I
CRISTIANI ED
ISRAELE
Come un cristiano deve porsi di fronte all'occupazione ebraica della Palestina
Un problema di coscienza si pone oggi ad alcuni cristiani a proposito
dell’attuale Stato d’Israele. Gli uni, sensibilizzati da quello che gli
ebrei chiamano “l’olocausto hitleriano”, si sono precipitati a
riconoscerlo; altri rifiutano di riconoscere Israele per due ragioni:
1) perché sono sensibili all’ingiustizia che subisce il popolo
palestinese, scacciato dalla sua terra con la violenza;
2) per motivi che hanno rapporto con la fede e la testimonianza
cristiana. Il soggetto di questo documento è delicato può suscitare reazioni.
Bisogna, prima di trattarlo, dire che non è con spirito antisemitico che noi lo
affrontiamo, ma con uno spirito di giustizia sociale e religiosa. Noi lottiamo
per la libertà religiosa di tutti, anche in Israele dove speriamo che siano
rimpatriati i due milioni di palestinesi (cristiani e musulmani), che le autorità
israeliane rifiutano di reintegrare perché non sono ebrei. Per chiarire il
problema, bisogna porsi la seguente domanda: per un cristiano, cosa significa
riconoscere lo Stato d’Israele? E’ riconoscere il fatto compiuto della sua
presenza, o ammettere oggi la legittimità di questa presenza in Palestina? Per
il fatto compiuto: dal 1948 soltanto, le Nazioni Unite, una istituzione laica,
hanno riconosciuto l’esistenza, in Palestina, dello Stato d’Israele. Ma che
vale la legittimità di questa presenza israeliana sul suolo palestinese? Mi
spiego: un uomo detiene un oggetto rubato; io riconosco che l’oggetto è in
suo possesso; ma posso io, senza commettere una grave ingiustizia, approvare il
fatto riconoscendo la legittimità di quel possesso? Cosi il problema di
coscienza che si pone a noi cristiani è il seguente: “Possiamo noi
riconoscere la legittimità dello Stato d’Israele in Palestina? Quando si
parla della legittimità di uno Stato, ci si riferisce ad un diritto storico
sopra un certo territorio. Nel solo caso di Israele si invoca un diritto
biblico. Noi parleremo dunque della legittimità storica e biblica di Israele.
LA
LEGITTIMITà
STORICA
Nel XX secolo, non si trova alcun argomento storico sufficientemente
valido per giustificare uno Stato israeliano in Palestina, che appartiene
legittimamente ai palestinesi, come ogni altro paese appartiene ai suoi
abitanti. Quattro milioni di palestinesi reclamano il loro diritto storico e
legittimo sulla Palestina. Questi diritti sono pre-biblici e la Bibbia parla
della Palestina e dei palestinesi. Nel libro di Samuele (I Samuele 28) le guerre
tra palestinesi e gli invasori ebrei sono note. Prima di Cristo, gli ebrei hanno
tentato spesso di formare uno Stato in Palestina. Questo
ha preso l’aspetto di un regno verso il 1000 a.C.
Ma meno di un secolo dopo, questo regno si divise in due: uno al Nord,
nella Samaria, e un altro al Sud in Giudea. Sono scomparsi tutti e due, il primo
fu distrutto dagli assiriani nel 722 a.C., cioè 200 anni dopo la sua
formazione, e il secondo dai babilonesi che hanno mandato in esilio gli ebrei
nel 586 a.C.
E’ soltanto nel primo secolo a.C., precisamente nel 37 a.C. che il
regno ebreo si ricostituisce sotto l’impero Romano con Erode il Grande. Ma
questo regno fu nuovamente distrutto un secolo dopo dalle legioni romane di Tito
nel 70 dopo Cristo. La maggior parte degli ebrei fuggirono allora dalla
Palestina verso i quattro punti del mondo. Ma i palestinesi restarono in
Palestina. Nel 1948, duemila anni più tardi, uno Stato di Israele riapparve in
Palestina, reclamando diritti sul paese a detrimento dei palestinesi che vi
avevano sempre vissuto. Gli ebrei che affluirono in Terra Santa dai quattro
punti del mondo, hanno scacciato i palestinesi con la violenza. I palestinesi
hanno dovuto lasciare la loro terra e la loro casa in condizioni tragiche, per
vivere in esilio nei paesi arabi vicini, sotto tende e nelle bidonvilles. Le
grandi potenze hanno aiutato gli ebrei a installarsi in Palestina, e hanno
riconosciuto lo Stato Ebreo un quarto d’ora dopo la sua proclamazione, il 15
maggio 1948, come se la Palestina ed i palestinesi non fossero mai esistiti.
