BASTA COL CONCILIO!
(Lo disse Padre Pio)

Il Cardinale Bacci, reduce da una visita a Pietralcina, riferì al Papa l’ esortazione del frate. La clamorosa rivelazione contenuta in una biografia di Padre Pio pubblicata dal Centro Culturale Francescano.

Un Papa, un frate, un cardinale loro tramite.
L’aneddotica della Chiesa si è arricchita, inaspettatamente, di una clamorosa rivelazione. E’ stato Padre Pio di Pietralcina, il cappuccino venerato come un santo dai fedeli ancor prima che fosse introdotta la sua causa di beatificazione e ostegggiato in vita dalla Curia romana (subì due inchieste, due “persecuzioni”), a indurre Paolo VI ad anticipare la chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Papa Montini, assalito dal dubbio che i padri conciliari si stessero avventurando pericolosamente verso una imprevedibile svolta, inviò a S. Giovanni Rotondo un suo autorevole ambasciatore segreto, il grande latinista recentemente scomparso cardinale Antonio Bacci, “per sentire cosa ne pensasse Padre Pio”. Molte voci. Sotto Papa Giovanni XXIII erano corse molte voci, e talune malevoli sul pensiero di Padre Pio a proposito del Concilio. Una volta aveva sentenziato con burbanza contadina, parlando con un monsignore del Santo Uffizio: “Il pesce puzza dalla testa”. Un’altra volta si era lamentato con un giornalista dell’ Osservatore Romano: “La Chiesa è senza nocchiero”. Per i più sospettosi, alla “seconda persecuzione” subita proprio sotto Papa Roncalli non era estranea la drasticità di questi giudizi, anche se la spedizione motivata del visitatore apostolico monsignor Maccari, inviato come epuratore a San Giovanni Rotondo, veniva attribuita al segretario-factotum del Pontefice, monsignor Loris Capovilla, ora in disgrazia ma allora potentissimo e intimo del Vescovo di Padova Bortignon, inguaiato con lo scandalo Giuffrè e avversario di vecchia data di Padre Pio da Pietralcina. “Il Concilio? Per carità, lo chiuda al più presto”, fu il responso ottenuto dal cardinale Antonio Bacci. L’ultimo colloquio avvenne nella cella n° 5 del convento di Santa Maria delle Grazie, il porporato latinista era venuto anche per portare al cappuccino abitudinario la dispensa vaticana dall’obbligo, sancito appunto dal Concilio (una delle tante innovazioni non condivise) di celebrare la Messa in italiano. Poteva continuare a dirla ogni mattina all’alba nel suo latino, come aveva sempre fatto da oltre mezzo secolo. Padre Pio pianse di gratitudine. All’incontro erano presenti alcuni frati, che orecchiarono e riferirono. Ma a rivelare pubblicamente l’episodio è stato Padre Carmelo da Sessano, sguardo azzurro e barba da Patriarca, che fu prima compagno di studi e poi guardiano di Padre Pio dal 1953 al 1958. Si è sbilanciato nel corso di una conferenza stampa passata pressoché inosservata (un po' lo sciopero dei giornali, un po la solita congiura del silenzio) e indetta per la presentazione del libro Padre Pio da Pietralcina, un Cireneo per tutti, edito dal Centro Culturale Francescano e scritto da Padre Alessandro da Ripabottoni, della provincia monastica di Foggia. Si tratta di una biografia di 890 pagine, la prima ufficiale e autorizzata, compilata utilizzando documenti e testimonianze del Dossier per la causa di beatificazione del cappuccino stigmatizzato: “non tutti però”, confessa l’autore, “perché si è dovuto trattare in modo limitato dei difficili rapporti tra Padre Pio e la Santa Sede e si è preferito non scrivere sopra fatti sui quali certi convincimenti nostri non collimavano con l’orientamento ufficiale”. Testimone l’incontro, con pochi giornalisti e molti devotissimi, si è svolto in un' atmosfera catacombale nello scantinato dell'Hotel Alicorni, vicino a S. Pietro, già prescelto per certe riunioni di preti del dissenso e di avanguardisti sinodali. Questa volta, però, il protagonista era un prete dell'assenso e un tradizionalista. Padre Pio, difatti, è sempre stato considerato un prete della vecchia Chiesa (un tradizionalista). E' appunto in nome della vecchia Chiesa che Padre Pio scongiurò di chiudere il Concilio. "Il nostro confratello", ha spiegato Padre Carmelo da Sessano, "non era tanto contrario al Concilio, quanto preoccupato della piega che aveva preso. Temeva le innovazioni irrompenti, diffidava del fronte olandese che con austriaci ed altri si era già costituito".

Questo articolo è tratto dalla rivista
"Il Settimanale" del 04-01-1975