieri ebrei che, come essi correttamente evidenziavano, erano trattati molto peggio dei polacchi. Non un singolo riferimento a camere a gas omicide o a massacri venne fatto in tale rapporto.

Ora, si dice che le gassazioni abbiano avuto inizio nel Settembre o nell’Ottobre del 1942. Ma per le ragioni già esposte sarebbe stato totalmente inconcepibile nascondere un tale crimine per più di pochi giorni.

Naturalmente, tutti voi conoscete bene il leggendario sillogismo di Arthur Butz: “Non vedo elefanti nella mia cantina. Se vi fosse un elefante nella mia cantina, certamente lo vedrei. Perciò non c’è un elefante nella mia cantina.”

Sarebbe stato impossibile nascondere gassazioni di massa a Majdanek. La Delegatura, che era assai ben informata sul campo, non parlò di gassazioni a Majdanek durante i primi sette mesi della loro pretesa esistenza (tranne per il laconico ed inconcludente riferimento a “una camera a gas” nel rapporto datato 15 Dicembre 1942). Perciò, non vi furono gassazioni a Majdanek!

Il 7 Maggio del 1943 la propaganda delle gassazioni ebbe inizio come un’arma psicologica contro i tedeschi, e le camere a gas furono regolarmente menzionate nei successivi rapporti della Delegatura. Né l’ubicazione della camere a gas né il procedimento di uccisione furono mai descritti in dettaglio.

La prima descrizione dettagliata di Majdanek come centro di sterminio venne pubblicata da un certo Abraham Silberschein, un ebreo residente a Ginevra, nella prima metà del 1944 [51] . Secondo lui, non meno di due milioni di persone erano state massacrate nel campo di Lublino a quel tempo. Tipicamente, la baracca n°41 dove erano ubicate quattro camere a gas secondo la versione tardiva della storia non fu mai menzionata da Silberschein.

Dopo la liberazione del campo la commissione polacco-sovietica accusò i tedeschi di aver assassinato 1 milione e 700.000 persone a Majdanek, principalmente per mezzo di gas.Per provare questa terribile accusa, la commissione citò esattamente quattro prigionieri tedeschi (che furono in seguito giustiziati dopo un processo-show di stampo staliniano) e nove ex detenuti del campo! Questi testimoni attestarono l’esecuzione di 19 gassazioni per un totale di poco più di 4000 vittime. A parte un’eccezione (Theo Scholen), essi parlarono sempre della “camera a gas” al singolare. Nessuno di loro individuò mai la posizione della camera a gas, nessuno di loro menzionò il monossido di carbonio o lo Zyklon-B come l’arma omicida. Ovviamente, i testimoni non sapevano quello che dovevano dire. La commissione aveva indubbiamente interpellato più di 9 ex prigionieri, ma evidentemente le affermazioni degli altri erano anche più sconclusionate cosicché la commissione non si prese neppure la briga di citarle.

Il testimone SS-Rottenfuhrer Theo Scholen confessò: 

“So che la gente veniva sistematicamente uccisa nelle camere a gas [plurale]. I prigionieri sotto il mio comando mi hanno detto che essi stessi erano stati testimoni del soffocamento di oltre 150 bambini nella camera a gas [singolare].”

Così le SS erano venute a conoscenza della gassazioni dai prigionieri!



[1] Traduzione di Andrea Carancini

[2] Josef Gideon Burg, Majdanek in alle Ewigkeit?, Ederer Verlag, Munich, 1979.

[3] Fred A. Leuchter, An Engineering Report on the alleged Execution Gas Chambres at Auschwitz, Birkenau and Majdanek, Poland, Fred A. Leuchter, Associates, Boston 1988.

[4] Jean-Claude Pressac, Les carences et incohérences du rapport Leuchter, Journal J, Dicembre 1988.

[5] Jürgen Graf e Carlo Mattogno, KL Majdanek. Eine historische und technische Studie, Castle Hill Publishers, PO Box 118, GB-Hastings, 1998.

[6] GARF (Gosudarstvenni Archiv Rossiskoi Federatsii), Mosca.

[7] Arno Meyer, Der Krieg als Kreuzzug, Rowohlt, Hamburg, 1986, p.245.

[8] R-129.

[9] NO-1523.

[10] PS-1469.

[11] Richard Lucas, The forgotten holocaust,. The Poles under German occupation, The University press of Kentucky, Lexington, 1986, p.57.

[12] NO-3031.

[13] APMM (Archiwum Panstwowiego Muzeum na Majdanku), Zentralbauleitung, 120.

[14] Idem

[15] Josef Marszalek, Geneza i poczatki budowy obozu koncentracyjnego na Majdanku, in: Zeszyty Majdanka, I, 1965, p.22.