Pertanto le prove storiche della loro esistenza abbondano (prove bibliche -
numismatiche - culturali - folcloristiche - musicali etc...). Bisogna costatare
che quelli che sostengono Israele si sentono, in generale, un senso di colpa nei
riguardi degli ebrei ed hanno dunque optato per la loro localizzazione in
Palestina. Ma è giusto dare agli uni quello che si è tolto con violenza ad
altri? Non si può disporre dei beni altrui. Per esempio, un americano o un
francese, non hanno il diritto di disporre di una terra che non appartiene loro.
Una domanda a coloro che vogliano tacitare la coscienza nei riguardi degli
ebrei: perché non dare parte del proprio territorio (americano, francese,
italiano...etc....) agli ebrei? A questa domanda si risponde in generale che gli
israeliani hanno un diritto biblico sulla Palestina. Eccoci trasferiti dal piano
storico al piano spirituale, teologico, da persone che ignorano completamente e
la Bibbia e la teologia. Dunque a noi cristiani, gli ebrei ci chiedono di
riconoscere un loro diritto biblico sulla Palestina. Gli apostoli d’oggi sono
sollecitati per rendere una testimonianza favorevole per coloro che negano Gesù.
E questo in nome della Bibbia. E’ qui il dramma di coscienza. Perché il
giudaismo non è una razza né una terra geografica, ma una religione che ha
trovato il suo compimento perfetto nel Cristo Gesù. Per un cristiano è
ugualmente assurdo riconoscere uno Stato ebreo per gli ebrei quanto uno Stato
cristiano per i cristiani.
LA
LEGITTIMITà
BIBLICA
Molti cristiani sostengono lo Stato di Israele credendo, in buona fede,
di aiutare il “popolo eletto” sulla sua “terra promessa’’. A noi
sembra dunque importante di ricordare, alla luce del Vangelo, il significato
della terra promessa e del popolo eletto.
A)
LA TERRA PROMESSA
La Palestina non è una terra promessa dalla Bibbia agli israeliani di
oggi, per le due seguenti ragioni:
1°
- la Terra Promessa è il simbolo di una realtà spirituale.
2°
- Essa fu promessa a condizioni.
I
- La Terra è spirituale:
Dio promise una terra ad Abramo ed ai suoi discendenti. Ma il significato
di questa terra, come la intendeva Dio, fu spiegato dalla Bibbia lungo il corso
dei secoli, per apparirci infine come una realtà spirituale, non geografica.
Perciò San Paolo dice: “Per la sua fede, Abramo venne a dimorare nella terra
promessa come in paese straniero, abitando sotto le tende, e così pure Isacco e
Giacobbe, coeredi della stessa; perché egli aspettava quella città ben
fondata, della quale Dio è architetto e costruttore” (Ebrei 11,9). La
spiritualità della Terra ha le sue radici nell’Antico Testamento. Cosi la
tribù di Levi non possedeva alcuna terra, essendo Dio stesso la sua
“porzione”. In effetti la Bibbia dice: “Alla tribù di Levi, Mosè non
diede alcun possedimento: Il Signore, Dio d’Israele, fu la sua porzione”
Giosuè 13, 33). D’altra parte il Salmo 37 (36) dice che i “mansueti ed i
giusti possederanno la terra”. Non è detto che tutti gli israeliani in
Palestina sono mansueti e giusti: queste virtù si trovano dappertutto. Infine,
Gesù spiegò il fatto dicendo che il “Regno di Dio” non è una entità
visibile, ma che si trova nel cuore dell’uomo. Ai farisei che gli domandavano
quando apparirà il Regno di Dio, che per loro significava l’impero sionista
universale, Gesù rispose: “Il Regno di Dio non viene con sfarzo. Non si potrà
dire: “Ecco, è qui”, oppure “E’ là”: infatti, il Regno di Dio è
dentro di voi” (Luca 17, 20). Si trova oggi nello stesso seno del Giudaismo,
dei rabbini che sottolineano la dimensione spirituale della terra promessa: Cosi
il commento del Grande Rabbino Jonathan Eybeschutz: “E’ scritto: Voi
dimorate nel paese che io ho donato ai vostri avi (Ez. 36, 28). L’Eterno aveva
promesso ad Abramo di dargli la terra di Canaan; ma quando Sara è morta, non
possedeva un terreno per sotterrarla. Come dunque la promessa è stata compiuta?
