UN ALTRO FALSO SMASCHERATO

Corriere della Sera (18 novembre 1999) - Sezione: Cultura “Wilkomirski ‘falso testimone’, denunciato per truffa” Il Resto del Carlino (23 ottobre 1999) –

Sezione: Cultura e lettura “Il lager ‘tira’ e lui inventa un’autobiografia”.

“Ritirato in Germania il best seller ‘Frammenti’: l’autore non è un sopravvissuto di Auschwitz, il suo è solo un romanzo”.

Ecco uno dei casi più eclatanti di scoperta falsità di “testimoni oculari” del presunto “Olocausto”. Qui, il protagonista non ha nemmeno avuto bisogno di essere sbugiardato dagli storici revisionisti: l’ha sbugiardato uno dei suoi congeneri; le sue grossolanità erano così evidenti, che un altro ebreo, lo scrittore svizzero Daniel Ganzfried – forse invidioso per la montagna di soldi incassata fino ad allora dalle strazianti memorie di Wilkomirski – ne indaga la vera biografia e lo denuncia. Fin dalla prima pagina, l’autore di questo libro di ben scritte panzane, giura e spergiura di essersi trovato in situazioni talmente crudeli da far accapponare la pelle a qualunque lettore. Il problema è che le situazioni “autobiografiche” raccontate partono dai primi anni di vita, e le situazioni ricordate dal neonato Wilkomirski ad Auschwitz e a Majdanek sono talmente dettagliate e razionali da far invidia alla memoria di un adulto. Ma le due indagini (quella di Ganzfried e quella condotta dalla casa editrice) hanno dimostrato che Wilkomirski non mise mai piede in alcun campo di concentramento. Come si spiega allora la vividezza di tali racconti? Wilkomirski, come del resto tutti gli altri autori che hanno fatto soldi a palate sfruttando il tema strappalacrime del presunto “Olocausto”, ha semplicemente collazionato una serie enorme di effetti cinematografici orrifici inventati in 60 anni di produzione letteraria, che si è progressivamente affinata col tempo. Tali effetti furono studiati a tavolino già dal ’44 da équipes di psicologi americani e britannici dei vari uffici di guerra psicologica, con l’aiuto di alcuni evasi dai campi di concentramento (come lo spergiuro Rudolf Vrba) che collaboravano con il “War Refugee Board”, o di furbi doppiogiochisti come l’ex collaborazionista dei nazisti Simon Wiesenthal. Sappiamo di ex internati che dopo la guerra scrissero per testimoniare ai vari processi sui “crimini” dei tedeschi sconfitti, ma vennero scartati e messi a tacere perché le loro testimonianze contrastavano fortemente con le menzogne propagandistiche sterminazioniste. Il più famoso di questi, il francese non-ebreo Paul Rassinier, riuscì però a farsi pubblicare le sue memorie da una casa editrice minore (“La menzogna di Ulisse”), autobiografia concentrazionaria che si può considerare il primo libro revisionista. Purtroppo solo agli ebrei è concesso parlare dei lager nazisti (come se vi fossero stati rinchiusi solo dei loro), e solo a loro è concesso inventare e rettificare quel pezzo di storia, a proprio uso e consumo. E’ così che rimangono in circolazione centinaia di altre “testimonianze” (in realtà mere esercitazioni letterarie a chi la spara più grossa nella maniera più convincente) senza che nessuno possa azzardarsi a metterle in discussione, come si fa con ogni testimonianza relativa a qualunque altro episodio storico che non sia l’”Olocausto”, che ovviamente deve essere vagliata in maniera scientifica prima di essere consegnata alla storia. Ricordiamo per tutte la scena descritta da Elie Wiesel nel libro “La notte”, con geyser di sangue di ebreo che sarebbero zampillati dal terreno di Auschwitz! E’ così che i governi occidentali, invece di accertare la verità come sarebbe loro dovere, commissionano un “documentario” sulla “Shoah” nientemeno che a... Spielberg! Ed è così che milioni di persone rimangono scioccate dalle mostruosità con cui queste innumerevoli produzioni lavano loro scientificamente il cervello, rimanendo così disarmate di fronte alle estorsioni economiche con cui la Lobby ebraica ricatta i loro governi.