[16] Idem.

[17] WAPL (Wojewodzkie Archiwum Panstwowe w Lublinie), Zentralbauleitung, 145, p.14.

[18] J. Marszalek, “Geneza…”, pp. 50-51.

[19] Idem, pp. 46-48.

[20] J. Marszalek, Budowa obozu na Majdanku w latach 1942-1944, in: Zeszyty Majdanka, IV, 1969, pp.70-71. 

[21] Idem, p.22.

[22] Zofia Leszczynska, Transporty wiezniow z obozu na Majdanku, in: Zeszyty Majdanku, X, 1980, p. 118-134.

[23] Czeslaw Rajca, Podobozy Majdanka, in: T. Mencel, “Majdanek 1941-1944”, Wydawnictwo Lubelskie, Lublin 1991, p.379-398.

[24] Anna Wisniewska, Praca wiezniow, in: T. Mencel, “Majdanek…”, p.186.

[25] Zdzislaw Lukaszkiewicz, “Oboz koncentracyjny i zaglady Majdanek”, in: Biuletyn Glownej Komisji Badania Zbrodni Niemieckich w Polsce, Vol. IV, Warsaw, 1948.

[26] Lucy Dawidowicz, The War against the Jews – 1933-1945, Pelican Books, 1979, p.191.

[27] Lea Rosh and Eberhard Jäckel, Der Tod ist ein Meister aus Deutschland, Hoffmann und Campe, 1991, p.217.

[28] Wolfgang Scheffler, Judenverfolgung im Dritten Reich, Colloquium Verlag, Berlin, 1964, p.40.

[29] Landgericht Düsseldorf, “Urteil Hackmann u.a. XVII 1/75’, Band I, p.90.

[30] Aharon Weiss, “Categories of camps”, in: The Nazi Concentration Camps. Proceeding of the fourth Yad Vashem International Historical Conference, Jerusalem, January 1980, Yad Vashem, Jerusalem, 1984, S. 132.

[31] Martin Gilbert, Auschwitz und die Alliierten, C.H. Beck, Munchen, 1982, p.437.

[32] Raul Hilberg, Die Vernichtung der europaischen Juden, S. Fischer Verlag, Frankfurt/M. 1990, Volume II, p.956.

[33] La cifra fu tirata fuori da una corte polacca che condannò a morte 5 tedeschi nel Dicembre 1944. Anklageschrift gegen Hermann Vogel und andere, 26. Oktober 1944. Archivum Panstwowego Muzeum na Majdanku, sygn. XX-1, p.100.

[34] IMT VII, p.648.

[35] Zdzislaw Lukaszkiewicz, “Oboz koncentracyjny i zaglady Majdanek“, in: Biuletyn Glownej Komisji Badania Zbrodni Niemieckich w Polsce, Vol.IV (1948), pp.63-105.

[36] Josef Marszalek, Majdanek, Oboz koncentracyjny w Lublinie, 1981.

[37] Josef Marszalek, Majdanek, The Concentration Camp in Lublin, S.124.

[38] PS-1467

[39] Czeslaw Rajca, “Problem liczby ofiar w obozie na Majdanku”, in: Zeszyty Majdanka XIV, 1992, p.127.

[40] Anna Wisniewska e Czeslaw Rajca, Majdanek. Lubelski oboz koncentracyjny, Panstwowe Muzeum na Majdanku, Lublin, 1996, p.32.

[41] Zofia Leszczynska, “Transporty i stany liczbowe obozu”, in: Tadeusz Mencel, Majdanek 1941-1944, Wydawnictwo Lubelskie, Lublin, 1991, p.35.

[42] T. Mencel, Majdanek…, pp.437-454.

[43] GARF, 7021-107-9, pp.229-243.

[44] Anna Zmijewska-Wisniewska, “Zeznania szefa krematorium Ericha Muhsfeldta na temat bylego obozu koncentracyjnego w Lublinie (Majdanek)”, in: Zeszyty Majdanka I, 1965.

[45] APMM, mikr. N° 816, pp.9-10.

[46] Jean-Claude Pressac, Les carences…, p.IX.

[47] Constantino Simonov, Il campo di sterminio, Edizioni in lingue estere, Moscow, 1944, p.8.

[48] Ibidem.

[49] Pressac, Les carences…, p.IX.

[50] Krystyna Marczewska e Wladyslaw Wazniewski, “Oboz koncentracyjny na Majdanku w swietle akt Delegatury Rzadu na Kraj”, in Zeszyty Majdanka, VII, 1973, pp.164-241.

[51] Abraham Silberschein, Die Judenausrottung in Polen, Fünfte Serie, Genf, 1944.