Ci sono due terre che portano il nome d’Israele: la terra d’Israele
dell’alto e la terra d’Israele del basso. La Terra Santa è la Terra Celeste
dove c’è il Palazzo Divino, dove si riversano le sorgenti della saggezza.
E’ questa Terra spirituale che è stata promessa e data ai nostri avi, e non
la terra materiale”. (“Le Royaume de Dieu et le Royaume de César” da
Emmanuel Levyne, Edizione “Le Réveil”, Beyrouth, Liban). Quanto ai discendenti di Abramo, gli eredi della terra promessa, è
anche una eredità spirituale che non si trova in una genealogia storica e
carnale, che si trasmette da padre a figlio, ma secondo la fede nel messianismo
di Gesù. San Paolo dice infatti: “Se siete in Cristo, siete progenie di
Abramo, eredi secondo la promessa” (Gal. 3, 29). Cosi per un cristiano, un
ebreo che si rifiuta di riconoscere Gesù come il Cristo, aspettando un altro
Messia, non può essere considerato discendente di Abramo, né erede della Terra
Promessa sia che sia spirituale o materiale.
II
- La promessa è condizionata:
Dio
ha diseredato gli ebrei anche prima della venuta di Gesù Cristo. Perché la
terra fu promessa a condizione di fedeltà all’Alleanza. Ma la condizione non
fu rispettata, e l’Alleanza fu rotta dagli ebrei, non da Dio, che annunciò
allora la venuta di una Nuova Alleanza che gli ebrei rifiutano
ancora.
a)
- La condizione:
A supporre che la Terra Promessa sia un luogo geografico; non bisogna
dimenticare allora che la promessa venne fatta sotto condizione. Infatti Mosé
aveva detto ai giudei: “Se tu non ha cura di osservare tutte le parole di
questa legge, Yahvé darà una gravità alle tue piaghe e a quelle della tua
posterità.” (Deut. 28). La congiunzione “Se” dimostra che la promessa è
condizionata. Mosé prosegue dicendo: “[...] Perché tu non avrai obbedito
alla voce di Yahvé, tuo Dio, allora pertanto il Signore si era compiaciuto nel
farvi del bene e nel moltiplicarvi, altrettanto si rallegrerà nel farvi perire
e nel distruggervi, e sarete strappati dal paese nel quale tu stai per entrare a
prenderne possesso.” (Deut. 28, 58-63). E’ dunque chiaro che in caso di
tradimento non soltanto non c’è più terra, ma vi saranno grandi castighi e
l’espulsione da questa terra per gli ebrei ed i loro discendenti. Tali sono i
termini dell’Alleanza.
b)-
L’Alleanza tradita:
Ora gli ebrei non hanno rispettato le condizioni dell’Alleanza, e la
Bibbia ci dice che essi hanno abbandonato Dio per adorare gli idoli dei paesi
vicini che non conoscevano Dio, offrendo i loro bambini in sacrificio a questi
idoli, imitando i costumi pagani, invece di lodare Dio. Questa è una delle
ragioni della rivolta del profeta Elia, quando fu ricostruita Gerico al prezzo
di sacrifici umani offerti a Baal (vedere I Re 16, 30-34 e Giosuè 6, 26).
D’altra parte il Salmo 106 (105) fa il bilancio delle infedeltà israelite
“[...] Essi dimenticarono presto le sue gesta [...] si sono rivoltati contro
l’Altissimo [...] fabbricarono un vitello in Horeb [...] si unirono ai riti di
Ball-Feor [...] Venerarono gli idoli delle genti [...] immolarono i loro figli e
le loro figlie ai demoni. Versarono sangue innocente, il sangue dei figli e
figlie loro, immolandoli agli idoli di Canaan [...]”. E’ per questo che Dio,
parlando per mezzo dei suoi profeti, dichiara la sua ira contro Israele. Egli
dice per conto di Isaia: “Ho nutrito e cresciuto dei figli ed essi si sono
rivoltati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la
greppia del suo padrone, Israele invece non comprende, il mio popolo non ha
senno. Guai, nazione peccatrice, popolo carico d’iniquità, seme di
malfattori, figli scellerati! Hanno abbandonato il Signore” (Is. 1, 2-4).
Disse ancora il Signore per mezzo di Michea: “Ascoltate dunque le mie parole,
o principi della casa di Giacobbe, o giudici della casa d’Israele, che avete
in orrore la giustizia, e pervertite tutto ciò che è retto, che edificate Sion
col sangue, e Gerusalemme con l’iniquità [...] e poi si appellano a Dio
affermando “non è forse in mezzo a noi il Signore? “. Ecco, per colpa
vostra Sion sarà arata come un campo [...]” (Michea 3, 9-12).
c)
- Rottura e Nuova Alleanza:
Avendo denunciato l’infedeltà d’lsraele, Dio dichiara ROTTA la prima
Alleanza, ed annuncia una Nuova Alleanza che non sarà come la prima, perché la
parte del credente non é una terra ma Dio stesso: “Ecco, vengono dei giorni,
dice il Signore, in cui farò con la casa d’Israele e quella di Giuda una
nuova alleanza. Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri [...]
alleanza che essi hanno violato, e per questo io li ho rigettati, dice il
Signore. Ma ecco l’alleanza che io farò con la casa d’lsraele dopo quei
giorni, dice il Signore: Metterò la mia Legge in LORO, la scriverò NEI loro
cuori; Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il MIO POPOLO [...]”
(Geremia 31, 31-33). E’ evidente che la Nuova Alleanza differisce dalla prima
perché Dio dice che “non sarà come l’alleanza che feci con i loro
padri.” La differenza si trova nel fatto che la Nuova non promette alcuna
terra geografica, ma è Dio stesso che si dà a tutti coloro che credano in Gesù,
Fondatore della Nuova Alleanza. Gli ebrei rifiutano ancora l’Alleanza del
Cristo perché non promette loro alcuna terra geografica, né accorda loro il
privilegio di stabilire l’impero sionista mondiale che vogliono.
B)
IL POPOLO ELETTO
L’elezione divina non ha mai avuto per oggetto un popolo già formato
come alcuni ancora pensano perché la scelta di Dio si è fermata sopra un UOMO,
Abramo il siriano, e non su un popolo ebreo che non esisteva. Perciò Dio dice
agli ebrei per la bocca del profeta Isaia: “Guardate Abramo, vostro padre
[...] Io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai” (Is. 51,2). E’
dunque falso credere che il giudaismo è una razza; è per questo che la Bibbia
fa ricordare agli ebrei che Abramo, il loro antenato, è un Arameo, cioè un
siriano. Mosè insiste su questo quando dice agli ebrei: “Quindi pronuncia
davanti al Signore, Iddio tuo: un Arameo (Abramo) errante era mio padre” (Deut.
26,5). Essendo siriano, Abramo è dunque di razza araba; cosi pure gli ebrei. Lo
scopo della scelta d’Abramo era di preparare un ambiente sociale per
accogliere il Messia. Lo scopo non è dunque il popolo ma il Cristo “che venne
a casa sua, e i suoi non lo ricevettero” (Giov. 1, 12) e di formare cosi il
popolo UNIVERSALE di Dio. Secondo la teologia cristiana il popolo di Dio è in
funzione della fede in Gesù. Gesù aveva detto agli ebrei: “Se non credete
che io sono (il Cristo), morrete nei vostri peccati”; e ancora: “Se Dio
fosse vostro Padre, certamente mi amereste [...]”. Infine, dichiarava loro:
“Voi avete per padre il diavolo e volete soddisfare i desideri del padre
vostro” (Giov. 8, 24-44). E oggi che cosa dicono i cristiani agli ebrei? Per
Gesù, il vero giudeo è il cristiano, e la Chiesa è l’autentica Israele, la
vera Gerusalemme.
Nell’Apocalisse, Gesù denuncia gli ebrei come “usurpatori del nome
di giudei, essendo piuttosto una sinagoga di Satana” (Ap. 2, 9 e 3, 9). Perciò
San Paolo dice: “Se voi appartenete al Cristo, siete progenie di Abramo”
(Gal. 3, 29), e invita gli ebrei a credere in (Gesù per essere “innestati”
nel popolo di Dio (Ro. 1l, 23). La nostra intenzione non è dunque di
allontanare gli ebrei, (non si contestano i giudei come persone, ma Israele come
Stato), ma di invitarli al contrario, di entrare nel gregge di Gesù per far
parte del popolo di Dio. La carità cristiana ci obbliga di non spingerli nel
loro baratro, lasciando loro credere di essere il popolo eletto ritornato sulla
terra promessa. Noi dobbiamo capire che gli ebrei, che sempre negano che Gesù
è il Cristo, sono l’Anticristo annunciato da San Giovanni, la caratteristica
specifica del quale è questa negazione. San Giovanni dice infatti: “Chi è il
bugiardo, se non chi dice che Gesù non è il Cristo? Costui è
l’Anticristo” (1 Giov. 2, 22). Tutti i cristiani e tutti i musulmani
riconoscono che Gesù è il Cristo. Troviamo ancora dei discepoli di Gesù fra i
buddisti e gli induisti. Gandi parlò sovente della sua ammirazione per Gesù e
non nascondeva la sua delusione verso i Cristiani “Datemi Gesù Cristo e
tenete i cristiani per voi”. La profezia di Giovanni sull’Anticristo non può
essere applicata su quelli che riconoscono Gesù, ma su coloro che non credono
al suo messianismo. Questa caratteristica appartiene soltanto agli ebrei che
esplicitamente rinnegano Gesù ed attendono un altro Cristo. Questo è
l’Anticristo. Non dobbiamo essere stupiti di ciò, perché Gesù aveva detto,
parlando di un ufficiale romano che credeva in lui: “Vi dico che molti
verranno dall’Oriente e dall’Occidente e si assideranno alla mensa con
Abramo ed Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli ma i figli del regno (di
Israele) saranno gettati nelle tenebre esteriori, ove sarà pianto e stridor di
denti” (Mat. 8, 11). Così con la venuta di Gesù, il concetto del popolo
eletto che era ristretto e fanatico, si è trasformato in una realtà
universale. Perciò Gesù condanna i sostenitori di un regno di Israele, che
hanno voluto capire il giudaismo politicamente. Gesù ha sempre rifiutato di
essere il re di un impero sionista: “Il mio Regno non è di questo mondo”,
disse. Molti ebrei, rimproverano ancora a Gesù di avere rifiutato di essere il
re d’Israele e mettersi alla testa del popolo contro i romani. Secondo loro,
egli doveva, se fosse stato un “buon giudeo”, accettare un regno politico ed
avere pietà dei bambini delle donne e dei vecchi, che avevano dato a lui tutta
la loro fiducia, per la forza soprannaturale che egli aveva, e non doveva
rifiutare di mettere questa forza al servizio del regno politico di Israele. Di
qui la loro ira contro di lui. San Giovanni ci dice infatti che, dopo il
miracolo della moltiplicazione dei pani, “Gesù, accortosi che venivano a
rapirlo per farlo re si ritirò solo sulla montagna” (Giov. 6, 15).
L’opposizione fra il regno di Dio e quello d’Israele è il centro del
litigio fra Gesù e i giudei. Questa opposizione è manifesta nelle parole del
Cristo quando denuncia i sostenitori del regno politico d’lsraele,
condannandoli alle tenebre (Mat. 8,11). Uno degli aspetti del litigio è
l’universalità dell’elezione. Per Gesù l’universalità significa che
tutti gli uomini che credono in lui sono ammessi nel Regno di Dio, ma per i
sionisti ciò vuol dire che i giudei sono dei cittadini di prima classe e che i
privilegi sono riservati universalmente a loro. Dio, per i profeti aveva già
esteso l’elezione ai popoli di tutte le razze; Isaia, 8 secoli a.C., aveva
proclamato nel nome del Signore “Io vengo per radunare le nazioni di tutte le
lingue [...] Anche fra loro prenderò dei sacerdoti e dei leviti” (Isaia 66,
18-21). La scelta dei ministri del culto fra le nazioni non-ebree, è un segno
indiscutibile dell’autenticità del sacerdozio universale di Gesù. Che cosa
possiamo concludere dunque? San Paolo risponde: “Che dire dunque? Israele non
ha ottenuto quello che cercava, ma l’ha ottenuto la parte eletta” (Ro. 11,
7). La parte eletta sono i discepoli di Gesù.
ISRAELE:
SEGNO DEI
TEMPI
Dal momento che gli ebrei che sono affluiti in Palestina oggi, dai
quattro punti del mondo, non sono il popolo eletto sulla loro terra promessa ,
quale significato ha dunque la riapparizione di Israele? E’ un segno dei
tempi. Si parla spesso dei segni dei tempi senza precisare di quale tempo si
tratta. Questa espressione significa la “fine dei tempi”. Parlando di questi
tempi, Gesù, aveva detto “Gerusalemme sarà calpestata dai Gentili (pagani),
finché i tempi dei Gentili (pagani) non siano compiuti” (Luca, 21, 24).
Israele è dunque un segno della fine dei tempi pagani. Dopo la venuta di Gesù,
i pagani in particolare, sono quelli che rinnegano che Gesù è il Cristo; essi
sono il simbolo del paganesimo in tutte le sue manifestazioni. Quando i giudei
avevano proibito agli Apostoli di parlare di Gesù essi pregando dissero:
“CONTRO il santo tuo Gesù che tu hai eletto si sono uniti in questa città
Erode e Ponzio Pilato con i pagani e i giudei [...]” (Atti 4, 27). Nella
parola CONTRO si manifesta il significato dell’ANTI-Cristo. Il suo spirito era
già in opera prima della riapparizione dello Stato d’Israele. Perciò S.
Giovanni ha detto che l’Anticristo doveva apparire nel futuro (è Israele come
Stato), ma che il suo spirito, il quale è il rifiuto di Gesù come Cristo era
già attivo nel popolo ebreo che combatteva CONTRO gli Apostoli di Cristo:
“Ogni spirito che non confessa Gesù non é da Dio ed é lo spirito
dell’Anticristo, di cui avete saputo che viene, anzi fin d’ora é già nel
mondo.” (Giov. 4, 3). Tale é secondo S. Paolo “il mistero dell’iniquità
già in opera” ma che doveva manifestarsi più tardi quando apparirà
l’Anticristo “l’Avversario il Figlio della perdizione” come lo chiama
Paolo (2 Tess. 2, 1-7). Lo spirito dell’Anticristo é oggi INCARNATO in uno
Stato ebreo che nega che Gesù é il vero Cristo. E’ in quel fine dei tempi
accordati ai pagani negatori di Cristo che secondo le profezie, l’Anticristo
deve apparire in Palestina per fare la sua ultima guerra contro i discepoli di
Cristo. Gesù ci aveva messo in guardia dicendo che l’Anticristo riuscirà
“a sedurre anche gli eletti se fosse possibile” (Mat. 24,24). Gli ebrei
vogliono far credere che il loro ritorno in Palestina è il prodigioso avverarsi
delle profezie dell’Antico Testamento. Ma noi sappiamo che le profezie di cui
si parla concernono il ritorno degli ebrei dall’esilio babilonese nel sesto
secolo a.C. Non lasciamoci sedurre. Perché è piuttosto tempo di capire le
profezie del Nuovo Testamento che ci parlano della fine dei tempi pagani. Così
potremo capire chi sono questi pagani. Gesù ci aveva detto che
“l’abominazione della desolazione sarà nel luogo santo” (Mat. 24, 15).
D’altra parte l’Apocalisse ci informa che l’Anticristo riunirà i suoi
uomini nel luogo santo della Palestina particolarmente nella “Città
diletta” Gerusalemme, ove, Satana, non Dio, li ha adunati dai quattro punti
della terra per la guerra non per la pace (Ap. 20 7-9). La riapparizione d’lsraele
è un “segno dei tempi” apocalittici. La sua presenza nella Tetra Santa
segnala l’apparizione dell’Anticristo. Ecco venuto il tempo di comprendere
l’enigma che ci presenta San Giovanni: “Qui sta la sapienza! Chi ha
intelligenza calcoli il numero della Bestia; perché è un numero d’uomo
[...]” (Ap. 13, 18). Quest’uomo è l’Anticristo.
L’ATTEGGIAMENTO
DEL CRISTIANO
Quale deve essere infine l’atteggiamento del cristiano verso
l’attuale Stato d’Israele? E’ il momento di meditare, per metterle in
pratica, queste parole che l’Apocalisse rivolge a quelli che vogliono ancora
essere testimoni di Gesù: “E’ necessario che tu profetizzi DI NUOVO contro
una folla di popoli [...]” (Ap. 10, 1l). Se il Cristo comanda ai suoi apostoli
in questi tempi apocalittici, di profetizzare DI NUOVO è perché la maggior
parte di loro si sono lasciati sedurre dall’Anticristo che non l’hanno
riconosciuto. Come Cristo non è stato riconosciuto quando venne così
l’Anticristo. Nessun cristiano può riconoscere la legittimità di uno Stato
ebreo in Palestina senza rinnegarsi come cristiano; sarebbe ammettere
implicitamente che la Chiesa non è l’Israele profetica e che Gesù non è il
Cristo. Gesù aveva detto: “Non si può servire due maestri”; non si può
salvaguardare la testimonianza al messianismo di Gesù senza denunciare il falso
messianismo d’Israele. Gli ebrei lo sanno. In una materia così importante, la
neutralità o il silenzio provano la tiepidezza: “So che tu non sei né freddo
né caldo. Oh! fossi almeno freddo o caldo! Ma perché sei tiepido io sto per
vomitarti dalla mia bocca” (Ap. 3, 15). Una scelta deve essere dunque fatta e
saremo giudicati secondo il nostro impedimento. Il cristiano resta fedele alla
sua testimonianza invitando i giudei a riconoscere Gesù.
APPENDICE
INTRODUZIONE
ALL’APOCALISSE
Molti nel corso dei secoli, hanno tentato di capire il mistero dell’Apocalisse di Giovanni. Malgrado questi numerosi tentativi questo piccolo santo libro ha mantenuto il suo segreto, e il suo mistero è rimasto intatto, non essendo venuto il momento di rivelare il suo messaggio. Questo libro però non ci è stato lasciato per rimanere incompreso; non se ne vedrebbe l’utilità pratica. Ma quello che si dovrà un giorno ammettere sarà che la sua interpretazione non potrà essere soltanto umana cioè dovuta alle ricerche di un uomo anche se dotto e santo. Perché i simboli che vi si trovano furono ispirati da Dio e Dio solo può rivelarne il senso. San Giovanni non manca perciò di sottolineare il fatto dicendo che nessun altro che Gesù Cristo è degno “di aprire” cioè di rivelare il mistero: “[...] Né in cielo né in terra né sotto la terra nessuno poteva aprire il libro e leggerlo [...] Io piangevo molto perché non s’era trovato nessuno degno d’aprire il libro né di leggerlo. Ma uno dei vegliardi mi disse: Non piangere! Ecco che ha vinto il Leone della tribù di Giuda il rampollo di David per aprire il libro e i sette sigilli [...]” (Ap. 5, 1-5). Ma è tramite un messaggero speciale che Gesù apre questo “piccolo libro” nel momento giusto. Giovanni vede questo messaggero sotto forma di “un angelo che discende dal cielo tenendo in mano un piccolo libro aperto” (Ap. 10, 2). Il piccolo libro è l’Apocalisse che era chiuso perché non era compreso. Eccolo “aperto” perché il suo segreto è rivelato dall’”Angelo”, un uomo che “discende dal cielo”, perché la spiegazione che diffonderà viene dal cielo, non è il frutto di uno sforzo personale. L’Apocalisse contiene delle profezie concernenti gli avvenimenti e i protagonisti della fine dei tempi del paganesimo. Ora una profezia non si comprende che dopo il compimento storico degli eventi e l’apparizione dei protagonisti. Cosi “la Bestia 666” non può essere identificata prima della sua apparizione. Il principale ostacolo davanti al quale si sono trovati gli interpreti dell’Apocalisse è la questione del tempo e del luogo di questi avvenimenti; di conseguenza i protagonisti non sono stati identificati. Il lettore attento costaterà che il “piccolo libro” parla d’avvenimenti particolari dovendo compiersi nel tempo e nel luogo precisi. Ecco venuto il tempo e il luogo è la Palestina. Là apparve l’Anticristo che Giovanni nell’Apocalisse chiama “La Bestia”. I fedeli di Gesù sono invitati a riconoscerla e a combatterla: “Qui sta la sapienza! Chi ha intelligenza calcoli il numero della Bestia; perché è un numero d’uomo. E il suo numero è 666 (Ap. 13, 18). La chiave dell’Apocalisse è dunque identificare questa “Bestia”. Questo è il mistero che “nessuno in cielo né in terra né sotto la terra” ha potuto scoprire e che solo Gesù può rivelare.